La vita è adesso, il sogno, sempre
Nonostante la mezza ammissione concessa dallo stesso autore dinanzi alle
telecamere della Rai all'atto della sua esibizione sanremese, i mesi successivi
trascorrono senza che si abbia più alcuna notizia fondata sia sul cantante che
sul suo lavoro.
L'unica rivelazione certa, pure se ufficiosa, è il "ritiro" di Baglioni,
cominciato del resto già nella primavera del 1984, presso gli studi londinesi
Manor
per la realizzazione del nuovo album.
Solo nel maggio dell'anno successivo la casa discografica conferma l'imminente
uscita dell'inedito e dà il via alla raccolta delle prenotazioni per il
suddetto: in pochissimi giorni, tali prenotazioni superano le 300.000 copie.
Giugno, finalmente, è il mese del grande ritorno e persino il TG1 delle 20, cosa
davvero inconsueta per i tempi, concede uno spazio significativo alla
presentazione del disco: episodio, questo, sufficientemente esemplificativo
dell'attesa creatasi attorno al nuovo lavoro di Claudio.
Un'espressione ammiccante, resa
ancor più evidente dal primissimo piano del cantante, costituisce l'elemento
principale della copertina patinata. Sulla parte superiore del bordo bianco che
contorna la fotografia compare una accattivante grafia azzurra rivelatrice
dell'attesissimo titolo:
La Vita È Adesso. Sul retro appare invece, accanto ai crediti dovuti a tutti
i collaboratori, la definizione di un inusuale sottotitolo, continuazione del
principale: Il Sogno È Sempre. La confezione è apribile e mostra, al suo
interno, lo straordinario scorcio fotografico di una Roma ripresa dall'alto. È
curioso rilevare che, a detta dello stesso Baglioni, proprio dalla terrazza di
un bar dalla quale si può ammirare siffatto panorama sono nati la maggior parte
dei testi dell'album. Proprio in omaggio a quest'inedita stranezza, l'ellepì si
sarebbe dovuto titolare Un bar sulla città, successivamente soppiantato dal
titolo effettivo per la scelta strategica di dare più slancio alla canzone
guida.
La Vita È Adesso appare essere,
una volta di più, un disco molto curato sia sotto l'aspetto musicale, sia sotto
quello testuale; per rendere ancor più suggestivi i virtuosismi sinfonici,
Claudio si avvale, manco a dirlo, di uno staff internazionale di prima
grandezza: Stuart Elliott, Pete van Hooke e Brett Morgan alla batteria,
Ray
Russel e Phil Palmer alla chitarra elettrica, Mo Foster e Felix Krish
al basso,
Paul Keogh alla chitarra acustica, Trevor Bastow e Jess Bailey
al pianoforte,
Derek Austen e Nick Glennie Smith alle tastiere.
Per le partiture degli archi, scritte da Celso Valli, gli vengono
addirittura tributati i complimenti della London Symphony Orchestra.
La musicalità del disco è avvolgente e si "spalma" sui testi perfettamente:
siamo ancora nella fase in cui essa è funzionale al testo, piuttosto che il
contrario, ma l'equilibrio tra i due ingredienti pare ora essere più stabile che
nelle precedenti circostanze: talvolta, infatti, è il testo a essere messo in
funzione della metrica musicale e, a questo proposito, sia da dimostrazione
l'utilizzo a piene mani della tecnica dell'enjambement, un procedimento
stilistico che consiste nella rottura della coesione unitaria metrico-sintattica
di un verso il cui senso, anziché concludersi dando luogo alla pausa, si
prolunga nel verso successivo.
Si resta invece piacevolmente
sorpresi nell'apprendere che, stavolta, anche per la composizione dei testi il
cantautore si avvale di un inedito collaboratore: Paola Massari, moglie di
Baglioni e all'esordio assoluto in questo ruolo. Ella si rivela, a detta del
cantautore stesso, collaboratrice preziosissima soprattutto "nell'aggiustamento
delle spigolature e nella messa a punto della sonorità delle parole".
Ciò ch'esce fuori da questo inusitato connubio è una poetica permeata dal senso
di precarietà degli eventi, ai quali non si riesce a tener dietro soprattutto a
causa di quella fretta eccessiva che caratterizza la totalità delle cose e che
non permette agli uomini di godere pienamente della vita.
Nei dieci tasselli che costituiscono il mosaico dell'album viene dato grande
spazio al lirismo e la poesia appare, in alcuni frammenti, davvero poderosa.
Protagonista assoluto delle vicende raccontate è l'uomo, che si esprime quale
centro di un universo sofferente per la sua incompletezza e sempre alla ricerca
di una felicità quasi impossibile da ottenere; esiste tuttavia, secondo la nuova
filosofia baglioniana, un'arcana chiave di volta per poter uscire dall'impasse
imposto dalla realtà: è il sogno, la cui dimensione occorre sempre inseguire per
poter riuscire, anche nel concreto, a ottenere risultati insperati.
Ciò che è senza dubbio ancora interessante da rimarcare è il susseguirsi
"giornaliero" delle vicende raccontate canzone dopo canzone, che ricostituiscono
magistralmente, stavolta in senso solo temporale, la tecnica del concept
album. I pezzi sembrano infatti essere scanditi e contrassegnati dal movimento
solare: dalle mattinate di Un nuovo giorno o un giorno nuovo e di L'amico e
domani ai pomeriggi appena freschi de La vita è adesso e di Tutto il calcio
minuto per minuto, attraverso la prima, stanca serata di E adesso la
pubblicità sino a raggiungere l'epilogo notturnale di Notte di note, note di
notte.
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L'incipit dell'opera è quella Un
nuovo giorno, un giorno nuovo che fa grande uso del già citato enjambement:
grazie a questo strumento l'autore rende, con consumata abilità e proprio grazie
a tale artifizio letterario, ancor più frenetico il ritmo del pezzo: gli "uomini
in macchine di latta che s'inseguono a milioni" sembrano voler sfuggire dalla
noiosità del quotidiano che li costringe in giorni sempre uguali e li proietta
verso un sogno che non sarà certamente lo stesso per tutti ma del quale ciascuno
ha bisogno per poter proseguire. È proprio da questa capacità di riuscire o meno
a calarsi in questa diafana dimensione parallela che si realizzerà la
possibilità di vivere il solito e ordinario nuovo giorno, piuttosto che
finalmente un vero, straordinario e diverso, giorno nuovo.
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Le espressioni che frastagliano, senza
soluzione di continuità, le prime tre "quartine" de L'amico e domani
sembrano di fatto proseguire quella didascalia di immagini lievi che
caratterizzano il pezzo precedente, richiamando descrizioni ambientali e
"affreschi" paesaggistici evidentemente tranquillizzanti: successivamente però,
la variazione metrico-musicale
introduce, improvvisa, anche una mutazione di contenuti: così le "chiazze
tiepide di sole", le "ragazze che ridono fresche come mazzi d'insalata", i
"pensionati che piegano il giornale" lasciano spazio a espressioni permeate di
senso nostalgico o addirittura di noioso fastidio per quella condizione di
precarietà che caratterizza la forma dell'umano vivere: ecco che nascono versi
come "allungheremo i passi incontro alla fortuna", dove quest'ultimo termine
assume presumibilmente l'accezione classicistica di "sorte" e sottolinea la
difficoltà di conformarsi alle esigenze di un tempo che non si riesce a sentire
come proprio; che obbliga a mettersi "un'altra faccia" per "la città che aspetta
fuori" e condanna ad accontentarsi, persino nell'espressione sentimentale, di
amori logorati; esso è il Tiranno che ci costringe al cambiamento e ci obbliga a
decisioni difficili circa le strade da prendere. Alfine però, resiste ancora la
voglia di illudersi e di sognare che, in un breve futuro, tutto potrà essere
diverso e che, prima possibile, potremo finalmente "segnare - col nostro cuore e
le nostre voglie - le ore lente e gli anni veloci".
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Con la spiazzante Uomini persi,
Baglioni recupera pienamente il suo mai perduto lirismo, applicandolo alla
tematica sociale: operazione, questa, che aveva già fornito straordinari
risultati con la stesura de I vecchi, compresa nell'ellepì precedente.
Uomini persi assomiglia dunque parecchio, soprattutto nell'elaborazione
stilistica, a quest'ultima traccia: anch'essa recupera frammentarie immagini di
suggestione quasi cinematografica, cercando di presentare, appunto, gli
Uomini persi più come individualità che come categoria; il testo tende a
sottolineare il concetto che "anche questi cristi" hanno diritto alla dignità di
persone, prima ancora di essere definiti dalle sole attribuzioni negative che li
accompagneranno come un marchio d'infamia per il resto della vita; il pezzo
analizza le infanzie di tutti coloro che, per svariati motivi, sono divenuti
assassini, spacciatori e malviventi della peggior specie, riflettendo sul fatto
che anch'essi hanno, un tempo, probabilmente sviluppato le medesime aspirazioni
e percorso gli stessi sogni di tutti i bambini. Rispetto a I vecchi, qui
si lascia meno spazio alla melodia avvolgente, forse proprio per evidenziare le
trame poetiche che fanno larga eco alle produzioni letterarie di Pascoli
e Pavese.
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Le note cadenzate che introducono la
traccia-simbolo del disco sembrano anticipare anche il tema trattato: lo
svolgersi ineluttabile del tempo con la sua ritualità e le sue immagini in
successione; l'evolversi della giornata, con le sue fasi cicliche, diviene piena
metafora di una vita che, sempre uguale a se stessa, sembra sfuggire di mano
ancor prima di quanto ce ne si possa rendere conto. Accompagnata da una musica
incalzante e avvolgente, La vita è adesso approfondisce ulteriormente il
senso del disagio quotidiano, acuito dall'ansia indecifrabile di non poter
sapere "cosa sarà il futuro". Eppure questa dolorosa crisi di vivere trova
adeguata risoluzione e insperata catarsi in quella facoltà, propria dell'uomo,
di poter godere di attimi improvvisi di felicità che fanno riscoprire, anche
nelle cose più semplici e ordinarie, il senso pieno della vita. Anche qui pare
evidente il riferimento letterario, stavolta ispirato da alcuni frammenti della
lirica greca (Alceo) e latina (Orazio). Le descrizioni ambientali
di grande impatto poetico, l'argomento parafilosofico e la riuscita alchimia
melodica hanno fruttato un grandissimo successo a questa canzone che è divenuta,
nel breve volgere di pochi mesi e a tutti gli effetti, uno dei "classici"
baglioniani più celebri.
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L'ultimo brano del primo lato si
intitola Tutto il calcio minuto per minuto ed è canzone che potremmo
definire "straordinaria" per temi ed elementi narrativi. La trama del brano è in
effetti molto originale e presenta tre differenti storie amorose stralciate da
una malinconica domenica pomeriggio; tre coppie di età profondamente diverse si
trovano a vivere in situazioni di equilibrio distanti l'una dall'altra: quella
più giovane vive il pieno di un amore sbarazzino, spensierato e passionale che
ancora non è passato per le asprezze della vita e assapora le prime dolcezze
sentimentali; in situazione completamente opposta si svolge la vicenda di due
ragazzi maturi che stanno invece vivendo gli ultimi istanti di un amore
importante ma destinato malinconicamente a terminare: esso lascia in eredità ai
protagonisti le tracce dolorose di un prossimo e inevitabile addio; la terza
storia riguarda invece due adulti che si stanno presumibilmente ritrovando dopo
un tempo di separazione e cercano cautamente di recuperare un legame ancora
sincero. Con la sua grande maestria di narratore illusionista, Baglioni
rappresenta tre situazioni tipiche rivestendole di connotazioni particolari e
riuscendo a fornire non soltanto un'idea dell'ambientazione e una
rappresentazione quasi scenografica, ma addirittura concedendo una forma quasi
reale ai personaggi; con questo artificio egli consente ai suoi ascoltatori di
impossessarsi della medesima storia e farla propria. Un grande ricamo poetico
intessuto di straordinaria atmosfera sinfonica che regala un altro leggiadro e
inconsueto capolavoro alla musica italiana.
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La frenesia incalzante che si avverte
nell'incedere melodico di Andiamo a casa fa da cornice a un testo che,
proprio per questa velocità di ritmo, assume connotati fuggevoli. La consumata
storia d'amore, argomento cardine della trama, appare in effetti come
l'espediente per manifestare un disagio più ampio, mentre lo sviluppo di
immagini in successione e il continuo mutare delle scenografie creano un diffuso
senso d'inquietudine. Sembra quasi che la fretta sia qui identificata come
panacea per dimenticare la noia, la delusione, il dolore. Il desiderio di fuga
del narratore si fa sempre maggiore man mano che le strofe si sviluppano sino a
far trovare nel sonno liberatore di cure e dispensatore del sogno l'unica
dimensione di salvezza possibile.
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Pur riprendendo forme e stili dei
pezzi originali, anche Amori in corso non sembra essere la classica
canzone d'amore che, incluso l'album precedente (Fotografie, Ora che
ho te), Baglioni aveva sempre inserito nei suoi ellepì. In quest'ultimo le
storie non sono più vissute in prima persona e vengono private di quel pathos
sentimentale che quel particolare punto di vista riusciva pienamente a rendere.
Piuttosto, Amori in corso, così come Tutto il calcio minuto per minuto,
è vicenda "raccontata dall'esterno", e diviene narrazione analitica non di un
singolo amore ma della tipicità dell'amore.
In questo caso, a essere fotografato in tutte le sue accezioni principali è
quell'amore adolescente che riesce a trovare in ogni situazione, dalla realtà
del quotidiano a quella straordinaria della vacanza, rinnovata ragione per
sussistere e realizzarsi.
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Davvero diversa dalle canzoni che la
precedono è invece E adesso la pubblicità che svela un'ambientazione
unica e immobile, che nulla concede alla divagazione e che si rivela via via
sempre più opprimente e claustrofobica.
Questo senso di soffocamento è oltremodo sottolineato e rinvigorito anche dal
costante e ripetitivo ricorso ai bassi che scandiscono il tempo ritmicamente e
ossessivamente. Il ritratto di una cena familiare, monotona e preordinata a
schematiche noiosità quotidiane, viene affrescato con grande verismo e capacità
descrittiva. La scena che se ne ricava è di una efficacia quasi "bergmaniana",
privata di fronzoli e calata in una realtà periferica alienante e svuotata di
orizzonti da conseguire. Raro è persino il ricorso alle suggestioni poetiche che
sono tipiche della composizione tematica baglioniana. Questo ciclico ripetersi
di consuetudini, inframmezzato dal messaggio prevaricatore della pubblicità
televisiva, diviene confino insostenibile per la protagonista, la quale,
caratterizzata da un'energia diversa e insofferente ai canoni dell'assuefazione,
diviene simbolo principale e fiero di una seppur passiva resistenza alla noia;
ella rimane sveglia a guardare fuori dietro il vetro, lasciando che gli occhi,
proiettandosi di fuori al suo "limes" ristretto, le riportino qualche insperata
e incontaminabile traccia di un sogno diverso.
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Ancora inebetiti dall'ascolto del brano precedente, certamente fra i meno
ortodossi e "digeribili" di tutta la produzione del nostro cantautore, ecco
introdursi le note di un altro pezzo inusuale e non meno coinvolgente: Un treno
per dove. Il titolo stesso evoca evidentemente un desiderio di fuga e richiama
immagini indistinte di ambienti alternativi. Tuttavia il testo, dispensatore di
nuove realtà auspicabili, supera il concetto insito nel titolo per approdare,
attraverso l'utilizzo reiterato dell'espressione "vorrei", a un'edificazione di
una vera e propria dimensione utopica ove si possano finalmente scoprire
giustizia sociale, altruismo e serenità. Forse questa canzone, più ancora di
tutte le precedenti, è l'emblema della necessità di aspirare al sogno per
sollevarci dalle difficoltà reali. Accarezzata da un'aria musicale che asseconda
un'insofferenza garbata e che si alza di tonalità allorquando tale insofferenza
diviene maggiore, essa alterna espressioni di buona efficacia ad altre
caratterizzate da qualche luogo comune. Anche in questa traccia è comunque
evidente un chiaro principio di metamorfosi artistica, ancora di là dal
compiersi del tutto ma che è ormai giunta a un chiaro punto di non ritorno.
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L'adagio conclusivo di Notte di note, note di notte che s'oppone evidentemente
all'allegro Un nuovo giorno o un giorno nuovo dell'apertura, disegna pensieri
notturni, soffusi e passeggeri che sorvolano piccole descrizioni quotidiane (i
fornai che fanno il pane di domani, i muri vecchi che respirano un giovane cielo
rattoppato), per atterrare sulle grandi questioni irrisolte (fra la California e
il Giappone c'è chi inventerà il futuro, uomini che passano sui fogli del mondo
come scarabocchi e hanno cuori affaticati).
In mezzo a entrambe ecco inserirsi, sinuosa e accattivante, la dimensione
privilegiata e sintetizzante dell'irreale: essa è qui rappresentata dall'abilità
del musicista incantatore che cuce le dimensioni dell'individuale e
dell'universale sull'unica trama dell'immaginario. La musica e la notte
divengono così complici, riuscendo a realizzarsi come complementari nella
composizione artistica: pertanto il musicista diviene semplice strumento di note
e parole che "cadono giù dal paradiso" e non deve far altro che inserirle sul
pentagramma. Claudio riesce a esprimere mirabilmente un soffuso senso di quiete
e a realizzare armonie di grande impatto. Notte di note, note di notte diviene
infatti il vero manifesto del successivo tour del cantautore, e anzi, per le sue
implicazioni testuali, è tuttora considerata il fulcro delle esibizioni "live"
baglioniane.
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Considerate la popolarità di cui
gode il cantante e le prenotazioni effettuate a scatola chiusa, non sorprende
che, dopo appena tre mesi dall'uscita, il numero delle copie vendute de La vita
è adesso superi abbondantemente quota 750.000.
Forte della solita risposta del pubblico, Claudio intraprende, nel mese di
giugno e partendo da Cagliari, un nuovo, mastodontico tour, che viene intitolato
semplicemente
Notti di note.
Ad accompagnare il cantautore romano è un gruppo di 5 elementi con Walter
Savelli alle tastiere, Maurizio Galli al basso, Flaviano Cuffari
alla batteria,
Paolo Gianolio alle chitarre e Aldo Banfi ai sintetizzatori. Claudio, invece, si
divide fra la chitarra e il suo pianoforte a coda.
Le date, circa sessanta, si susseguono interminabili sino a metà
settembre,
riscuotendo il solito inesauribile successo di pubblico che risponde con sempre
maggiore entusiasmo di partecipazione e colore alle esibizioni del
"cantastorie". Come per il precedente spettacolo itinerante, il pubblico che
accorre risulta essere, una volta di più, frammisto e variegato. Accanto ai
giovanissimi si riconoscono persone appartenenti a fasce di età differenti:
trentenni, quarantenni, cinquantenni. Nonostante la decisa sterzata tematica e
poetica degli ultimi due album, Baglioni può ancora contare su un vastissimo ed
eterogeneo seguito: gli spettatori che lo seguiranno per i suoi spettacoli in
giro per la penisola arrivano intorno al milione.
Il 19 settembre, in occasione di una delle ultime tappe e con una decisione
senza precedenti per ciò che riguarda gli spettacoli musicali, Raiuno decide di
trasmettere integralmente, in prima serata e in diretta da Roma, il concerto del
Flaminio. La serata si prospetta come un vero e proprio evento per la città;
allo stadio accorrono in 50 mila, mentre gli ascolti televisivi danno
evidentemente ragione a chi ha promosso la trasmissione. Il giorno successivo,
in replica, lo stadio si riempie nuovamente in ogni ordine di posto.
La scaletta dei concerti non si
discosta dalla miscellanea classica di vecchi successi e brani nuovi. A questi
ultimi è lasciato molto spazio visto che vengono eseguiti tutti integralmente
con le sole eccezioni di Tutto il calcio minuto per minuto, L'amico e domani e
Un treno
per dove. L'esecutore attinge molto anche da Strada facendo, lasciando
comunque spazio ai suoi successi tradizionali.
Da sottolineare è anche
l'esibizione che Claudio compie l'ottobre successivo per
Fantastico 6, in
diretta dalla terrazza dell'Hotel Hilton di Monte Mario. Tale esibizione va
interpretata come un omaggio del cantautore alla città eterna, che ha ispirato
l'ultimo album. Egli esegue Amori in corso sulla scena suggestiva di una Roma
notturna splendidamente illuminata, quindi raggiunge il Teatro delle Vittorie
per cantare, in studio, Notte di note, note di notte. In
quest'occasione, tra l'altro, Baglioni avrebbe dovuto suonare e cantare ma si
trovava sprovvisto di strumentisti. Si dovette allora adattare alla situazione e
suonò da solo con una tastiera elettronica, forse con l'appoggio di un midi. Questa tecnica
particolare rappresentava, per quel tempo, una assoluta novità; dall'esperienza
di quella serata, dunque, Claudio iniziò a vagheggiare l'idea di intraprendere
una nuova strada musicale che si concretò compiutamente di lì a poco, con la
realizzazione del tour Assolo.
La popolarità accumulata non
conosce flessioni: La vita è adesso raggiunge, in meno di un anno, la
ragguardevole quota di 1.200.000 copie vendute e si proietta in testa alle
classifiche della hit parade per più di 5 mesi. I premi all'album e al suo
autore si susseguono febbrilmente: tra questi degno di menzione è il Telegatto,
alla cui cerimonia di consegna Claudio esegue dal vivo La vita è adesso.
A tutti questi successi si accoda furbescamente la RCA che, con la stampa di un
doppio vinile intitolato Claudio e recante, fra gli altri, alcuni titoli di
vecchia pubblicazione fino ad allora mai pubblicati, cerca ancora di sfruttare
l'immagine sempre vincente di Baglioni. È forse opportuno, fra tutti i pezzi
inseriti in questa sorta di raccolta, menzionare la prima e unica apparizione
sui vari supporti di In viaggio, canzone che, come già sopra ricordato,
avrebbe dovuto far parte dell'album Questo piccolo grande amore.
Alla fine di
novembre del 1985, la Rusconi editore pubblica il volume
Notti di note,
un libro di appunti di viaggio, sensazioni, ricordi e sogni scritti direttamente
dal pugno di Claudio. Questo si rivela documento davvero interessante poiché
permette di scoprire un Baglioni inedito, anche grazie alle splendide fotografie
di Guido Harari. Esse costituiscono il vero "corpus" del volume, creando un
racconto per immagini che narra il tour come in un diario suggestivo e pieno di
rivelazioni inedite.
Anche il 1985 si chiude dunque
all'insegna di un sempre crescente e reiterato successo; forse anche in
conseguenza di ciò, quello successivo non sarà l'anno di riposo che spesso aveva
caratterizzato quello seguito al nuovo album e alla relativa tournée, ma
piuttosto un periodo denso di lavoro, sperimentazioni e sorprese inaspettate.
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