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del 01/07/85

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Con un grande spettacolo dal vivo il cantautore romano è tornato a girare per tutta la penisola e a sollevare l'entusiasmo di sempre. Ha puntato su questa tournée per promuovere il suo ultimo album, "La vita è adesso", uscito dopo quattro anni di attesa.
Le mie note di vita
"Che senso ha", dice Claudio, "fare un disco all'anno? Meglio aspettare per riordinare le idee…". E il look? "Un'altra parola inventata dai giornalisti. Va sdrammatizzata".

di Fabio Santini


Baglioni è tornato in tournée dal 22 giugno. Lo ha fatto dopo la pubblicazione del suo album più atteso: "La vita é adesso". In alcune città, come Milano ad esempio, per l'evento si riaprono i battenti di luoghi di difficile accesso per la musica come l'Arena dell'atletica leggera.
Ad accompagnare il cantautore romano è un gruppo di 5 elementi con Walter Savelli alle tastiere, Maurizio Galli al basso, Flaviano Cuffari alla batteria (che sezione ritmica!), Paolo Giannoglio alle chitarre e Aldo Banfi ai sintetizzatori. Claudio è come al solito al suo pianoforte a coda. L'impianto voci l'ha realizzato l'ingegnere dei Pink Floyd, il palco è della stessa società che lavora con i Genesis. Inoltre, 700 spot luminosi, 50 mila watt di potenza musicale, 55 tecnici e facchini. Dicono che una data costi poco meno di 70 milioni.
Alla vigilia di questo tour abbiamo incontrato Claudio a Roma dove per un mese ha provato e riprovato con il suo gruppo la scaletta del concerto '85.

Claudio come mai abbiamo dovuto aspettare ben quattro anni per un tuo nuovo album?
"Non è la prima volta che un periodo cosi lungo contraddistingue l'attesa di un mio nuovo lavoro. Che senso ha fare un disco all'anno? Meglio aspettare per riordinare le idee, per smitizzare anche il prodotto-disco che oggi vive un momento molto delicato".
Chi è più in crisi oggi: la musica o il disco?
"Il disco. La musica sta attraversando un buon momento e poi la gente è sempre pronta a premiare la qualità. Il disco è in crisi perché la musica ha bisogno dell'immagine. Mi piacerebbe fare un film sulle musiche de “La vita è adesso”, realizzare modelli di comunicazione alternativi al disco. Credo che sia il momento di farlo".
Eppure il tuo ultimo album non ancora uscito aveva registrato un boom di 300 mila copie di prenotazione. Come lo spieghi?
"La gente, i ragazzi che i mass-media ci fanno apparire come voraci consumatori di miti e mode passeggere, in realtà hanno bisogno di sentirsi dire qualcosa con un linguaggio semplice e poetico che gli arrivi dritto al cuore, che li emozioni".
"La vita è adesso" cosa riflette di te stesso, delle tue ultime esperienze di vita?
"Credo ci sia una religiosità più profonda nelle cose che ho detto, una cura nei testi che rifiutano tuttavia un modo di parlare tipico di oggi. Non è mica vero che tutti i ragazzi sono paninari, come vuol far credere qualcuno".
E musicalmente cos'è cambiato?
"Sono cambiate molte cose. Prima di tutto vorrei sottolineare il mio incontro con Celso Valli, un ottimo produttore e music-maker con il quale mi sono trovato subito bene. Tre mesi di sala di incisione gomito a gomito, e non abbiamo mai litigato una volta. Siamo partiti dallo stesso punto e le nostre strade sono corse parallelamente su binari che hanno dato dei frutti molto buoni, credo. Ho lavorato a Londra per stare lontano dai pensieri che si hanno qui, per avere la possibilità di immergermi in un ambiente nel quale la musica è tutto. Celso ha scritto partiture per archi che gli stessi professori della London Symphony Orchestra hanno apprezzato".
In due motivi dell'album ci sono altrettanti acuti. Come mai questo omaggio alla tradizione della musica italiana?
"Non ho fatto l'acuto lungo per esibire le mie qualità. Ho soltanto usato in un certo modo la mia voce. La voce è come uno strumento, dà vibrazioni e intensità. Va usata come ci si sente di usarla".
Claudio, torniamo ai lunghi 4 anni d'attesa durante i quali è uscito "Alé-oò", un album registrato dal vivo...
"Ho meditato molto. Ho pensato che è pericoloso l'atteggiamento che mentalmente assumono molti. Quando fai un disco di successo è difficile non ripeterne la formula nell'album seguente. Sarebbe stato molto imprudente dopo "Strada facendo" realizzare un album seguendo certe tracce. Cosi ho incominciato daccapo. Paola, mia moglie, mi ha dato una mano nella stesura dei testi".
Tuo figlio Giovanni apprezza le canzoni di papà?
"Ha la faccia da chitarrista rock e va matto per la batteria. Gli piacciono i pezzi di papà, ma non tutti. Comunque lo considero... un buon critico".
Lo porterai con te in tournée?
"No, non credo proprio. Giovanni seguirà qualche data ma seguirmi per tutta una tournée lo credo impossibile"
In una serie di articoli apparsi sul quotidiano romano "Il Messaggero" hai preso posizioni piuttosto dure contro il mondo discografico e in genere della musica. Come mai?
"Ho fatto un'analisi credo piuttosto divertente di un'ufficialità che spesso fa apparire l'ambiente in cui viviamo come un qualcosa di impenetrabile. Sono venute fuori anche cose carine come "sbagliare è umano e perseverare è discografico...".
E' vero che hai uno zio che si addormenta quando vede i video?
"Be', sono tutti uguali...".
E il look?
"Ah... Un'altra parola inventata dai giornalisti. Va sdrammatizzata".
Claudio, in "Uomini persi" canti di chi vende la morte fra i giovani spacciando eroina, di chi semina il terrore nelle stazioni e per le strade. Io credo che sia il tuo primo pezzo "politico"...
"No, non tanto politico quanto relativo a una presa di posizione umana verso un problema terrificante dei nostri giorni".
Come mai guardi più al presente che al futuro o al passato?
"Non si può vivere il futuro con l'illusione di uno slogan positivo o il passato con il rimpianto di un ricordo. La vita è quella che va vissuta attimo dopo attimo. Ed è troppo bella per farsela sfuggire".

Articolo segnalato da Antonio.