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del 01/07/85
Radio Corriere TV
Il fenomeno Baglioni: dischi a ruba, delirio ai concerti
LA VITA ADESSO FA RIMA CON SUCCESSO
Una serata qualunque della sua attuale tourneè in uno stadio: tutto esaurito, due ore quasi ininterrotte di canzoni vecchie e nuove, giovanissime in deliquio, urla ("Sei il mio principe azzurro") e giro di pista della folla al grido di "Claudio, Claudio".
Trieste, luglio
Quaranta ragazze svenute a Cagliari, tra una folla di 70.000 persone venute per osannarlo. A Trieste, sotto il monumentale palco di 50 metri per 25, giovani fan col volto rigato di lacrime. Tutta la provincia è in subbuglio per i suoi concerti: città intasate, traffico deviato a Treviso, Vicenza, Novara...
Quando Claudio Baglioni, rinnovato idolo dell’estate canora italiana, menestrello raffinato da due anni di silenzio, compare sulla scena è subito un boato. Stazza d’atleta, ma un po’ smagrito, capelli tagliati, sempre senza una ciocca fuori posto, il trentaquattrenne cantautore romano di Centocelle sembra tener desta la leggenda del divo incantatore di stadi. Eccolo, e in un attimo si levano tutti in piedi, migliaia di braccia ondeggiano, si illuminano dei rituali accendini.
Le transenne contengono a fatica la piazza traboccante di teen-ager dai capelli arruffati, arrivati in massa su motorini smarmittanti: le ovazioni crescono, gli applausi diventano fragorosi alle prime note dell’ormai intramontabile Questo piccolo grande amore, che qualcuno col gusto dell’iperbole, ha definito "la canzone del secolo".
Ma Claudio non si scompone, si muove disinvolto tra il piano e la chitarra elettrica, ringrazia, spreca due parole per introdurre le canzoni del suo ultimo Lp La vita è adesso (400.000 copie vendute in 15 giorni, un successo mai visto, dicono alla CBS, la sua casa discografica).
La sua immagine è rassicurante, armoniosa, solo un braccio si muove un po’ freneticamente per segnare il tempo di melodie più vivaci e grintose del passato, che parlano di "disperati di ogni razza, ragazzi innamorati, uomini sperduti, tutti colti come in un’istantanea".
Tra il pubblico, qualche giovanissima va in deliquio: "Sei il mio principe azzurro" grida estasiata e alla fine, dopo due ore quasi ininterrotte di brani vecchi e nuovi (da Poster a Andiamo a casa), è il trionfo: un giro di pista con le braccia protese verso il cielo, al grido scrosciante di "Claudio, Claudio".
Gli esordi della maxitourneè estiva di Baglioni si sono rivelati superiori alle aspettative: sembrano destinati a rinnovare i fasti dell’82, quando il primo grande tour del cantautore (reduce dal successo di Strada facendo) coinvolse in tutta la penisola oltre un milione di persone. Con ben 60 tappe, tre mesi su e giù per l’Italia, dal 22 luglio fino al 15 settembre, il fascinoso Claudio sarà certamente la colonna sonora della nostra estate musicale: fino a oggi prevendite massicce di biglietti (costano 15 mila lire) assicurano il "tutto esaurito" nelle piazze e negli stadi comunali, affollati da un pubblico eterogeneo di credo e di età (si va dai 15 ai 40 anni, con qualche incursione anche fra i settantenni, sottolineano gli organizzatori).
Subito dopo Milano, Baglioni canterà nello stadio di Firenze (il 4 luglio), poi a Benevento il 7, a Livorno il 9, a Napoli l’11, a Catanzaro il 13 e così via dalla Sicilia alla Versilia, in un viaggio fagocitante e impegnativo, organizzato nei minimi dettagli da una mastodontica macchina spettacolare. L’impianto tecnico che l’accompagna potrebbe fare invidia a molti colleghi anglosassoni: tre Tir per trasportare le amplificazioni e tre gruppi elettrogeni con una potenza complessiva superiore ai 60.000 watt, 4 camion per i palchi illuminati da 700 punti luce, 4 camper per i tecnici, 80 persone al seguito.
Sarà avvicinabile il "quasi divino" Claudio, sfondando il muro apparentemente impenetrabile della sua scorta e dei suoi occhiali neri? Attimi di suspense: si concede, non si concede. E’ stanco per il concerto della sera precedente, preoccupato per un’improvvisa raucedine. Sta facendo le inalazioni. Poi, finalmente, eccolo fra di noi. Abbronzato, impeccabile nella sua giacca bluette sopra i jeans e le scarpe da tennis, a distanza ravvicinata sembra persino più giovane e seducente che sul palco. Si è tolto anche gli occhiali.
E’ vero che non ami le interviste?
C:"Non direi, credo che l’intervista sia un modo di presentarsi e quindi bisogna avere qualcosa da dire. A volte non mi va di raccontarmi".
Per questo stai zitto anche musicalmente per lunghi periodi?
C:"Pur facendo questo mestiere da almeno sedici anni, non mi sono ancora abituato ai suoi ritmi. Le mie lunghe pause sono dovute a ripensamenti, dubbi, anche pigrizia. Certo mi piacerebbe fare dischi più spesso. Star fuori non è facile, ogni volta sembra di dover "partorire"".
Com’è cambiata negli anni la tua personalità di autore?
C:"La capoccia è sempre quella, ma credo di avere raggiunto un uso più cercato (non più ricercato) della lingua italiana, riuscendo a piegarla meglio al fraseggio musicale".
Ti sei soltanto tagliato i capelli o sei anche cambiato dentro?
C:"Sono più incantato e sognatore di prima. Credo in una nuova forma di fantasia e di immaginazione".
Ti senti un poeta?
C:"E’meglio fare il cantautore che il poeta, visto che i poeti non vendono. Con un pelino di immodestia credo di essere arrivato a una forma poetica nella canzone. Qualcuno ha detto del mio ultimo Lp si possono anche leggere senza musica".
Come mai sei tanto amato dalle ragazze?
C:"Per forza, i concerti di piazza attirano un pubblico più scalmanato e sportivo. Ma non c’è mai stato un rapporto "isterico" con loro. Sarei un illuso e un pazzo se pretendessi di interpretare il mondo giovanile. Pochi sanno attraversarlo con lucidità. Anzi direi che dalle mie prime tematiche sulle "cotte" da ragazini sono passato a un discorso più allargato, collegando diverse generazioni".
Il tuo rapporto col pubblico nei grandi spazi?
C:"E’ un’esperienza travolgente, c’ è l’abolizione della barriera impalpabile tra protagonista e fruitori. E’ solleticante e anche rischioso questo viaggio musicale, dove devi essere sempre al massimo, come se fosse la prima volta. Ieri per esempio ho preso una bronchite fulminante e mica posso spiegarglielo al pubblico!".
Questa tourneè ti sembra diversa da quella dell’82?
C:"E’ presto per dirlo, ma mi sembra uno spettacpiù maturo, meno chiassoso, tecnicamente più complesso. Spero tanto di ritrovare quella sensazione incredibile di scambio di energie e cortesie fra palco e pubblico":
Tua moglie Paola ti accompagna sempre?
C:"E’ la mia prima interlocutrice e collaboratrice. Certo che da quando è nato Giovanni, ha le mani un po’ legate".
Che cosa ti piace di più nella vita?
C:"La cioccolata, poi stare con gli amici, una cosa che accade sempre più raramente, con i miei cani...".
Che cosa ti fa più ridere?
C:"Mio figlio che ormai parla quasi come un adulto".
Gli hai dedicato una canzone Avrai, proprio come Stevie Wonder a suo figlio.
C:"Lungi da me ogni intenzione di trasformare questa nascita in un evento nazionale...era solo un personalissimo inno alla speranza".
Cosa ti fa arrabbiare?
C:"La superficialità, la rassegnazione che sfocia nel cinismo".
Credi in Dio?
C:"Sì, infatti ho fatto un disco inzuppato di religiosità".
Al bar da solo senza le guardie del corpo ci vai mai?
C:"Questo è il prezzo da pagare; le canzoni diventano una forma di compensazione a quello che non si riesce più a fare. Durante la tourneè mi è difficile andare in giro da solo, ma di solito non è così".
Insomma quanto sono importanti le canzoni nella tua vita?
C:"Ho una sorta di pudore nei confronti del mio mestiere, un’arte spesso penalizzata. Credo che si dovrebbero scrivere canzoni con correttezza".
Articolo segnalato da Beatrice Bellanti.