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del 03/05/00
Famiglia Cristiana
È ripartita la carovana di Claudio Baglioni
La vita è un viaggio
di Gigi Vesigna
Il nuovo tour, i rapporti con il figlio, il successo: il popolarissimo cantautore racconta da dove è partito, ma dice che non sa dove arriverà.
Una carovana di 130 persone percorre l'Italia e, ogni tanto, si "accampa" in una delle 15 città che sono le tappe del tour musicale di Claudio Baglioni.
Claudio, il tuo viaggio, che è anche il tema del tuo ultimo album, mi ricorda un sogno dell'adolescenza, quando mi sarebbe piaciuto far parte di una carovana di pionieri nel West. Qual è il tuo sogno di ragazzo?
«Il viaggio di un cavaliere medievale che si muove tra i misteri di un'epoca sconosciuta, affrontando un'avventura dopo l'altra. E si ferma soltanto per partecipare a un torneo e, magari, conquistare il cuore di una principessa... Questo è il mio sogno. Quello che sto vivendo è altrettanto affascinante: 130 persone che vivono per mesi un'esperienza itinerante, finiscono per diventare una specie di famiglia. Giorno dopo giorno ci si conosce un po' meglio; la sera, l'accampamento lo montiamo in un Palasport.
Durante il concerto invito tutti gli spettatori a ritrovarsi per sentire una storia raccontata da una persona che, nella vita, ha accumulato esperienze diverse. In questo contesto, io catalizzo soltanto l'interesse: perché, alla fine, sono proprio queste storie "intorno a un ideale falò" a interessare i presenti e ad arricchirli, ascoltando le esperienze più disparate. Gente comune, scienziati, scrittori: ognuno ha il suo viaggio di vita da raccontare e ognuno riesce a ipnotizzare la platea che, meravigliosamente, è sempre strapiena».
Che differenza c'è tra il viaggio vero e quello, ormai diffusissimo, ma virtuale, dei frequentatori di Internet?
«Il viaggio nel virtuale ti permette di contattare il mondo, di dialogare con persone che vivono a migliaia di chilometri di distanza. Però tu non le vedi in faccia: parlare con qualcuno e poter incontrare il suo sguardo è un' esperienza insostituibile...».
Però la realtà virtuale è considerata il futuro...
«Sì, ma in fondo il tempo ci ha fregato: sino a una decina di anni fa io mi immaginavo il nuovo secolo con le case sospese nel cielo, le astronavi al posto del metrò. E adesso ci ritroviamo nel mondo di ieri, vivendo il quotidiano in modo più complicato. Altro che "le meraviglie del Duemila" di Verne e Salgari...».
Il tuo tour, dopo il primo all'insegna del colore rosso, e il secondo dedicato al giallo, è tutto dominato dal blu. Continuerai questa tua scorribanda nel mondo dei colori?
«No. Quando, nel 1995, ho sentito la necessità di percorrere la via dei colori, è stato perché dentro di me c'era il desiderio di colorare la vita con la musica, e viceversa. Adesso, con il blu, ho eliminato tanti orpelli delle tournée precedenti, ho cercato di tornare all'essenzialità della musica. Mi sono ispirato al colore del cielo, a quello del mare e alle serenità che sempre ti regalano, quando li ammiri».
In fondo, il viaggio è sempre stato presente nel tuo Dna: una delle tue canzoni più belle, Poster, era il sogno di un viaggio...
«Quando l'ho scritta non me ne sono reso conto: i viaggi non si sa quando cominciano. Ma tutti abbiamo dentro la voglia di vedere cosa c'è oltre la collina...».
C'è un regista cinematografico, Gabriele Salvatores, che da sempre nei suoi film affronta il tema del viaggio. Da Turné al premio Oscar Mediterraneo, daPuerto Escondido a Nirvana. Vi siete mai confrontati su questo?
«Forse non lo sanno in molti, ma Salvatores ha firmato il mio unico videoclip d'autore: quello della canzone La vita è adesso. Abbiamo parlato tanto della nostra smania di viaggiare».
Il comico Gioele Dix ha fatto una tua irresistibile imitazione nella trasmissione televisiva Teatro 1S e anche in Mai dire Maik e in Mai dire gol della Gialappa's Band. Di' la verità, te la sei presa?
«Questa è una leggenda: ho incontrato Gioele qualche settimana fa a Milano e anche lui mi ha confessato che aveva avuto qualche difficoltà a venire a incontrarmi, perché gli avevano riferito che io mi ero arrabbiato. Niente di più falso. Anzi, gli ho fatto i complimenti: in tanti anni di carriera nessuno mi aveva mai imitato. Gioele Dix mi ha fatto sentire più importante, e mi ha davvero divertito».
Claudio, tu hai avuto molto dalla vita: cosa pensi che ti manchi?
«Sì, la vita è stata decisamente generosa nei miei confronti. Ecco, mi piacerebbe poter rivivere l'emozione che provai quando vidi per la prima volta il mare, o la neve che scendeva dal cielo».
E il Baglioni privato? Come sono i rapporti con tuo figlio?
«Tre mesi fa ho provato un grande dolore perdendo mio padre: non mi sembrava di considerarlo un punto di riferimento, preso com'ero dal mio lavoro convulso. Invece, perderlo mi ha sconvolto: sono restato per giorni chiuso in casa, cercando di farmi una ragione. E ho capito, se ce n'era bisogno, di quanto sia importante il rapporto padre-figlio. Con Giovanni, che ha ormai 18 anni, sono in perfetta armonia. Mi fa piacere poter dire che non siamo buoni amici, perché siamo molto di più. Adesso ho trovato un trucco per sentirlo tutti i giorni: la sera, prima di ogni concerto, gli telefono perché, gli ho detto, sentirlo mi porta fortuna. Comunque è bello sentirlo tanto vicino anche quando sono lontano».
Qualche anno fa, ben prima della fine del millennio, la tua canzone Questo piccolo grande amore è stata eletta canzone del secolo. Qual è la preferita dal Baglioni privato?
«Difficilissimo dirlo: però una mi viene in mente subito, Yesterday, di John Lennon e Paul McCartney».
Quando vai in scena, sei teso o sereno?
«Sereno, ma con il preciso intento di non rubare del tempo a chi mi è venuto ad ascoltare. Alla gente si possono anche rubare i soldi di un biglietto, ma non il tempo: quello è più prezioso!».
La recente trasmissione Ultimo valzer è stata un tuo successo personale, però non ha conquistato il grande pubblico. Come te lo spieghi?
«Se avesse funzionato sarebbe stato come vincere il più grosso premio in palio nella più ricca lotteria del mondo. C'eravamo accorti che qualcosa non avrebbe funzionato, ma si doveva andare in onda ugualmente. Così, abbiamo cercato di modificarla in corsa. Ma tu sai bene che quando non funziona la prima puntata, è difficile rimontare. Se io, come dici, ho avuto successo, è stato perché ero "blindato" dalle mie canzoni, e aiutato dai tanti amici italiani e stranieri che hanno accettato di venire a cantare insieme a me».
Vuoi fare un augurio al tuo pubblico?
«A loro, ma anche a me stesso: è l'augurio di avere occhi capaci di accorgersi quando, fuori dalla nostra finestra, un palloncino sale nel cielo a cercare il tetto della notte, e un cuore che sappia ancora vibrare per il desiderio di inseguire il sogno che quell'immagine porta dentro di sé, senza lasciarsi anestetizzare dall'ovvietà abusata e bugiarda del presente. E chissà che non ci riesca davvero di mettere le briglie a questo tempo, che non ha perso il potere di spaventarci. In fondo, però, un modo per sconfiggerlo c'è: batterlo a tempo di musica, lasciando, una volta tanto, che il nostro cuore si apra completamente e si faccia aliante, libero di seguire le correnti ascensionali e di lasciarsi trasportare lontano da tutto ciò che ci limita, ci appesantisce e ci impedisce di essere ciò che siamo davvero».
Articolo segnalato da Cecilia.