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Rassegna stampa - sabato 13 novembre 1999 |
ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001 |
Pubblicato su
Corriere della Sera, Spettacoli - 13/11/1999
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OLTRE IL VIDEO
Ma il disco di Baglioni affonda nella palude del pensiero debole
di Mario Luzzatto Fegiz
Fazio, nel corso dello show, lo chiama sempre, ossequiosamente, «Viaggiatore».
E allude a «Viaggiatore sulla corda del tempo», l'ultimo lavoro di Claudio Baglioni un disco di straordinaria eleganza formale, un diario di bordo sul rapporto dell'uomo col tempo, sull'incapacità comunicare, sul mito del millennio ormai alla fine, sul peso delle cose che possiedono noi. Com' è? Succede che il confine fra alta filosofia ,onanismo intellettuale, già labile nei precedenti album della trilogia di Baglioni («Oltre» e «Io sono qui»), viene qui definitivamente violato in una fumosa palude di indecifrabili angosce. Pur dando atto all'artista che ciascuno è libero di orientare la propria creatività nella direzione che preferisce, non c'è dubbio che il nuovo Baglioni -Pensiero, anche se offerto in una confezione patinata e appetitosa, resta un pensiero debole. Soprattutto se confrontato con geniali intuizioni del passato che si nutrivano di realtà. Basti pensare a «Poster»: in quell'orologio che segna «l'una e dieci da due anni in qua» in quella dimenticata stazione del metrò c'era l'ansia di un tempo immobile e una voglia di fuga che il viaggiatore di oggi non riesce più a esprimere con la stessa efficacia. La comunicazione (comunicazione?) resta dunque affidata agli impasti fonetici e sonori, e soprattutto all'immagine inquietante di Baglioni -extraterrestre che occupa ben tredici foto a pagina intera del libretto-copertina.
Detto questo, il disco ha una sua tediosa coerenza nei testi e nelle musiche che qua e là ammiccano al Baglioni delle origini (come nel giro armonico di «Hangar») mentre i testi oscillano fra paradosso e nonsense tipo «Vivo in te ma non pago l'affitto» o «su un sole di campi in un tuffo in apnea su un covo di lampi in alta marea» (stile Tozzi-Bigazzi), «Stasi ed estasi» (alla Bartezzaghi della «Settimana Enigmistica»). Non c'è nessun verso memorabile, nessuna melodia commovente. Claudio Baglioni continua dunque sulla strada dell'esaltazione della forma pura. Non sembra tanto uno che ha qualcosa da dire, quanto uno che sta cercando affannosamente qualcosa da dire per giustificare il suo essere artista.
segnalato da Ernesto