La canzone del secolo
Nel 1983, l'unico riscontro rintracciabile
di Baglioni è una pubblicazione francese del 45 giri
Présages (Avrai) / Les vieux (I vecchi) mentre, l'anno successivo, una giuria
di lettori di TV Sorrisi e Canzoni lo insignisce di uno speciale premio
selezionandolo come uno dei nuovi sette re di Roma. Gli altri sono tutti
personaggi illustri del calibro di Alberto Sordi, Vittorio Gassman,
Giulio
Andreotti, Paulo Roberto Falcao, Federico Fellini e lo stilista
Valentino. Sono
queste comunque, tutte notizie indirette, che non lo ripropongono direttamente.
Nel gennaio del 1985 è invece la
giuria popolare di Fantastico, rivista di varietà del sabato sera condotta dal
presentatore Pippo Baudo, a proclamare Questo piccolo grande amore, dopo
settimane di selezioni eliminatorie, addirittura canzone del secolo.
In conseguenza di questo fatto, viene data per certa la notizia della presenza
del cantautore al teatro Ariston per la serata finale del Festival di Sanremo
del febbraio successivo; questo affinché Claudio possa ritirare dalle mani di
Baudo il premio appena riconosciutogli.
C'è dunque un certo fermento sia nell'ambito dei fan che di tutta la canzone
popolare italiana all'idea che, seppur da ospite, un artista del calibro di
Baglioni scelga di rientrare sulla ribalta proprio in occasione della
celeberrima rassegna canora. Sono, quelli, anni in cui Sanremo è bersagliato da
roventi polemiche: sia gli organi di stampa che gli addetti ai lavori non
tollerano che i cantanti si esibiscano in playback, cioè su una base
preregistrata che ne sostituisca l'interpretazione dal vivo.
In ogni caso la manifestazione riscuote il consueto seguito e la serata finale
si trascina ormai verso il suo epilogo quando il presentatore, con malcelata
noncuranza, dispiega il finto effetto sorpresa invitando Claudio Baglioni a
raggiungerlo presso il palco. Quella che si alza da una poltroncina nel mezzo
del teatro sembra una figura decisamente diversa da quella che si ricordava
trascinare le folle, un paio d'anni prima, negli stadi e nelle piazze italiani
al ritmo di Alé-oó: abbandonato l'inseparabile look "casual", ora sostituito da
tagli decisamente più classici, Claudio ha anche eliminato la capigliatura folta
e cespugliosa per un taglio decisamente più sobrio; esso evidenzia ulteriormente
il volto scarno, oltre ad acuire l'espressione un po' disagiata: è con quella
stessa espressione e con quel suo incedere un po' indeciso che raggiunge il
proscenio e si concede al pubblico, senza tuttavia perdere quell'aria timida e
quasi circospetta che avevamo conosciuta così bene prima dei bagni di folla
seguiti ai concerti dell'82. Le sue risposte alle interrogazioni del conduttore
sono solo sillabate; con voce quasi tremula ammette di stare ultimando un nuovo
disco d'inediti che sarà pronto prima della fine dell'anno. Quindi, sollecitato
da Baudo, si sistema presso un pianoforte a gran coda per l'esecuzione di quella
canzone del secolo che ha costituito l'inizio della sua fortuna di cantante.
Se si poteva sospettare anche da parte sua un utilizzo di basi registrate, ogni
perplessità viene subito sgomberata a partire dall'incipit: la voce di Claudio
si alza in tonalità sconosciute all'originale e le note si piegano ad accordi
inediti: l'interpretazione che ne esce è superba anche per la passione quasi
rabbiosa con cui viene proposta: forse è un modo velatamente polemico per
contestare il playback. Alla fine, dopo aver ritirato il premio, egli si
accomiata dalla scena e si defila ordinatamente fra quel pubblico da cui era
comparso. La sua esibizione crea evidentemente clamore perché l'indomani i
giornali gli tributano sperticati elogi additandolo come esempio di come sia
possibile cantare "live" anche a Sanremo. È qui opportuno ricordare che, anche
in conseguenza della partecipazione del nostro, l'anno successivo il Festival
verrà restituito alla sua dimensione di gara effettivamente "canora" e il
playback bandito definitivamente dalla rassegna.
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