biografia
a cura di Luca Tempini

Introduzione
 
Prologo
 
L'ambiente
 
Le prime note... di giorno
 
I tentativi
 
Cantante professionista
 
Le canzoni stonate...
 
L'influenza del cinema
 
Ragazzo nell'est
 
Quella sua maglietta fina
 
I giri di Camilla
 
La consacrazione definitiva
 
Il sabato del villaggio
 
Solo in compagnia di sé senza chiedere il permesso...
 
Un nuovo disco e un discografico nuovo
 
Canzoni e una piccola (grande) storia che continua...
 
Alé-oó
 
La canzone del secolo
 
La vita è adesso, il sogno, sempre
 
D'Assolo continuerò
 
Un trovatore perso un cantastorie muto
 
OLTRE
 
Appunti sparsi su quel che c'è
 
Sempre lo stesso, più grigio ma non domo
 
L'anima nuova di Claudio
 
Da me a te e dalla città allo stadio: un progetto lungo un sogno
 
Giri di "valzer" per un viaggiatore
 
Di nuovo "in viaggio" per sapere cosa c'è laggiù...
 
Sogno di una notte di note
 
Come per incanto
 
I concerti irregolari
 
L'uomo della storia accanto
 
Tutti in un abbraccio
 
'O scia'
 
Da cantautore a commendatore
 
Finale in... crescendo
 
Titoli di coda
 
Bibliografia e testi
 
Credimi, CREDITI
 

La consacrazione definitiva

Nel febbraio del 1974 accade un episodio abbastanza sconcertante che probabilmente produce il primo solco di una frattura destinata a divenire insanabile. Gli screzi precedenti, dai tagli di Questo piccolo grande amore alla frettolosa uscita di Gira che ti rigira..., seppur malevolmente erano stati digeriti dall'autore. Tuttavia il Festival di Sanremo del 1974 promuove un'ulteriore prevaricazione che acuisce oltremodo l'acredine fra "azienda" e "dipendente": la RCA, infatti, concede a Gianni Nazzaro e senza consultare Baglioni la possibilità di presentare nella suddetta manifestazione il brano inedito A modo mio. Tale canzone sarà dunque inserita nel successivo album del suo autore senza aver più il carattere della novità.

Tuttavia, nonostante queste decisioni unilaterali e discutibili della casa discografica, Claudio riprende fattivamente la sua attività professionale con rinnovata voglia, smanioso di realizzare il suo nuovo progetto che andava ormai acquisendo una forma precisa. Non avrebbe realizzato l'opera teatrale così a lungo vagheggiata, ma si sarebbe recato ugualmente a Parigi per provare a coltivare l'"idea" Vangelis, personaggio che, come anticipato precedentemente, lo aveva notevolmente intrigato.
Capace di suonare decine di strumenti, il musicista greco sconvolge la troupe italiana con i suoi suoni già sintetizzati e violenti; egli lavora in maniera radicalmente diversa rispetto a quanto sperimentato sino ad allora, provando e riprovando decine di arrangiamenti diversi sulle basi preventivamente composte. La maniera estemporanea e improvvisata con la quale "l'Aphrodite's Child" interviene sul suo tema originale spaventa Claudio, ma lo affascina anche di più. Decide dunque, d'istinto, di gettarsi in quell'avventura che lo porta a confrontarsi con nuove sonorità e inusuali maniere d'interpretare la sua produzione; abbandona i fedeli studi di Roma nei quali ha lavorato e inciso sino ad allora e rinuncia al suo arrangiatore di fiducia, Tony Mimms. Il nuovo quartier generale della sua prossima produzione artistica sarà la capitale francese e l'istrionico Vangelis si unirà al solito gruppo in qualità di nuovo arrangiatore.
Per testimonianza dello stesso Baglioni, dopo un primo momento d'impasse nel quale l'intesa appare difficoltosa, il gruppo trova evidente affinità e, nel seguitare del lavoro, si instaura un clima di progressiva euforia: i musicisti attuano proficui confronti fra loro, generando arricchimenti vicendevoli e producendo reiterate scoperte musicali, così da alimentare una grande creatività.
Si pongono così i presupposti per la realizzazione del nuovo long playing: esso manifesta, nelle melodie, una chiara impronta barocca, ridondante di elementi musicali sontuosi. Il risultato ottenuto è quello di un lavoro pieno di interessanti spunti e sincere ispirazioni e appare subito, alla troupe ancora confinata oltralpe, prodotto di buona fattura e d'ascolto estremamente gradevole.

Soddisfatto dell'opera svolta, Claudio rientra in Italia con un corredo di dieci canzoni nuove e con un titolo breve, E tu..., estratto dal brano che costituisce la canzone-traino dell'album.
L'entusiasmo dell'esecutore si smorza però immediatamente quando, dopo l'ascolto del disco, i discografici esprimono il loro fastidioso dissenso per un'operazione che, a quanto dicono, pare essere lontano dal prodotto baglioniano classico: il suono e soprattutto l'impronta timbrica non sono quelli scorrevoli e delicati che hanno caratterizzato i lavori precedenti né è soddisfacente, per i dirigenti aziendali, l'assenza di una trama, di quel "racconto cantato" che aveva creato un nuovo prototipo strutturale nell'ambito delle produzioni musicali e che aveva conseguito riscontri notevolissimi di critica e di pubblico.
Risoluto a rivendicare la sua autonomia di musicista, stavolta il cantautore non intende evidentemente piegarsi ad alcuna direttiva esterna, così da "forzare" la RCA alla pubblicazione, nel giugno del '74, del suo quinto album da studio, il cui titolo, come nelle intenzioni del progetto originale, è rimasto E tu....

La copertina è, come le due precedenti, ancora apribile. Sono visibili le sagome fotografate di due ragazzi posti di fronte, sulla riva di un mare al tramonto. È piuttosto facile individuare le identità dei personaggi, anche nell'ombra dei contorni somatici, come quelle di Paola Massari e dello stesso Baglioni.

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La sequenza delle canzoni si apre con il brano-cardine, E tu..., colmo di echi e di suggestiva evocazione musicale. Colpisce moltissimo lo spazio riservato alle tastiere, che troneggiano sul resto degli strumenti. Il testo, contrariamente alla melodia, pare essere semplice e d'immediata intuizione: esso si sofferma sulla descrizione di un amore passionale ed esaltante, che sembra allungarsi verso una fase continuativa e crescente. L'integrazione di testo e musica è perfetta e la canzone evidenzia una dinamica incalzante che porta l'ascoltatore a un coinvolgimento repentino e progressivo.
 

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A questa impegnativa introduzione, che segna un ingresso immediato nella struttura del disco, segue una più sdrammatizzante ed esilarante Oh Merilù, che rinverdisce la tradizione dei pezzi scanzonati e giocosi, ormai immancabili nei lavori del nostro.
 

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Si inserisce in quest'ultima categoria anche la frizzante ballata Ad Agordo è così, evidente pezzo autobiografico che ripercorre un passato di felice e spensierata adolescenza: il tema della montagna, con il suo tradizionale invito alla natura e al silenzio di una pace duratura, sarà spesso ripreso anche in lavori successivi.
 

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E me lo chiami amore ci riporta invece allo struggente sentimentalismo di molte delle canzoni di QPGA, qui impiantato però su un tessuto tematico relativamente nuovo: quello della noiosa quotidianità che sopravviene a un rapporto deteriorato. È curioso rilevare come questo brano tratteggi una notevole affinità di richiami melodici con quella Me so' magnato er fegato che s'è già detto fosse stata scritta per Monica Vitti ma che fu interpretata, alfine, solo da Gigi Proietti.
 

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Brano che avrà un riscontro di pubblico immediato, ma che palesa a posteriori un'efficacia non paragonabile ad altre liriche baglioniane, Chissà se mi pensi rivela un'ingenuità di pensieri adolescenti e di dubbi fastidiosi e destinati a rimanere irrisolti.
 

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È invece inevitabile ricorrere con la mente a Mia libertà quando si ascolta la evidente volontà di autonomia che permea la struttura testuale di A modo mio, musicalmente ben congegnata e dal suono pulito.
 

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Nella meticolosa descrizione delle ambientazioni esterne a un treno in corsa della interessante Quanta strada da fare si celano metafore di ricordi rivissuti e viene innescato per la prima volta quel parallelismo viaggio/vita tanto caro da farne poi, in seguito, meccanismo centrale di successivi e più approfonditi lavori. Notevole il tema musicale che pare accompagnare, con i suoi nervosi sussulti ritmici, l'incedere regolare e rumoroso dei vagoni. Da sottolineare come curiosità che questo brano ha avuto un incredibile riscontro in Francia e con un testo nuovo (non si tratta quindi di un adattamento del testo italiano). Il titolo francese è Les violons de Verlaine, che viene interpretata da Ringo. Il successo è clamoroso al punto che viene addirittura pubblicato anche un 45 giri di Baglioni che sul lato A reca Quanta strada da fare e sul lato B E tu... . Da notare che sulla copertina di questo 45 giri c'è la dicitura Version originale des Violons de Verlaine.
 

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Venata dalla ricerca di poesia e caratterizzata da ambienti agresti e bucolici è invece la struttura tematica de Il mattino si è svegliato, la cui ispirazione è mutuata, presumibilmente, dai ricordi infantili dei paesaggi umbri.
 

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Un'attenzione più dedicata e approfondita va riservata alla vera perla senza tempo di questo album:
Ninna nanna nanna ninna. All'interno di un telaio armonico incalzante e colmo d'interventi inusuali, viene "aggiustato" il testo lirico Ninna nanna di guerra del poeta romanesco Carlo Alberto Sallustri, noto con lo pseudonimo di Trilussa (1871 – 1950). Costui, rinverdendo la tradizione della poesia dialettale romana già portata a vertici eccellenti da Gioacchino Belli, esprime versi dotati di un'arguzia sapiente e mordace. Come le altre liriche, anche Ninna nanna rivela evidenti tracce di disprezzo per l'inutile affaccendarsi dei potenti, impegnati nel risibile sforzo d'incanalare gli eventi al proprio piacimento senza badare alle spinte popolari, vere motrici del corso storico. L'esperimento è senza dubbio ardito, ma viene evidentemente espresso al meglio, poiché il testo dialettale va a integrarsi perfettamente con la melodia che incornicia le parole di Trilussa riuscendo a valorizzarle e a impreziosirle. È inoltre da sottolineare l'esistenza di una precedente versione particolarmente curiosa: essa era caratterizzata dal testo integrale della poesia Ninna nanna di guerra e manteneva lo stesso titolo; tra l'altro il tema musicale della strofa di questa prima versione è identico al tema musicale della strofa di Un nuovo giorno o un giorno nuovo, pubblicata ne La vita è adesso nel giugno del 1985. Inoltre l'operazione di "restyling" del testo non si limita a un semplice adattamento della poesia a una musica nuova: dal testo infatti sono stati volontariamente omessi tutti i riferimenti storici (ad esempio, vengono eliminati i personaggi Gugliermone e Cecco Peppe, regnanti dell'epoca di Trilussa o di poco tempo prima), operazione che rende davvero la canzone senza tempo.
 

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Il disco va poi a chiudersi con Canto, una sorta di inno all'amore dai toni vagamente hippie; esso è circoscritto da un'introduzione e da un finale caratterizzato da testi in lingua inglese, che costituiscono un evidente richiamo beatlesiano.
 

Il 33 giri viene integrato dall'immancabile 45 che comprende, oltre a E tu... anche Chissà se mi pensi.

A pochi giorni dall'uscita, e contrariamente alle nefaste previsioni della RCA, il disco scala vorticosamente le classifiche: sia il supporto principale (400.000 copie vendute) che quello secondario mantengono la prima posizione per quasi tre mesi! Inoltre, cosa più stupefacente di tutte è il fatto che l'album rimane in classifica per oltre un anno e che all'uscita del successivo Sabato pomeriggio esso è ancora presente nelle prime quindici posizioni. I successi di vendita consentono al suo autore, per la prima volta, l'acquisizione dell'ambito disco d'oro e i discografici, sull'onda di un successo straripante, sanciscono la realizzazione e la distribuzione del nuovo prodotto anche sul mercato sudamericano. Con brani incisi in castellano e in portoghese, Y tu registra notevolissime punte di vendita anche nell'America latina.

Ma il trionfo personalissimo di Baglioni è ancora di là da concludersi; quell'estate prende il via un'acclamata tournée, mentre nel seguente settembre, ad Asiago e davanti a una platea numerosissima e delirante, E tu... conquista la vittoria anche nel Festivalbar quale brano più gettonato dell'estate.

Che Claudio sia ormai divenuto un cantante famoso e celebrato è certificato anche dai frequenti passaggi televisivi che gli vengono dedicati. In uno di questi, Ritratto di un giovane qualsiasi dell'agosto 1974, egli propone due brani inediti destinati a rimanere, tra l'altro, non pubblicati: C'è un vecchio bar nella mia città e Valentina. Tali brani sono di paternità attribuibile al cantautore Stefano Rosso.

Ciò che è rimarchevole, e che tutti riescono a intuire dopo lo straordinario successo conseguito col nuovo ellepi, è che il cantautore gode oramai di un pubblico suo proprio e di una fama quasi senza uguali, almeno in Italia. È altresì evidente dunque, che Claudio sia divenuto un vero e proprio fenomeno, tale da necessitare tutele adeguate e autonomie legittime. Lo stesso protagonista appare consapevole di quale portata vada assumendo la dimensione del suo personaggio, tanto da sopportare sempre meno le reiterate intromissioni e le direttive crescenti di una casa discografica ancora indisposta a riconoscergli, malgrado tutto, lo spazio richiesto.