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Rassegna stampa - mercoledė 17 novembre 1999 ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001

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Pubblicato su Oggi - 17/11/1999

Amori, paure, opere e omissioni: Claudio Baglioni si mette a nudo
Ma quale ultimo valzer…
La vita inizia a cinquant'anni

"Il passare del tempo mi ha tolto un po' di malinconia, mi ha reso pių forte e positivo. E pių disincantato per quanto riguarda i rapporti sentimentali", confessa il coprotagonista del nuovo programma tv di Fazio - "Vi svelo il segreto della mia eterna gi

di Mara Laura Giovagnini

foto Napoli, novembre
Cosa porteremo nel nuovo millennio? Da L'ultimo valzer, la trasmissione firmata Fazio, arrivano varie proposte. Almeno una certezza, però, c'è: ci porteremo Baglioni. Sono più di trent'anni che Claudio è sulla scena ma non accenna a perdere smalto. Anzi. Lo dimostra questo programma; lo dimostra l'ultimo cd, Viaggiatore sulla coda del tempo, presentato in anteprima ai fan in quattro aeroporti italiani: le melodie sono più complesse del solito, le parole più difficili. L'entusiasmo suscitato? Lo stesso. Ragazze in lacrime, profferte di matrimonio a scena aperta. Tre generazioni di donne in ammirazione. Chissà qual è il suo elisir d'eterna giovinezza...

"La giovinezza si conquista... invecchiando. Ho la sensazione di aver maggior voglia adesso, maggior positività di quando forse era il momento", dice un Baglioni insolitamente in vena di confidenze. "Il passare degli anni mi ha molto consolidato, irrobustito: ero un ragazzino malinconico, con la tendenza a ripiegarmi su me stesso, a stare solo. Oggi sono un uomo diverso. L'aver inciso un disco in cui la tematica è il tempo, quel tempo che anche fisicamente ti si poggia addosso, mi ha salvato, mi ha dato un senso di liberazione. Scrivere una canzone come Opere e omissioni, o come la stessa Caravan [che è sigla della trasmissione Raidue e contiene appunto il verso "Noi che stiamo ballando/l'ultimo valzer che suonano", ndr], è stata occasione per un bilancio.
"A un certo punto del mia carriera avevo temuto di cadere "nella trappola": voler essere sempre uguale, eternamente identico a me stesso. Per timore, magari, di non piacere. Rotti gli indugi, mi sono deciso ad affrontare il cambiamento, e adesso non me ne pento. Tutt'altro: sento d'essere più accettato e creduto. Sono fiero dei miei capelli bianchi. Non tanto di averli, eh, ma di averli lasciati così. L'idea che uno debba avere per l'intera vita la foto ritoccata al computer, o si debba preoccupare della tintura... mio Dio che angoscia, che fatica!
"Del resto, questo è un po' il mio metodo: per superare le paure, mi tuffo. Il giorno (qualche anno fa) in cui cominciai a pensare che, essendo un "umano popolare", dovevo nascondermi agli occhi degli altri, reagii comprandomi una macchina scoperta. Non si può campare tutta la vita come topi. Topi di lusso. Comunque topi"

E sorride, col suo sorriso irresistibile. Sembra sereno. Dove sono finiti i tormenti d'una volta? "No, non credo di essere completamente sereno. Però in genere cerco di nascondere i tormenti, trovo che siano noiosissimi. Ho avuto attimi di depressione, ho conosciuto sicuramente una sofferenza, una crisi del vivere, però ho cercato di "ascoltarla" da solo: sarebbe stato imperdonabile esibirla.
"Ritengo che sia dovere di un personaggio pubblico rappresentarsi anche con i propri problemi e i propri difetti, ma sempre in maniera positiva. Se hai cento, mille, diecimila persone davanti, non devi insegnare nulla, però devi dire che in qualche modo ce l'hai fatta e ce la possono fare anche loro".

E l'amore? Il tempo ha cambiato il suo modo di vivere pure questo? "Di sicuro si è confuso. Quando avevo 20-25 anni, la concezione mi sembrava talmente chiara! Anche perché poi era utilitaristica: bisognava assolutamente dotarsi di una ragazza. Sennò andavi a ballare da solo? Per non parlare poi del bisogno di esprimere la propria sensualità. Io ho avuto pochissime storie nella mia vita, tra l'altro tutte conosciute [prima il lungo matrimonio con Paola Massari, da cui è nato il figlio Giovanni, poi l'unione ormai quasi decennale con Rossella Barattolo, un'ex fan attualmente sua stretta collaboratrice, ndr], ma oggi come oggi direi che l'amore finalmente si è arricchito di molti altri significati. Non so più se credo a questo ideale dell'amore eterno, però credo alla completezza, sì. Mi spiego meglio...".

Ecco, sì, si spieghi, Claudio. Non è lei il cantante dei piccoli grandi amori? Cos'è ora questa visione disincantata? Ci sbalordisce. "Be', sì. Insomma, in un rapporto Bene e Male si compenetrano, i "moventi" non sono tutti positivi: noi ci apparteniamo mica solo perché ci amiamo, ma perché non ci va di ricominciare con qualcun altro perché temiamo che con qualcun altro non sarebbe stessa cosa. Abbiamo paura di lasciarci. In anni lontani io ero anche molto distratto, mi chiedevo: "Perché, se ho un panorama bello di fronte, non ne posso guardare anche un altro?". Mi dava fastidio l'idea dell'ineluttabilità di avere una sola persona. Non con questo che fossi infedele, no, però c'era il sentirsi in qualche modo prigioniero. Oggi ce l'ho molto meno: se quella è la persona con cui stai, quella è la persona. Il giorno che non lo sarà più, non lo sarà più. Però non te le vai a cercare".

Romanticismo addio, benvenuto sano realismo: sorprendente Claudio! Quale altra "svolta" ci riserva? "No, per il resto sono quello di sempre. Lei mi chiedeva dell'elisir di giovinezza... Non ne esiste uno, a meno di non considerare tale la curiosità, la sensibilità: due molle che ti spingono ad andare avanti. Non sono mai stato un estremo (non lo sono per idee, non lo sono per atteggiamenti), però per uno strano destino mi sono ritrovato, specialmente negli ultimi anni, a essere uno tra quelli che nel nostro settore ha tentato le cose più bizzarre, senza star lì a farsi ombra da solo.
"Anche la Tv, soprattutto con Anima mia, è stata una scommessa: noi cantanti tendiamo a usarla come fossimo piazzisti, ad andarci solo per presentare il nostro nuovo disco. Anch'io ero tra quelli che dicevano: "Per carità, la televisione fa schifo, è una cosa orrenda". Poi ho capito che è inutile lamentarsi, bisogna affrontare le cose. Io ho un'esigenza insopprimibile di gettarmi a corpo morto nel lavoro, e di sforzarmi di dare sempre il meglio. Se faccio uno spettacolo, so anche quanti chiodi ci sono sul palco".

Ma da dove arriva quest'ansia? Cosa deve ancora dimostrare dopo trent'anni di trionfi, dopo aver conquistato il cuore della gente e finalmente, dopo Anima mia, anche il consenso degli intellettuali? "C'è qualcosa di curioso, a volte addirittura di drammatico, in questa tenacia nel provare chissà che. Per anni sono stato tacciato d'essere uno sempre adolescente, che non voleva crescere. Poi penso d'essere cresciuto parecchio, maturato e me ne è stato dato atto: quindi la spinta non è questa.
"Probabilmente c'è una certa vanità (forse più una civetteria che una vanità...), perché è normale che gli artisti o i personaggi pubblici l'abbiano nel loro bagaglio, sennò non lo farebbero; non te l'ha ordinato il dottore. Però credo che il vero motivo sia più profondo. E come se, nel tempo, mi fossi dato da fare per cercare di meritarmi quel successo che non avevo in fondo aspettato, desiderato. Non avevo il sacro fuoco dell'arte, non avevo una mamma soprano o un papà tenore (mio padre faceva il carabiniere).
"Ho iniziato a 14 anni e mezzo solo per scherzo, per emulare un compagno di giochi che si era iscritto a un festival di voci nuove nel nostro quartiere di Roma, Centocelle. Tra noi c'era questa amicizia-rivalità-competizione: se lui comprava un paio di pantaloni, io compravo gli stessi.
"Per tagliar corto: vinsi quel concorso, e mi ritrovai così coinvolto in questo mestiere. Pure il primo grande successo mi è capitato addosso per caso, a neanche ventun anni: era il '72. Avevo inciso Questo piccolo grande amore dicendomi: "Ormai questo lo finisco, dopo smetto" Invece in tre settimane arrivò primo in classifica...".

Da quel momento, la storia è nota. Dischi come E tu, Strada facendo, Alé-oo, La vita è adesso. Stadi pieni e collaborazioni con artisti del calibro di Vangelis, Lorin Maazel, Montserrat Caballé. L'esibizione a Torino con Bruce Springsteen, Sting e Peter Gabriel. Su, sempre più su. Senza perdere però la capacità di parlare ai giovani.
"Non credo di scrivere in maniera semplice. O magari semplice sì, non facile: non scrivo canzoni per ragazzini. Però poi stranamente le ascoltano, perché penso di non prenderli in giro, perché sono riuscito a non prendere in giro me stesso. Mi sorprendo io per primo dell'adesione forte che c'è ogni volta, e questo mi dà fiducia, speranza. Questi giovani mi piacciono: mi dà l'idea che ci sia una maggiore ironia rispetto al passato. Quand'ero ragazzino io, eravamo tutti un po' più impostati, dovevamo cambiare il mondo, fare rivoluzioni. La sinistra, la destra: c'erano contrapposizioni anche molto fastidiose, settoriali. Il rovescio della medaglia è che oggi mi sembra ci sia maggiore superficialità, un'attenzione più affrettata nei confronti delle cose. Ma non sono pessimista per il futuro".
E, a proposito di futuro, lei cosa si aspetta dal domani? "Mi auguro che abbia in serbo qualcosa di sorprendente. Quando la gente ti chiama, quando un altro giorno ti dà il buongiorno, vuoi dire che ancora c'è un bis da fare".

segnalato da Enrico

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