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Rassegna stampa - domenica 10 settembre 2000 |
ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001 |
Pubblicato su
L'Unione Sarda - 10/09/2000
www.unionesarda.it
Musica.
Il cantautore romano protagonista sabato all'Anfiteatro di Cagliari
Baglioni, pensieri e parole
Concerto affabulatore fra le note dei suoi successi
di Roberto Cossu
Eccoci. Eravate preoccupati? Tranquilli, Claudione è arrivato. Anche in Sardegna. Anzi, pare di capire che ha fatto questo tour shakespeariano proprio perché all'appello del "Viaggio", la precedente scarpinata italiana, mancava l'isola delle meraviglie. Certo, si è buttato sull'acustico perché tutte le diavolerie elettroniche gli hanno rotto (momentaneamente) i timpani, ma soprattutto perché voleva incontrare noi, il pubblico sardo. E peggio per noi che non abbiamo «strutture invernali» (dice proprio così), altrimenti sarebbe venuto entusiasticamente anche nella stagione delle piogge. D'altra parte, Baglioni è un tipo che suona dappertutto: anche negli hangar e nelle stazioni. Stavolta ha puntato sui monumenti. Gli mancano solo i castelli, gli stazzi e i cascinali. Musica senza confini, metropolitana ed extraurbana. E fedele nei secoli a un popolo fedelissimo. Per questo "Sogno di una notte di note" l'Anfiteatro di Cagliari è pieno, e sono pieni pure i dintorni, strade e giardini, su su fino a Buoncammino: visione gratuita.
Insomma, il solito successone. Chi manca? I giovanissimi forse, l'età sembra un tantino alta. Più donne che uomini. Tutti pronti, giura un manifesto, a «vivere questa notte con te». Vivere e un po' soffrire, perché il concertone dura poco meno di tre ore e mezzo. Tutto Baglioni senza pietà. Indovinello finale: chi ha più voglia di "andar via", Baglioni o il pubblico?
Serata cultural-musicale. Nel senso che Claudione canta e parla. In media, più parole che note. Del resto, avverte subito: «Sarò didascalico». E perché? «Perché spesso bisogna essere ovvii per farsi capire ». E racconta, con aria affabulante: «A un concerto una signora mi ha chiesto l'autografo.
Benissimo, le ho detto, che nome devo mettere? "Il suo", mi ha risposto. Ho vacillato». Anche cabarettista. E sentimentale, sognatore. Deve averlo studiato davvero il Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, perché nel concertone vuole ricreare proprio l'amosfera della commedia: sospensione tra cielo e terra, tra onirico e reale. Per folletti i cuoricini colorati e oscillanti, per maschere le fascette celesti "Claudio Baglioni" da tifo organizzato. Oggi si chiamano gadget.
La storia di questo concerto si potrebbe fare su ciò che Baglioni dice.
Quanto alle canzoni fate voi: più o meno Claudione canta tutto il suo repertorio. Intero o a pezzi. Se non c'è il brano completo c'è il medley, abbondano i pot-pourri. Lo dicono anche i suoi versi immortali, "accorrete pubblico", l'incantesimo comincia. È un dolce vagare in terreni impalpabili e vaporosi, e in effetti sul palcoscenico, a parte i musicisti, non c'è niente: solo fumo. Baglioni parte dalla nostalgia del mare, seguendo i ricordi di infanzia, penetra delicatamente nel sogno e prende per mano, a ritroso, verso l'età in cui si voleva essere nei boschi, fra i cavalli, nell 'invisibile. I cavalli, così simili agli uomini, nel segno di «una buona anarchia individuale». E dai cavalli ai cani: quante notti straordinarie ha trascorso Baglioni passeggiando con i suoi due cani. E ricordando, è giusto «ululare». Non solo cabaret, anche teatro: Baglioni recita le sue canzoni, con le mani e con i piedi.
Ha pensieri teneri e poco tecnologici: «Un giorno torneremo a essere quello che eravamo in origine». Cioè? «Dei grandissimi maghi». Si auspica che «un giorno si possa andare il più lontano possibile». E poi torna alla notte, fucina di molte sue canzoni. E delle sue passioni. «Io talvolta vado a letto con una chitarra». Ululato del pubblico: non ci crediamo, proprio no.
Signori, «oggi come oggi uno si porta a letto chi vuole», rimprovera lui con glamour. I cinquemila dell'Anfiteatro sono pronti: è quasi automatica l' ovazione quando scatta il refrain "Noi no", più tardi arriverà anche la "ola". Claudio afferma che «ci vorrebbe un amore felice con tutte le caratteristiche di un amore infelice» e che «il più brutto dei sogni è non sognare più». A questo punto, logicamente, bisognerebbe chiedersi se crede a quello che dice. Ma no, inutile chiederselo: «Non siamo un mondo a parte ma siamo parte di te», asserisce un altro manifesto. Baglioni è la canzone italiana, quella leggera che tratta leggermente i sentimenti. Nei suoi territori il sentimentalismo è una virtù. Sogni a buon mercato? Nel genere Baglioni è il migliore. Un artista sul serio. Indiscutibile, per il suo pubblico. Che è resistente, sempre foltissimo (anche se a Nuoro non è andata tanto bene) e amoroso. Nessuno, proprio nessuno, si pone il dubbio se, almeno dal vivo, esistano differenze tra un brano e l'altro, come sarebbe se non ci fosse questa band con i fiocchi. Eccetera. Le sue canzoni sono ere, fotografie (un tema che tratta ampiamente), oceani dove è dolce naufragare senza chiedersi perché. È il mondo di chi vuole «un mondo a forma di te», da trovare «strada facendo», per arrivare, sempre e comunque, a «Questo piccolo grande amore». Baglioni lo ara, lo coltiva, e chiede al pubblico di chiudere per un attimo il rubinetto dei coretti e di evitare i flash («Non facciamo come i giapponesi») perché vuole cantare in santa pace "Fammi andar via".
Obbediamo garibaldinamente. Tanto poi ci sono i bis, che Claudione affronta in giacchetta, dopo avere smesso l'ormai classico gilet.
Finisce, il pubblico è arci-soddisfatto anche se qualcuno non ha retto, e Baglioni gli promette «molti anni di paradiso». Gli istanti corrono e lui rimane lì e gli altri giù: quasi un tenero amplesso. Finché l'adulatore non ci fa andar via, lanciando l'ultimo zuccherino: «Non smettete mai di camminare». Che voglia ironizzare? Il dubbio viene, dopo tre ore (e passa) anchilosati sul legno. E strada facendo verso i (lontanissimi) parcheggi.
segnalato da Marcella