La consacrazione definitiva
Nel febbraio del 1974 accade un
episodio abbastanza sconcertante che probabilmente produce il primo solco di una
frattura destinata a divenire insanabile. Gli screzi precedenti, dai tagli di
Questo piccolo grande amore alla frettolosa uscita di Gira che ti rigira...,
seppur malevolmente erano stati digeriti dall'autore. Tuttavia il Festival di
Sanremo del 1974 promuove un'ulteriore prevaricazione che acuisce oltremodo
l'acredine fra "azienda" e "dipendente": la RCA, infatti, concede a
Gianni
Nazzaro e senza consultare Baglioni la possibilità di presentare nella suddetta
manifestazione il brano inedito A modo mio. Tale canzone sarà dunque inserita
nel successivo album del suo autore senza aver più il carattere della novità.
Tuttavia, nonostante queste
decisioni unilaterali e discutibili della casa discografica, Claudio riprende
fattivamente la sua attività professionale con rinnovata voglia, smanioso di
realizzare il suo nuovo progetto che andava ormai acquisendo una forma precisa.
Non avrebbe realizzato l'opera teatrale così a lungo vagheggiata, ma si sarebbe
recato ugualmente a Parigi per provare a coltivare l'"idea" Vangelis,
personaggio che, come anticipato precedentemente, lo aveva notevolmente
intrigato.
Capace di suonare decine di strumenti, il musicista greco sconvolge la troupe
italiana con i suoi suoni già sintetizzati e violenti; egli lavora in maniera
radicalmente diversa rispetto a quanto sperimentato sino ad allora, provando e
riprovando decine di arrangiamenti diversi sulle basi preventivamente composte.
La maniera estemporanea e improvvisata con la quale "l'Aphrodite's Child"
interviene sul suo tema originale spaventa Claudio, ma lo affascina anche di
più. Decide dunque, d'istinto, di gettarsi in quell'avventura che lo porta a
confrontarsi con nuove sonorità e inusuali maniere d'interpretare la sua
produzione; abbandona i fedeli studi di Roma nei quali ha lavorato e inciso sino
ad allora e rinuncia al suo arrangiatore di fiducia, Tony Mimms. Il nuovo
quartier generale della sua prossima produzione artistica sarà la capitale
francese e l'istrionico Vangelis si unirà al solito gruppo in qualità di nuovo
arrangiatore.
Per testimonianza dello stesso Baglioni, dopo un primo momento d'impasse nel
quale l'intesa appare difficoltosa, il gruppo trova evidente affinità e, nel
seguitare del lavoro, si instaura un clima di progressiva euforia: i musicisti
attuano proficui confronti fra loro, generando arricchimenti vicendevoli e
producendo reiterate scoperte musicali, così da alimentare una grande
creatività.
Si pongono così i presupposti per la realizzazione del nuovo long playing: esso
manifesta, nelle melodie, una chiara impronta barocca, ridondante di elementi
musicali sontuosi. Il risultato ottenuto è quello di un lavoro pieno di
interessanti spunti e sincere ispirazioni e appare subito, alla troupe ancora
confinata oltralpe, prodotto di buona fattura e d'ascolto estremamente
gradevole.
Soddisfatto dell'opera svolta,
Claudio rientra in Italia con un corredo di dieci canzoni nuove e con un titolo
breve, E tu..., estratto dal brano che costituisce la canzone-traino
dell'album.
L'entusiasmo dell'esecutore si smorza però immediatamente quando, dopo l'ascolto
del disco, i discografici esprimono il loro fastidioso dissenso per
un'operazione che, a quanto dicono, pare essere lontano dal prodotto baglioniano
classico: il suono e soprattutto l'impronta timbrica non sono quelli scorrevoli
e delicati che hanno caratterizzato i lavori precedenti né è soddisfacente, per
i dirigenti aziendali, l'assenza di una trama, di quel "racconto cantato" che
aveva creato un nuovo prototipo strutturale nell'ambito delle produzioni
musicali e che aveva conseguito riscontri notevolissimi di critica e di
pubblico.
Risoluto a rivendicare la sua autonomia di musicista, stavolta il cantautore non
intende evidentemente piegarsi ad alcuna direttiva esterna, così da "forzare" la
RCA alla pubblicazione, nel giugno del '74, del suo quinto album da studio, il
cui titolo, come nelle intenzioni del progetto originale, è rimasto E tu....
La copertina è, come le due
precedenti, ancora apribile. Sono visibili le sagome fotografate di
due ragazzi posti di fronte, sulla riva di un mare al tramonto. È piuttosto
facile individuare le identità dei personaggi, anche nell'ombra dei contorni
somatici, come quelle di Paola Massari e dello stesso Baglioni.
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La sequenza delle canzoni si
apre con il brano-cardine, E tu..., colmo di echi e di suggestiva evocazione
musicale. Colpisce moltissimo lo spazio riservato alle tastiere, che
troneggiano sul resto degli strumenti. Il testo, contrariamente alla melodia,
pare essere semplice e d'immediata intuizione: esso si sofferma sulla
descrizione di un amore passionale ed esaltante, che sembra allungarsi verso
una fase continuativa e crescente. L'integrazione di testo e musica è perfetta
e la canzone evidenzia una dinamica incalzante che porta l'ascoltatore a un
coinvolgimento repentino e progressivo.
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A questa impegnativa introduzione, che segna un ingresso immediato nella
struttura del disco, segue una più sdrammatizzante ed esilarante Oh Merilù,
che rinverdisce la tradizione dei pezzi scanzonati e giocosi, ormai immancabili
nei lavori del nostro.
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Si inserisce in quest'ultima categoria anche la frizzante ballata Ad Agordo è
così, evidente pezzo autobiografico che ripercorre un passato di felice e
spensierata adolescenza: il tema della montagna, con il suo tradizionale invito
alla natura e al silenzio di una pace duratura, sarà spesso ripreso anche in
lavori successivi.
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E me lo chiami amore ci riporta invece allo struggente sentimentalismo di
molte delle canzoni di QPGA, qui impiantato però su un tessuto tematico
relativamente nuovo: quello della noiosa quotidianità che sopravviene a un
rapporto deteriorato. È curioso rilevare come questo brano tratteggi una
notevole affinità di richiami melodici con quella Me so' magnato er fegato che
s'è già detto fosse stata scritta per Monica Vitti ma che fu interpretata,
alfine, solo da Gigi Proietti.
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Brano che avrà un riscontro di
pubblico immediato, ma che palesa a posteriori un'efficacia non paragonabile
ad altre liriche baglioniane, Chissà se mi pensi rivela un'ingenuità di
pensieri adolescenti e di dubbi fastidiosi e destinati a rimanere irrisolti.
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È invece inevitabile ricorrere
con la mente a Mia libertà quando si ascolta la evidente volontà di
autonomia che permea la struttura testuale di A modo mio, musicalmente ben
congegnata e dal suono pulito.
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Nella meticolosa descrizione delle ambientazioni esterne a un treno in corsa
della interessante Quanta strada da fare si celano metafore di ricordi
rivissuti e viene innescato per la prima volta quel parallelismo viaggio/vita
tanto caro da farne poi, in seguito, meccanismo centrale di successivi e più
approfonditi lavori. Notevole il tema musicale che pare accompagnare, con i suoi
nervosi sussulti ritmici, l'incedere regolare e rumoroso dei vagoni. Da
sottolineare come curiosità che questo brano ha avuto un incredibile riscontro
in Francia e con un testo nuovo (non si tratta quindi di un adattamento
del testo italiano). Il titolo francese è Les violons de Verlaine, che viene
interpretata da Ringo. Il successo è clamoroso al punto che viene addirittura
pubblicato anche un 45 giri di Baglioni che sul lato A reca
Quanta strada da fare e sul lato B
E tu... .
Da notare che sulla copertina di questo 45 giri c'è la dicitura Version originale
des Violons de Verlaine.
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Venata dalla ricerca di poesia e
caratterizzata da ambienti agresti e bucolici è invece la struttura tematica
de Il mattino si è svegliato, la cui ispirazione è mutuata, presumibilmente,
dai ricordi infantili dei paesaggi umbri.
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Un'attenzione più dedicata e approfondita va riservata alla vera perla senza
tempo di questo album:
Ninna nanna nanna ninna. All'interno di un telaio armonico incalzante e colmo
d'interventi inusuali, viene "aggiustato" il testo lirico Ninna
nanna di guerra del poeta romanesco Carlo Alberto Sallustri, noto con
lo pseudonimo di Trilussa (1871 – 1950). Costui, rinverdendo la tradizione della poesia dialettale romana
già portata a vertici eccellenti da Gioacchino Belli, esprime versi dotati di
un'arguzia sapiente e mordace. Come le altre liriche, anche Ninna nanna rivela
evidenti tracce di disprezzo per l'inutile affaccendarsi dei potenti, impegnati
nel risibile sforzo d'incanalare gli eventi al proprio piacimento senza badare
alle spinte popolari, vere motrici del corso storico. L'esperimento è senza
dubbio ardito, ma viene evidentemente espresso al meglio, poiché il testo
dialettale va a integrarsi perfettamente con la melodia che incornicia le parole
di Trilussa riuscendo a valorizzarle e a impreziosirle. È inoltre da
sottolineare l'esistenza di una precedente versione particolarmente curiosa:
essa era caratterizzata dal testo integrale della poesia
Ninna nanna di guerra
e manteneva lo stesso titolo; tra l'altro il tema musicale della strofa di
questa prima versione è identico al tema musicale della strofa di Un nuovo
giorno o un giorno nuovo, pubblicata ne La vita è adesso nel
giugno del 1985.
Inoltre l'operazione di "restyling" del testo non si limita a un semplice
adattamento della poesia a una musica nuova: dal testo infatti sono stati
volontariamente omessi tutti i riferimenti storici (ad esempio, vengono
eliminati i personaggi Gugliermone e Cecco Peppe, regnanti dell'epoca di
Trilussa o di poco tempo prima), operazione che rende davvero la canzone senza
tempo.
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Il disco va poi a chiudersi con
Canto, una sorta di inno all'amore dai toni vagamente hippie; esso è
circoscritto da un'introduzione e da un finale caratterizzato da testi in lingua
inglese, che costituiscono un evidente richiamo beatlesiano.
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Il 33 giri viene integrato
dall'immancabile 45 che comprende, oltre a E tu... anche Chissà se mi pensi.
A pochi giorni dall'uscita, e
contrariamente alle nefaste previsioni della RCA, il disco scala vorticosamente
le classifiche: sia il supporto principale (400.000 copie vendute) che quello
secondario mantengono la prima posizione per quasi tre mesi! Inoltre, cosa più
stupefacente di tutte è il fatto che l'album rimane in classifica per oltre un
anno e che all'uscita del successivo Sabato pomeriggio esso è ancora presente
nelle prime quindici posizioni. I successi di vendita consentono al suo autore,
per la prima volta, l'acquisizione dell'ambito disco d'oro e i discografici,
sull'onda di un successo straripante, sanciscono la realizzazione e la
distribuzione del nuovo prodotto anche sul mercato sudamericano. Con brani
incisi in castellano e in portoghese, Y tu
registra notevolissime punte di vendita anche nell'America latina.
Ma il trionfo personalissimo di Baglioni è ancora di là da concludersi;
quell'estate prende il via un'acclamata tournée, mentre nel seguente
settembre, ad Asiago e davanti a una platea numerosissima e delirante,
E tu...
conquista la vittoria anche nel Festivalbar quale brano più gettonato
dell'estate.
Che Claudio sia ormai divenuto un cantante famoso e celebrato è certificato
anche dai frequenti passaggi televisivi che gli vengono dedicati. In uno di
questi, Ritratto di un giovane qualsiasi dell'agosto 1974, egli propone due
brani inediti destinati a rimanere, tra l'altro, non pubblicati:
C'è un vecchio bar nella mia città e
Valentina. Tali brani sono di paternità
attribuibile al cantautore Stefano Rosso.
Ciò che è rimarchevole, e che tutti
riescono a intuire dopo lo straordinario successo conseguito col nuovo ellepi, è
che il cantautore gode oramai di un pubblico suo proprio e di una fama quasi
senza uguali, almeno in Italia. È altresì evidente dunque, che Claudio sia
divenuto un vero e proprio fenomeno, tale da necessitare tutele adeguate e
autonomie legittime. Lo stesso protagonista appare consapevole di quale portata
vada assumendo la dimensione del suo personaggio, tanto da sopportare sempre
meno le reiterate intromissioni e le direttive crescenti di una casa
discografica ancora indisposta a riconoscergli, malgrado tutto, lo spazio
richiesto.
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