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Rassegna stampa - venerd́ 26 giugno 1998 ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001

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Pubblicato su Corriere della Sera, SPETTACOLI - 26/06/1998
rcs.it/corriere/

PERSONAGGI

Il cantautore, a Milano il 9 luglio per replicare lo show dell'Olimpico, risponde alle
critiche dei colleghi



di Stefania Ulivi

MILANO

«Vasco Rossi? Lo voglio invitare il 9 luglio a San Siro». Claudio Baglioni presenta in
gran pompa la sua settimana milanese (un incontro con gli studenti della Statale, un blitz
musicale con la sua band su un tram cittadino, un concerto il 7 a San Vittore, le prove
del 8 aperte alla Milano del disagio) nella stessa sala di Palazzo Marino dove il sindaco
Albertini si riunisce con la sua giunta. E ne approfitta per rispondere a chi ha avuto da
ridire sul suo bagno di folla all'Olimpico il 6 giugno scorso. «Le differenze tra artisti,
a volte, invece di arricchire diventano motivo di polemica. Discutere fa bene a tutti.
Brutto segnale invece quando contestare un altro diventa un ingrediente della propria
opera».

Ogni riferimento a Rossi che contrappone il suo «rock puro» all'«arte varia» di Baglioni
non è casuale...

«La differenziazione va fatta aggiungendo, non togliendo, valore. Insomma, questa è
un'estate tutta italiana, in cui alla maturazione artistica di ognuno di noi si aggiunge
una maturazione imprenditoriale, organizzativa. Facciamo ancora un passo e liberiamoci
delle zavorre stilistiche e ideologiche».

Dicono che lei ha esagerato.

«E' vero, il mio concerto è esagerato nei segnali e nei contenuti, è "dismisura", certe
performance hanno il gusto anche volgare della tv, ma è inutile aspirare a certi
aristocratismi. Tutti a dire che la tv fa schifo, poi fan la fila per farsi invitare in
video».

Non le perdonano il playback.

«Ipocrisie: lo usano Peter Gabriel e David Bowie. Lo avrei evitato volentieri, sono stato
obbligato. Ma poi, scusate, dopo 30 anni devo dimostrare di avere voce? Ricordo che
l'ultima mia volta a San Siro, nell'86, cantavo da solo davanti a 60 mila spettatori».

Avrà lo stadio dei Rolling Stones.

«Sono uno dei fan delusi dall'annullamento. Li avevo visti a Wembley, mi ero divertito.
Troppo vecchi? Certe liquidazioni pronto cassa fanno ridere».

Ma come avete fatto a risolvere la questione del manto erboso? Già la data degli Stones
sembrava troppo avanzata in relazione al campionato.

«E' stato proprio quando ho visto che si allungavano i tempi per Jagger che ho chiamato
Adriano Galliani, amministratore delegato del Milan, e poi il Comune. Han detto subito
sì».

Sì, ma il prato?

«Semplicemente ora non c'è. Sta crescendo da un'altra parte. Dopo il 9 lo porteranno nello
stadio».

Si continua a parlare di un nuovo programma Baglioni-Fazio.

«Se non fossimo entrambi sentimentalmente impegnati direbbero pure che ci vogliamo
sposare. Tra noi c'è grande fratellanza, voglia di fare. Un mezza idea c'è, ma se ne
parlerà a fine anno».

Quando lei registrerà il nuovo cd.

«Il nuovo disco sarà una sorpresa: una specie di archivio di suoni, un album progettuale,
una commistione tra antichissimo e moderno».

Cosa ascolta Baglioni?

«Trovo le artiste più coraggiose. Una su tutte, Bjork. Poi amo i Portishead, e il
"vecchio" Peter Gabriel, che non si ferma mai. Di italiani mi divertono i Prozac+, hanno
una riconoscibilità rara da trovare. Poi Bersani, Silvestri. E la mia generazione di
vecchietti: ammiro il coraggio di Dalla».

Che punta al teatro.

«Il suo progetto è interessante. Io per il nuovo tour vorrei esplorare nuovi territori,
mettere insieme tanti generi per poi sceglierne uno. Uno spazio globale da costruire,
forse un teatro dove non ci sia più separazione tra pubblico e artista».

Perché sempre da solo?

«Ho lavorato con Mia Martini, Daniele, Gabriel. Ma mi risulta difficile: confesso, sono
timidissimo».


segnalato da Caterina

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