Giri di "valzer" per un viaggiatore
L'inizio del 1999 vede l'attribuzione a Baglioni del terzo posto (dietro
Vasco
Rossi e Ligabue) nel premio per il miglior tour dell'anno, ma è anche
caratterizzato da un silenzio di notizie cui i seguaci di Claudio non erano più
abituati da tempo. Anche la rassegna sanremese del febbraio successivo,
nonostante le ricorrenti e insistenti voci, si svolge senza alcuna
partecipazione né collaborazione fattiva da parte sua.
Abbiamo quindi notizia di un
concerto privato tenutosi presso il teatro romano di Fiesole, il
2 giugno,
dove il nostro tiene uno spettacolo al termine del congresso nazionale
cardiologi ospedalieri, svoltosi nella vicina Firenze. Gli spettatori sono
appunto costituiti dai 2500 medici lì convenuti.
È solo nel successivo
giugno che
egli si ripresenta in pubblico: lo fa il 7 dello stesso mese per promuovere una
serata al Teatro dell'Opera di Roma, dal titolo emblematico di Loro sono là; i
proventi del concerto saranno devoluti ai bambini dei Balcani, vittime di guerre
reiterate e fratricide.
Già il titolo, che rammenta una delle sue più inusuali canzoni, lascia presagire
una serata particolare, all'insegna dell'intimità e del privilegio riservato a
pezzi meno famosi: la scaletta si sviluppa infatti attraverso molte canzoni mai
eseguite prima fra cui Pace, Il pivot, Cincinnato e la stessa
Loro sono
là.
Claudio è solo sul palcoscenico e alterna il suono melodico e cadenzato del suo
pianoforte gran coda a quello più sanguigno e frenetico della chitarra classica.
Il risultato è un concerto splendido, realizzato in una cornice straordinaria e
adatta, per acustica, scenografia e intenti a valorizzare oltre ogni misura la
voce particolarmente vibrante, calda e corposa di un grandissimo Claudio
Baglioni. All'uscita del teatro gli spettatori, siano essi fan accaniti o
semplici ammiratori, appaiono estasiati e toccati nel profondo dall'intensa
performance tenuta da un artista che si offre ormai totalmente e completamente
al suo pubblico in delirio. Molti sono quelli che si chiedono come mai l'artista
non destini a quelle sedi, che sembrano davvero la sua cornice ideale, le
prossime esibizioni dal vivo.
Di lì a pochi giorni, per
l'esattezza il 12, Claudio dà quindi appuntamento ai suoi "clabber" per il
5°
raduno, tenutosi al Cinecittà Village. Quello che presenta agli
associati, convenuti a Roma in un pomeriggio di calura estiva soffocante, è uno
spettacolo ancora una volta denso di sorprese e imperniato, visto anche il luogo
nel quale si svolge, su un meccanismo simile a quello della consegna degli Oscar
cinematografici; infatti egli presenta tre canzoni candidate per ogni categoria,
accennandone il ritornello: da esse trae la vincitrice, in un evidente gioco di
assimilazioni al mondo cinematografico. Così Quanto ti voglio ottiene il
riconoscimento per il miglior soggetto, Acqua dalla luna per i costumi,
Notte
di note per la fotografia, Gagarin per il miglior attore e così via.
Dalle quattordici e trenta sino al tramonto, Claudio regala un intrattenimento
davvero straordinario per continuità e piacevolezza, alternandosi a sei gruppi
musicali tra i quali i Chiodo fisso, band nella quale figura anche il figlio
Giovanni.
È quindi la piazza Vittorio Veneto
di Torino a vederlo protagonista dei festeggiamenti per il Centenario della Fiat
che si svolge il 25 luglio nel capoluogo piemontese.
Poi, un improvviso silenzio che
lascia presagire l'elaborazione e la definizione del nuovo disco ormai alle
porte; in effetti, all'inizio del successivo ottobre, tutti i principali
giornali annunciano la presentazione di tale lavoro che verrà fatta direttamente
dall'autore durante la giornata di sabato 30, negli hangar di quattro aeroporti
italiani: Firenze, Milano, Napoli e
Catania. Solo successivamente si apprenderà
la ragione di questo strano battesimo: la canzone che inaugura l'opera si
intitolerà, infatti, Hangar.
Tra l'altro, per promuovere il disco, viene organizzato un bizzarro concorso con
la collaborazione di una nota azienda di telefonia mobile: collegandosi a un
dato numero verrà proposto un enigma da risolvere: fra tutti coloro che
forniranno l'esatta risposta, verranno estratte duemila persone: esse saranno
invitate a partecipare alla presentazione del disco prevista, come si è detto,
negli hangar dei vari aeroporti.
Alcuni quotidiani fanno anche
riferimento a un progetto cinematografico che potrebbe vederlo addirittura
attore protagonista in un cortometraggio ispirato ai temi del disco. Progetto
che, seppur vagheggiato dallo stesso Baglioni, è però destinato a non avere un
seguito pratico.
A una decina di giorni dalla data
prevista per la presentazione, si rende ufficialmente noto che il titolo del
disco è Viaggiatore sulla coda del tempo e che dal
20 ottobre sarà possibile
ascoltare un breve frammento di uno dei brani: esso viene associato allo spot
pubblicitario di quello stesso marchio telefonico che aveva sponsorizzato il
precedente concorso e che, pare, finanzierà anche la giornata negli aeroporti.
A seguito di questo accostamento promozionale, sono in molti a storcere il naso
poiché non intendono accettare che il volto del proprio beniamino sia associato
a un prodotto da mettere in vendita. Tuttavia, la moderna progettazione del
marketing e la realizzazione di progetti di ampia portata non possono
obiettivamente più prescindere dal mondo pubblicitario: Baglioni lo comprende
immediatamente e si adegua a una nuova frontiera pionieristica che di lì a
qualche mese coinvolgerà moltissimi dei suoi colleghi.
Così, dapprima in lieve sottofondo,
poi in maniera sempre più esplicita e chiara, il suddetto spot lascia
distintamente ascoltare una melodia piuttosto orecchiabile, accompagnata
dall'inconfondibile voce di Claudio che fa da colonna sonora alle evoluzioni
ammiccanti della modella australiana Megan Gale. Tale tema musicale si rivelerà
poi essere quello del ritornello della canzone guida dell'album, Cuore di
aliante.
Fra una rivelazione e l'altra si
apprende che il disco uscirà per la metà di novembre, lo stesso mese nel quale è
stata finalmente fissata l'attuazione dello spettacolo televisivo, che vedrà
Fabio Fazio ancora accompagnato, come in un remake di Anima Mia, dal nostro
cantautore. Si divulga anche notizia dell'improvviso cambiamento del titolo di
tale show, che si chiamerà ora L'ultimo Valzer, riprendendo il nome di un film
di Martin Scorsese.
Come dettagliatamente anticipato e
promesso, intanto, Claudio opera un'estenuante spola fra gli hangar dei quattro
aeroporti, nel giorno previsto, muovendosi a bordo di un ATR42.
Ad attenderlo, nei capannoni allestiti per l'occasione, cinquecento privilegiati
che possono ascoltare da vicinissimo, in anteprima e in versione integrale, la
registrazione dell'album. Tuttavia il cantautore non si limita al puro ascolto
dei pezzi ma li spiega uno per uno e, alla fine, si esibisce anche in alcuni
brevi frammenti "live" di successi precedenti.
Il giorno successivo,
domenica 31,
Baglioni si dedica invece a privilegiare i clabbers, anch'essi chiamati al
preascolto del disco. Tale manifestazione ha luogo presso il Palaghiaccio
situato nel comune di Marino in provincia di Roma. Qui, oltre all'ascolto delle
canzoni, egli opera un vero e proprio concerto, fra canzoni consuete e altre
meno comuni.
Claudio, dunque,
spiega compiutamente davanti ai suo fan più affettuosi la struttura del nuovo
lavoro: esso è, tanto per cambiare, un altro concept album, dove l'io narrante è un
"viaggiatore eterno" che decide di diventare tale dopo troppo tempo di titubanze
paurose, di "rimessaggi nell'hangar". Egli trova la forza di lasciare le sue
certezze per gettarsi nel difficoltoso vortice della vita, su una strada che lo
spinga a darsi nuove risposte. È un cammino attraverso il tempo e la sua
dimensione inafferrabile, il completamento in proiezione futura di quella
trilogia iniziata con la trattazione "dello ieri" di Oltre e proseguita con
quella "dell'oggi" in Io sono qui. La dimensione del "viaggiatore" è
decisamente onirica e determina una trama che si intreccia a flashback di
memoria. Il risultato è quello di un disco certamente di non immediata
acquisizione che si svolge, in buona parte, nella dimensione immaginaria.
L'intento è proprio quello di non presentare un prodotto pronto al consumo ma
piuttosto da capire e scoprire a poco a poco, dopo vari ascolti. I pezzi sono
anche difficili da interpretare tanto che lo stesso cantante ha varie volte
detto, più o meno scherzosamente, di essersi arrabbiato con il suo alter ego di
autore per queste difficoltà interpretative.
In effetti si tratta di un lavoro piuttosto complesso, pieno di citazioni
letterarie e filosofiche che tuttavia non appesantiscono ma definiscono
l'atmosfera dell'opera, cesellandola. I testi sono molto ricercati, sia nella
costruzione sintattica che in quella formale e, come per i due lavori
precedenti, si fa spesso ricorso all'uso adeguato di simbolismi e metafore.
Sebbene la ricercatezza quasi esasperata di termini ed espressioni
stilisticamente eleganti tolga un po' spazio alla continuità della trama,
l'impalcatura del progetto pare comunque essere sostanzialmente chiara e
concettualmente approfondita.
Molto spazio è concesso alla melodia e la cura del suono pare essere davvero
maniacale: è la musica che detta i tempi delle canzoni, obbligando la
composizione testuale ad adeguarsi nei tempi e negli spazi da essa definiti. Una
musica che mai come ora è miscellanea di toni acustici e sintetici, spesso
vicini alla sperimentazione per quanto appaiono azzardati e portati
all'esasperazione. Ne escono comunque melodie ampie, circolari, chiare come
disegni di maniera, che si muovono su un impianto ritmico intessuto di intrecci:
dall'oriente al mediorente, dal latino all'hip hop, dal pop italiano alla
citazione celtica. I meriti di tali, originalissimi risultati sono anche da
distribuire agli arrangiatori del disco: Corrado Rustici e Paolo Gianolio.
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Come si è già detto la canzone
d'inizio si chiama Hangar. Il viaggiatore è come parcheggiato nel grande
garage, in attesa di decidersi a partire verso la ricerca. Tuttavia per farlo
deve riuscire a rinnegare persino sé stesso, lasciare ogni cosa che ha,
abbandonare la donna che ama. E la scelta è dolorosa ed esistenziale, il suo
dubbio logora l'anima, strugge la mente, si scontra con la volontà. Ma il
desiderio si è fatto troppo pressante e la sopportazione della monotonia ha
ormai tracimato il bicchiere della pazienza: "il ruvido bisogno" di incamminarsi
è pressante e non più rimandabile. Il brano tratteggia frammenti di profonda e
acuta insoddisfazione dell'essere, e manifesta un disagio cupo del vivere
quotidiano. Tale esasperante difficoltà è sottolineata da un'incessante e quasi
ossessiva cadenza regolare del ritmo che si ripete continuamente durante il
dipanarsi delle strofe. La musica parte quasi in sottofondo per poi aprirsi in
ampi profluvi di melodie, seguendo uno schema piuttosto tipico dell'ultimo
Baglioni. Davvero degna di nota la costruzione poetica del verso "Tu sei la sola
cosa nobile dei miei giorni plebei" che sembra ricalcare l'impronta letteraria
della lirica greca.
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L'uomo decide allora di compiere
quella metamorfosi in viaggiatore che gli è obbligatoria per colmare la voglia
di nuovi orizzonti: Un mondo a forma di te è la destinazione finale, l'isola
di utopia, il sogno smisurato che non è possibile realizzare ma ch'è necessario
concepire per fare piccoli passi avanti verso la sopravvivenza quotidiana. Il
brano esprime anche tutta la dolorosità del distacco, vero grimaldello lirico
che dà corpo e spessore alla canzone. La penna con cui il futuro viaggiatore
spiega alla sua donna le ragioni della partenza, diventa "punta di spada a
doppio taglio", strumento di stimolazione di un dolore che non è solo fornito ma
anche ricevuto da chi la adopera. Egli dispiega le ragioni di una partenza
inevitabile e non imputabile a lei, ma a un mondo dominato dall'egoismo che non
è più possibile sopportare, dominato com'è dalle ingiustizie perpetrate sempre e
solo a danno dei più deboli. Lo scopo sarà proprio quello di provare a riportare
se stesso e quante più altre persone sarà possibile coinvolgere "sulla rotta del
cuore". In questo senso il viaggio si realizza proprio attraverso il disco
medesimo, che diviene strumento di sensibilizzazione verso tematiche di
militanza antirazzista e d'intolleranza verso il dominio universale
dell'economia.
Il testo si dispiega attraverso suggestive alternanze metaforiche di ampio
respiro poetico ("e intinsi dentro il blu la punta di una spada", "viviamo come
zebre poi, rinchiusi dietro gli steccati, illusi di sembrare dei cavalli
bianchi") che si snodano su una melodia piuttosto regolare e contraddistinta da
un certo "soft pop".
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Sì io sarò è la prima vera
tappa del viaggio che si dimostra, all'inizio, entusiasmante ed "esagerato".
Esso è quasi caratterizzato da una dimensione epica, addirittura omerica: qui si
distingue a chiare lettere la voglia dell'estremo, dell'impresa temeraria, della
volontà di riuscire a stupire se stessi. C'è anche la necessità di ritrovare la
"giustizia naturale", che si è contaminata, nel corso degli anni, a causa delle
"bugie dei codici"; essi hanno spesso ipocritamente distinto il bene dal male e
confuso la legge con la giustizia. L'uomo acquista una consapevolezza che lo
porta a comprendere quanto sia terapeutica la ricerca e la determina come
elemento fondamentale del viaggio; più ancora del ritrovamento di ciò cui essa
anela di scoprire. La musica è ripresa da quella Koinè, composta qualche tempo prima e presentata al
World Food Day Concert e rivela successioni di melodie particolarmente
"aperte" alla cantabilità baglioniana.
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Ormai partito definitivamente, il
viaggiatore rivolge tuttavia un pensiero ardente alla sua "Domani", la donna di
ieri che, come spiega lo stesso nome attribuitole, egli cercherà di rincontrare
in un futuro prossimo. Ne esce una canzone piacevolmente sinuosa, forse l'unica
permeata di uno spirito "leggero" e incline a ricalcare alcune peculiarità dei
vecchi successi. Stai su è infatti una canzone d'amore in piena regola, che si
svolge con lo schema tipico della "preparazione" e si rilascia quindi in un
ritornello classico. L'innamorato rassicura l'amata di credere ancora nella loro
storia nonostante la lontananza fisica che li divide, poiché il ricordo e l'idea
conservata da ciascuno spingeranno entrambi a ritrovarsi. Segnaliamo la
citazione letteraria "se del domani no, nessuno ha la certezza" evidentemente
mutuata dalla celebre poesia di Lorenzo de' Medici.
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Anche la successiva Caravan,
complice una musica particolarmente allegra e abbastanza orecchiabile, pare
essere brano dotato di una certa leggiadria. In realtà però, il testo rivela
riflessioni abbastanza approfondite circa il significato dei ricordi e la
valenza che si è soliti attribuire loro nella memoria: si vorrebbe predisporre
un filtro che permetta di elaborare solo quelli piacevoli, finendo con lo
scartare quelli che si rammentano come più difficili e meno buoni; tuttavia
subito ci si arrende all'impossibilità di operare in questo senso e si finisce
con l'accettare qualunque cosa come un ricordo di vita vissuta e la si lascia
entrare a bordo a proseguire il viaggio con noi. Si comprende che qualsiasi cosa
che sembra appartenerci, sia pure il più inutile degli oggetti, ci crea invece
dipendenza, ci suggestiona e ci influenza fino a farci rendere conto che siamo
noi stessi a essere loro proprietà. E che, in ultima amara e reale analisi, essi
finiranno per sopravviverci. Questo pezzo doveva anche fungere da sigla finale
allo show L'Ultimo Valzer, ma successivamente si decide di abbandonare l'idea
e lasciare la sola Cuore di aliante come unico inedito estratto dal nuovo CD
da cantare durante la trasmissione.
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Nell'intensissima e difficoltosa Mal
d'universo, contornata da una musicalità allo stesso tempo avvolgente e
istericamente oppressiva, il viaggiatore palesa tutta la sua incertezza
improvvisa dovuta alla convinzione di aver preso una strada sbagliata e di non
poter nemmeno rientrare; di essersi perduto nell'immensità dell'universo e di
non aver più punti di riferimento con cui orizzontarsi. Fa dunque appello al
ricordo di "Domani" affinché ella possa guidarlo e indirizzare i suoi sensi
intorpiditi per potersi nuovamente ritrovare. Come Beatrice per Dante, il
ricordo di "Domani" è la salvezza del Viaggiatore e gli consente alfine di poter
uscire dall'impasse nella quale l'immaginazione l'aveva portato e di giungere
direttamente alla scoperta, alla comprensione, alla rivelazione di sé e del
tutto.
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Nonostante il fiume della conoscenza
abbia irrigato la mente del nostro protagonista, egli si riscopre solo e ha la
necessità di potersi mettere in contatto proprio per poter divulgare questo
nuovo entusiasmo. La storia offre l'espediente per parlare della comunicazione e
delle sue nuove strade telematiche nelle quali sembra quasi possibile toccarsi.
Qui il contatto che si può ottenere è solo virtuale e potrebbe essere anche
dolosamente falsato dalla volontà di uno dei due interlocutori o addirittura di
entrambi. "Chissà se il cosmo chiuso dentro le tre doppie vu è verosimile o è un
facsimile"? Chi c'è in ascolto offre una riflessione sulla nuova frontiera
telematica e le sue prerogative evolutive ma anche sulle sue distorsioni
connesse. Dotata di una melodia particolarmente coinvolgente, strutturata a fasi
di ampi ritornelli "aperti" essa risulta essere fra i brani più facilmente
assimilabili dell'intero lavoro.
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Giunto alla metà della sua strada il
Viaggiatore accusa dunque momenti difficoltosi e denuncia una solitudine
evidente; è tempo di bilanci, di valutazioni su tutto il viaggio della vita, su
Opere e omissioni sostenute. Egli si strugge di pensieri gravi e tratteggia
recriminazioni evidenti; comprende che a pesargli davvero, nell'analisi del
bilancio della vita, non sono tanto le opere compiute e nemmeno quelle che non
si sarebbero volute compiere; sono piuttosto quelle non realizzate a definire il
rimpianto più doloroso e indigesto. Il brano sembra essere fra i più
autobiografici e sentiti del disco: dotato di passaggi musicalmente portentosi
che determinano un'atmosfera particolarmente suggestiva e fanno leva su di un
incedere melodico crescente, esso definisce frammenti testuali che regalano una
chiara efficacia narrativa e un grande vigore estetico. Curiosa la strofa "come
un artista d'arte varia che sul finale arranca", evidente richiamo alla
definizione polemica con cui Vasco Rossi lo apostrofò ai tempi della esibizione
dell'Olimpico.
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Altra canzone dalle sfumature
decisamente filosofiche è la struggente Quanto tempo ho, che versa
inquietudini straripanti: essa denuncia l'ansia umana sugli interrogativi che
circondano la vita, sull'impossibilità di conoscerne gli sviluppi. "E intanto
vivo un'esistenza senza data di scadenza su": è questa la reale angoscia
dell'esistenza: non conoscere il momento della sua fine e non poter sapere se
ciò che si intende compiere in futuro potrà venire ultimato. Caratterizzata da
una musica pressante che sottolinea compiutamente gli elementi drammatici del
testo, essa definisce forse il momento più difficoltoso e buio di tutto l'iter
del nostro Viaggiatore.
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Ormai per strada da troppo tempo, il
nostro protagonista accusa nostalgie crescenti: quella più opprimente e
insopportabile è quella della sua donna che vorrebbe presto raggiungere. Egli
comincia allora a vagheggiarne il ricordo, idealizzandola e dando contorni
sfumati a un'immagine che diviene musa ispiratrice e "Grazia" dispensatrice di
effluvi dolci e terapeutici. Ella diviene così icona della bellezza femminile,
centro di un universo costituito dalla dolcezza. Questo è il principale soggetto
della bellissima A Domani. Il testo tratteggia espressioni diafane e si
concede a piene mani all'esercizio estetico della poesia. La donna è dunque
ormai divenuta quasi irreale, è una figura che può conformarsi a tutte le donne,
ideale supremo di una femminilità totalizzante modellata sulla perfezione ideale
e sull'esempio della scultura classica "fidiana". Il tema musicale è finalmente sereno e rilassante, a
richiamare elementi principalmente melodici che si esaltano nel ritornello.
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Con Cuore di aliante termina il
viaggio. Tuttavia quel ritorno che si immaginava esattamente circolare e che si
pensava potesse congiungere precisamente la fine con l'inizio non può avvenire
poiché il ritorno si realizza sì nello stesso spazio e nel medesimo modo, ma in
un tempo diverso, concedendo alla sua dimensione un carattere più "a spirale"
che circolare. L'uomo si rende allora conto che è impossibile poter cavalcare il
tempo e raggiungerlo. Al massimo si può riuscire a vederne furtivamente la coda.
Per difenderci dal suo trascorrere ineluttabile è dunque opportuno calarsi sul
piano dell'illusione e batterlo a colpi di fantasia, utilizzando la musica,
l'arte, l'immaginazione o qualsiasi altra risorsa ciascuno sia in grado di
utilizzare. Pezzo pieno di citazioni filosofiche (concetti presocratici e platonici), quella che diventa la
canzone guida dell'album fa leva su una musica che varia continuamente e che si
dimostra davvero trascinante e ben strutturata.
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Seppure la canzone precedente chiuda
"il viaggio sulla coda del tempo", resta tuttavia un ultimo brano che si
discosta in maniera netta dal tema: A Cla'.
Esso appare completamente diverso anche per la struttura costruttiva e formale,
poiché il testo è immediato e discorsivo, lontano dai presupposti delle poetiche
precedenti. È un dialogo serrato fra il Claudio adulto e il Cla' bambino, nel
quale l'uomo maturo sembra evidentemente rimpiangere l'ingenuità di un infanzia
semplice e, forse proprio per questo, ancora assolutamente felice. L'elemento
musicale muta a seconda della sceneggiatura, sottolineando con un crescente
davvero emozionante le parti più significative.
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A distanza di pochi giorni
dall'appuntamento di Marino, esattamente venerdì 5 novembre 1999, Claudio
esordisce in prima serata accanto a Fabio Fazio con lo spettacolo L'ultimo
Valzer. Lo show è imperniato sul nuovo millennio. C'è grande attesa per il
debutto che è annunciato da settimane e ha il sapore dell'evento. La Rai ha
davvero investito grandi risorse, a cominciare da uno studio avveniristico
progettato da Gae Aulenti. Le attese e le aspettative sono enormi anche perché
Baglioni presenta pubblicamente per la prima volta la sua Cuore di aliante. La
prima puntata scivola in effetti via piacevolmente, fra interventi esilaranti di
un effervescente Teocoli, la conturbante bellezza di Viviana Greco
e un buon contenitore di musica, reso prezioso dai vari artisti che si
esibiscono con Claudio. Da Year of the Cat con Al Stewart, a Sotto il segno dei pesci con
Venditti, da una struggente versione de I vecchi con Samuele Bersani
a Get
Back nell'epilogo con i Pooh. Divertentissimo è poi il farsesco finale
strutturato con una parodia di Enzo Biagi interpretato da Fazio, alle prese con
una surreale intervista al nostro cantante.
Tuttavia i commenti della critica, il giorno successivo, non sono
particolarmente lusinghieri, né lo è la rivelazione degli indici di ascolto che
penalizzano la trasmissione a vantaggio della concorrente Fininvest, Scherzi a
parte. In effetti L'ultimo Valzer non è particolarmente agile, né presenta la
stessa originalità della precedente Anima mia con cui viene inevitabilmente
confrontata. Inoltre ora la parte riservata alla musica è molto più seria e
continuativa rispetto al programma sugli anni '70. Si punta decisamente, in
sostanza, su una qualità che in prima serata difficilmente produce sempre
risultati clamorosi, a maggior ragione quando deve confrontarsi con un programma
di storico successo e di matrice popolare come Scherzi a parte. Lo stesso
Claudio non è esente da critiche piuttosto dure che fanno leva sul suo
atteggiamento "divistico" e su una presunta difficoltà vocale. Gli stessi fan,
del resto, sono disturbati dal fatto che, dopo l'esibizione dell'Olimpico, anche
il ritornello della Cuore di aliante interpretata in studio sia evidentemente
in playback.
Lo spettacolo prosegue tuttavia all'insegna della massima professionalità, per
tutte le sei puntate previste (5 novembre,
12 novembre, 19 novembre,
26
novembre, 3 dicembre e
17 dicembre) non riuscendo a raggiungere punte di ascolto
elevatissime ma restando fedele alla sua concezione originale: a margine è anche
opportuno ricordare dei dissapori palesati da Baglioni nei confronti del primo
regista che poi verrà sostituito, nonché dello stesso Teocoli che deciderà di
non portare a termine il programma stesso. Ad ogni modo ricordiamo momenti
musicali intensissimi e particolarmente emozionanti quali Questo piccolo grande
amore con Claudia Cardinale, Chi fermerà la musica ancora con i
Pooh, Il
mare d'inverno con Loredana Bertè, Io me ne andrei con Carmen Consoli,
Il
battito animale con Raf, Strada facendo con Irene Grandi,
Carlo Martello
ritorna dalla battaglia di Poitiers con Paolo Villaggio, Domani è un altro
giorno con Ornella Vanoni, 04/03/1943 con Lucio Dalla,
Oggi sono io con Alex Britti, Quante volte con Alex Baroni,
Una lunga storia d'amore con Gino Paoli, Canzone intelligente con
Cochi e Renato, Amore bello con Paola e
Chiara, Io che amo solo te con Paolantoni, Le ragazze di Osaka con
Eugenio Finardi e La forza dell'amore con Enzo Jannacci.
Nonostante L'ultimo Valzer non sia stata in effetti una trasmissione "cult",
non crediamo sia possibile liquidarla come trasmissione fallimentare solo per il
fatto che non ha conseguito i risultati clamorosi che servivano per risultare
vincitrice assoluta della stagione televisiva. Questo soprattutto perché, se non
altro, essa ha cercato di battere una strada originale e, laddove non è
riuscita, ha comunque dispensato a piene mani il gusto sempre particolarmente
ardito della sfida alla qualità.
Il 12 novembre, intanto, esce in
tutti i negozi di dischi Viaggiatore sulla coda del tempo, che presenta una
copertina apribile e un Baglioni in primo piano in posa plastica. I colori
tendente al verde-azzurro e l'ambientazione quasi lunare ripercorrono le
atmosfere surreal-futuristiche già ritrovate nello studio dello show televisivo.
L'interno è costituito da una sequenza di fotografie nella stessa direzione
cromatica della copertina che ritraggono oggetti antichi dotati di accessori
moderni, quasi a voler suggellare una sintesi fra passato e futuro. Inoltre il
disco contiene anche una parte multimediale a cui si può accedere direttamente
risolvendo un quesito che rivela l'ennesima password. In questa sezione c'è una
dettagliata spiegazione della storia che sta dietro alle varie canzoni.
Il disco si avvale inoltre di insigni partecipazioni nazionali e internazionali
nelle esecuzioni strumentali, quali quelle di Corrado Rustici (chitarre,
tastiere e programmazioni) di Benny Rietveld (basso), di Steve Smith (batteria),
di Luciano Luisi (piano), di Luca Rustici (programmazioni), di Paolo Gianolio
(chitarre, basso, tastiere), di Gavin Harrison (batteria), dello stesso
Baglioni
(piano, tastiere), di Lola Feghaly, Moreno Ferrara, Antonella Pepe e
Silvio Pozzoli (cori).
Dopo poche settimane il prodotto ha
già venduto più di 300.000 copie ed è balzato in testa alla classifica dove, per
varie settimane, rimane ai primissimi posti. Nel corso dei mesi successivi il CD
arriva a contare sino a 600.000 copie vendute, riscuotendo il solito grande
successo.
Considerando queste ultime cifre è
quantomeno grottesco, come fa qualche giornalista particolarmente critico,
considerare l'esistenza di un "caso Baglioni" come se l'artista fosse
invischiato in chissà quali crisi artistica: in realtà il grande successo
accumulato in trenta lunghi anni di carriera ha suscitato in qualche
"avversario" sentimenti di naturale invidia e rivalsa. Così alla prima occasione
di successo soltanto parziale, per altro conseguito in campo televisivo e quindi
su terreno non prettamente inerente al suo margine professionale specifico,
qualcuno scrive di "flop artistico", di "viale del tramonto", di "successo
esaurito", ecc. La risposta ai detrattori sta, come al solito, nel successo
delle vendite e nell'entusiasmo senza fine di tre generazioni di pubblico che si
apprestano a seguirlo nuovamente e a stupire ancora per voglia, numero di
partecipanti e tracimante affetto la stessa stampa, tutti gli addetti ai lavori
e addirittura, come lui stesso avrà a più riprese modo di dire, il cantautore
medesimo.
Una prima immediata smentita a
coloro che credono di intravedere un calo di popolarità del nostro è offerta
dalla notte dell'ultimo dell'anno, nella quale egli è chiamato a presenziare nel
corso della Notte del millennio, addirittura in piazza S. Pietro. Accanto
agli Harlem Gospel Singers e ai Pueri Cantores, Claudio si esibisce con il suo
gruppo nel gelo pungente di uno scenario splendido per atmosfera scenografica e
implicazioni spirituali. Il pubblico è numerosissimo, nell'ordine di svariate
decine di migliaia e costituito da pellegrini, turisti e appassionati di musica,
senza che l'appartenenza a una categoria debba per forza di cose escludere
l'altra. Claudio interpreta alcune delle sue liriche più adattabili al contesto,
da Ninna nanna nanna ninna a Noi no a Fratello sole sorella luna,
introducendo il momento solenne della benedizione papale "Urbi et Orbi" di
mezzanotte. Poi accompagna gradualmente il finale della serata che verrà
ricordata come un vero e proprio evento nel quale musica popolare e sacra si
sintetizzano a conciliare la stessa unità d'intenti e avallare il rispetto dei
valori umani. Presumibilmente davvero il modo migliore per terminare un
millennio colmo di successi e cominciarne uno nuovo, altrettanto copioso.
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