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del 12/11/99

La Repubblica
Baglioni: io, Fazio e lo show carbonaro
Il cantautore ci parla del nuovo disco e dell'"Ultimo valzer" in televisione

di GINO CASTALDO

MILANO - Le prove di "Ultimo valzer" sono in pieno svolgimento. Si sentono i rumori e i suoni tipici di un carrozzone che cerca di far tornare i conti nel caos che precede una messa in onda. Ma Baglioni trova comunque il tempo di parlare. Dunque Baglioni, alla fin fine c'è sempre la musica di mezzo...
"Ho notato che in una trasmissione come questa la musica ha una sua zona più o meno illuminata, ma effettivamente è sempre uno strano ospite, non ha mai una collocazione così precisa come sarebbe in un recital o in un concerto. Qui è come se mettessi un soprammobile, non si sa mai bene dove".

Si può parlare di sfruttamento?
"Di televisione ne ho vista meno ultimamente, perché ero tutto preso dal disco, ma pensando a come viene riprodotta in genere, sembra una specie di piccolo tram della memoria, un grande karaoke del pianeta, dove tutte le vocalità si esibiscono attraverso canzoncine. Viene usata, se non sfruttata, e quando cerca di entrare con un passo più personale, non trova mai la porta giusta. Rischia di diventare filodiffusione".
Ma non c'è un'ipotesi di costruire un programma su di lei, come è successo con Morandi e Celentano?
"Sì, l'avevo in mente: penso che ciascuno di noi, soprattutto se ha venti o trent'anni di storia, possa portare qualcosa. Ma c'era questa priorità, un'ipotesi nata un anno fa, e io in genere tendo a mantenere le promesse. Indubbiamente le trasmissioni autoreferenziali si riescono a compattare meglio, la musica diventa un ritmo narrativo, e non c'è neanche l'imbarazzo di presentare l'ultimo lavoro dell'ospite di turno. In questo caso però sono solo un comprimario, e non c'è volontà di autorappresentazione. Ho appena pubblicato un disco che rappresenta un aspetto di me, non una summa. Dunque sarebbe proponibile ma tra un po' di tempo".
Intanto c'è qualcosa che non funziona, non le sembra?
"Questa trasmissione parte con buone intenzioni, anche se c'è da correggere. Non è un varietà, ma una varietà di cose. Mi sembra come quando prendo la chitarra con gli amici e partono quelle maratone di ricordi, dici sempre è l'ultima, poi non si finisce mai, si arriva a "Fratelli d'Italia" e non sai bene se è cazzeggio o solennità. Questo è l'"Ultimo valzer". Anche quando non faccio dischi canto spesso con gli amici, mi piace, non tanto per la memoria, ma perché è qualcosa che adesso manca. La nostalgia del futuro è la nostalgia di un'assenza, perché hai paura che nel futuro tutto questo non venga più rappresentato. Io mi auguro che possa venire fuori nel programma. Quando ci siamo incontrati per "Anima mia" c'era la voglia di giocare, eravamo minimalisti, ci rifacevamo agli anni Settanta, avevamo gli stessi giocattoli. Qui i giocattoli sono diversi, io tenderei a essere massimalista contro l'andamento dei tempi. Anche il mio nuovo disco lo è.
La trasmissione non deve sbattere nessuna verità ma dovrebbe tendere al massimo: all'assenza dei grandi padri, alla sensazione di essere orfani, per cui nessuno mi firma la giustificazione se sono assente. Un'idea che mi piace è che possa essere una trasmissione d'opposizione, un po' carbonara, fare quello che ci piace".
Non le dispiace che ci sia meno pubblico del previsto?
"Mi piacerebbe che ci seguissero legioni di persone, ma anche se fosse una sola andrebbe bene, a patto che fosse riconoscibile quel senso. Non mi butterei nel giro dei numeri, sarebbe una sconfitta, dobbiamo fare una cosa di non regime, slegata da quello che va di moda. E mi pare che stia crescendo, all'inizio eravamo in ritardo, la prossima puntata sarà forse ancora di assestamento, ma io mi sono andato a scegliere delle cose che volevo. Abbiamo perso la memoria, ma ne abbiamo bisogno, eccome...".
E fuori di questi progetti è possibile dare più dignità alla musica?
"Penso di sì, anche perché se no saremo sempre legati al culto della personalità, credo che si possa fare, magari non nelle ore in cui si combatte la guerra dell'ascolto, in zone più riparate. Forse proverò anche io a raccontarmi, ma non vorrei che questo modo di fare castrasse il nuovo che deve emergere".
Intanto c'è un po' di confusione. Il disco nuovo, il nuovo progamma...
"Sì, sto facendo una cosa assurda, rischiosa. Ma mi consola il fatto che sto imparando una nuova umiltà, mi aiuta a capire che la musica che faccio è solo una delle tante, mi piace guardare nelle partiture degli altri. Mi dà leggerezza, anche perché come al solito ho faticato per finire il disco, c'era cupezza, e così sto alleggerendo la tensione. Qui ci sono parole, critiche, gente che va e viene, e noi dobbiamo mantenere la passione".
A proposito di confusione, non crede che l'abbinamento con la pubblicità non faccia bene alla musica?
"Ci ho pensato, in passato non ho mai concesso niente.
Questo abbinamento è nato perché c'era un servizio nuovo e una collaborazione che poteva aumentare la possibilità di comunicare, poi si è aggiunta la possibilità di farne anche uno spot. Non nego che a qualcuno possa dare fastidio, ma era solo la possibilità di una veicolazione maggiore della mia musica. Confido che non ci sia confusione artistica. In fondo non c'è più il mecenate, o il Papa che commissionava la cappella Sistina, oggi ci sono questi nuovi sponsor, e stavolta condividevo il senso dell'operazione. Ma spero di avere la lucidità di capire in tempo se questo può essere dannoso.

Articolo segnalato da Ernesto.