torna al menu |
|
Rassegna stampa - giovedì 10 settembre 1998 |
ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001 |
Pubblicato su
Il Manifesto - 10/09/1998
www.mir.it/mani/
Prigioniero di se stesso
La svolta degli anni settanta e dignitoso autoesilio lombardo
Quando i gruppi italiani sognavano l'era beat e le cover, un ragazzo riccioluto diede una gran voce alla voglia prepolitica d'appartenenza e diversità
di Roberto Duiz
Sono solo canzonette, certo, ma non c'è dubbio che quelle di Lucio Battisti siano canzonette un po' speciali.
[...]
Negli anni Settanta Lucio Battisti è all'apice, ma è il primo a capire che l'hit parade produce un effetto-boomerang. Non sono tempi, quelli, in cui si plaude ai sccessi. Anzi, il troppo successo insospettisce. E' l'epoca dei cantautori "impegnati". Non sono più solo canzonette. Su di lui cominciano a circolare strane voci: Lucio Battisti è fascista. Ma và. Però, visto i tempi, vale una condanna. Battisti non conferma né smentisce. Si limita a sparire. Noblesse oblige e spazio libero alle parodie. Chi se ne frega? E poi è la stessa voce che circola a proposito di
Claudio Baglioni, in quell'epoca. Ma vuoi mettere la differenza? Tant'è che Baglioni non solo è tornato in pista, ma, grazie a Fazio, è diventato pure il testimonial degli anni Settanta rivisitati con l'ottica di un liceale di Comunione e Liberazione, che hanno per colonna sonora I cugini di campagna. Ingiuria degli anni, ingiuria del tempo. Lucio Battisti si è chiuso nel suo eremo di ragazzo diventato ricco grazie al proprio talento e che molti ha fatto arricchire. Non si è mai fatto irretire dalle suadenti sirene del revival. Non ci ha mai fatto vedere la sua pancetta senile e l'eventuale calvizie. Se si è divi tanto esserlo fino in fondo, alla Greta Garbo.
E che i media cannibali continuino pure a sbattersi per capire com'è morto un oggetto del loro cannibalismo. La sua ultima rivincita consiste nel non farglielo sapere.
segnalato da Caterina