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Rassegna stampa - venerd́ 17 marzo 2000 |
ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001 |
Pubblicato su
Eco di Bergamo - 17/03/2000
Partito ieri sera a Firenze il tour 2000
Claudio Baglioni cantautore soft
di Paride Sannelli
Firenze «Se mi fossi fatto per davvero un lifting da 35 milioni di lire, come scrivono i giornali, sarebbe proprio ora di cambiare chirurgo...». Claudio Baglioni tiene alle rughe quasi quanto ai capelli grigi e ironizza sull'ultima leggenda metropolitana cresciuta attorno al suo personaggio per buttarsi alle spalle le fatiche dello spettacolo con cui ha debuttato ieri sera al palasport di Firenze davanti a seimila persone. Più che nel fisico, infatti, la vera smania di rinnovamento del divo romano sembra essersi appuntata sul repertorio di una maratona muscolosa e trascinante che non manca, però, di accollarsi le sue belle responsabilità, lasciando a casa pezzi di storia come «Notte di note», «Poster», «Sabato pomeriggio», «E tu», per privilegiare il repertorio più recente e costruirci sopra una storia adagiata tra le consapevolezze e le aspirazioni del Baglioni Duemila. Per questo non c'è da stupirsi davanti alla sacralità violata di una «Mille giorni di te e di me» dal ritmo vagamente argentino o di una «Questo piccolo grande amore» costruita utilizzando squadrature tipicamente rock. «Credo che per chi fa questo mestiere da tanti anni come me, sia quasi un dovere abbandonare la forma antologica per suggerire al pubblico una seconda lettura delle proprie canzoni, togliendole dalla teca in cui le hanno relegate i tempi per offrirgli una nuova vita» spiega Baglioni.
«Cercare nuove definizioni per cose cantate in tutti i modi come la luna, il mare, la strada o l'amore diventa sempre più difficile. Così cerco di togliere qualche aggettivo e di raggiungere lo stesso risultato puntando magari sugli impasti sonori o sulle atmosfere. A una certa età un artista sente il bisogno di scegliersi il proprio pubblico; o meglio, ha la necessità d'individuare una strada da seguire per essere immediatamente riconoscibile a quelli che si trovano in sintonia con lui». Aperto da quel viaggio nella memoria che è «Tamburi lontani», lo spettacolo di Baglioni gioca sull'effetto scenografico di due «case giapponesi» concentriche, ovvero due sistemi quadrati di tende verticali in tulle bianco su cui si proiettano giochi di luce e grafiche laser. Anche se a dominare è il blu notte di quattro lampade industriali che pendono dall'alto. Anche l'amplificazione è sospesa, consentendo una visione a trecentosessanta gradi del palco metallico a croce, collocato esattamente al centro del palasport, che Claudio abbandona solo in un paio di occasioni. La prima impressione è che dopo l'addizione di watt e scenografie delle rutilanti celebrazioni negli stadi sia arrivato per lui il momento della sottrazione.
«E' stato il concerto al Teatro dell'Opera di Roma per i bambini dei Balcani a farmi assaporare il piacere di esibirmi in una cornice meno barocca» ammette.
«Per tutta la sera ho cantato da solo con tre strumenti ed è stato bellissimo».
E anche se tra i bracci della grande croce d'acciaio ci sono le postazioni di Paolo Gianolio (chitarra) e Paolo Costa (basso), Giovanni Boscariol (tastiere) e Danilo Rea (piano), Gavin Harrison ed Elio Rivagli (batterie), lo spirito del nuovo spettacolo rimane pressappoco lo stesso.
Trentuno i brani in repertorio, per una maratona di quasi tre ore che concede quasi nulla alla nostalgia, lasciando alla produzione degli anni Settanta e Ottanta appena «Uomini persi», «Ninna nanna», «Avrai», «Gagarin», «E adesso la pubblicità», «Quante volte», «Questo piccolo grande amore», «Strada facendo» e «La vita è adesso». Il resto è tutto materiale di oggi e di ieri. Si replica a Firenze fino al 18: Baglioni sarà a Milano dal 23 al 26 marzo.
segnalato da Ernesto