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Rassegna stampa - giovedì 4 giugno 1998 ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001

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Pubblicato su L'Espresso - 04/06/1998
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Musica e affari / il rilancio di Baglioni
Come t'invento un Claudio da stadio
Da vetero-dc a star dell'Italia ulivista. Da cantore intimo delle adolescenti a fenomeno da 80 mila spettatori a sera. Uomini, trucchi e segreti di una trasformazione. Alla vigilia della conquista dell'Olimpico

di Alberto Dentice

Tenete a mente questa da- ta: 6 giugno 1998. Per la generazione che ha vissuto l'ultima guerra sarà semplicemente l'anniversario del D-day, lo sbarco in Normandia. Il nuovo esercito delle baglionette, vale a dire lo stuolo di fan (madri e figlie) pazze di Claudio Baglioni che quel sabato prenderà d'assalto lo stadio Olimpico di Roma, lo ricorderà invece come il giorno della definitiva apoteosi del divo Claudio. E non solo perché il suo concerto sarà il primo a profanare il famoso prato finora mai concesso ad altre star della musica; ma perché, dopo essere stato sdoganato dalla sinistra e rigenerato anche agli occhi dei più scettici dal successo televisivo di "Anima mia", oggi è diventato lui, Baglioni, l'ex cantore delle emozioni giovanili dell'era democristiana, la star più popolare e amata dell'Italia ulivista. Vediamo come è riuscita questa metamorfosi e chi ne sono stati i registi.

Non è un caso, infatti, che per il 6 giugno, canonizzazione del divo Claudio, è previsto l'arrivo di ottantamila persone, anzi di più, visto che a grande richiesta è stato deciso che il concerto dell'Olimpico, subito esaurito, sia replicato l'indomani, 7 giugno. Peraltro nello stadio sono già allestiti da giorni stand dove è possibile vedere proiezioni di filmati e videoclip di Baglioni, postazioni di computer per consentire l'acceso al suo sito Internet e uno stand dove è esposto il materiale di "C'era una volta un cavaliere bianco e nero", libro fotografico edito da Mondadori che ripercorre in immagini gli ultimi avventurosi tour della popstar. Insomma un'esplorazione a 360 gradi nel mondo del bardo di Centocelle. Il tutto, naturalmente, con la benedizione del ministro nonché santo patrono della canzone Walter Veltroni: .Il primo a riconoscere che con me quelli della sinistra si erano sbagliati., ricorda il cantautore.

Caso raro nella musica pop, Baglioni, spiazzando un po' tutti, ha dimostrato, a 47 anni, come si possa invecchiare senza fossilizzarsi in un cliché, ma anzi riuscendo a diventare più interessanti e simpatici. Perché, diciamo la verità, quando era più giovane non è che il cantante fosse così eccitante. La sua poetica del quotidiano fatta di piccoli grandi amori e signore Lie, di magliette fine e passerotti non andare via, sempre in sintonia con l'intimismo adolescenziale, suonava fin troppo stucchevole.

L'inizio della trasformazione comincia per Baglioni nel 1988. L'occasione è data dal concerto torinese di "Human Right Now!", la carovana canora di Amnesty International che all'epoca gira per il mondo a sostegno dei diritti civili. Sul palco artisti come Sting, Springsteen, Tracy Chapman, Peter Gabriel. Ma è la presenza del cantore dei piccoli grandi amori a suscitare polemiche. Il pubblico progressista si chiede cosa c'entri in quel contesto un artista che con l'impegno ha sempre avuto poco a che spartire. Ci si chiede chi l'abbia favorito ad entrare in quel cast. Vengono fuori le pesanti pressioni esercitate sugli organizzatori dalla sua casa discografica, quella Cbs che alla carovana umanitaria ha prestato il suo pezzo da novanta, Bruce Springsteen.

E la sua esibizione è accolta da bordate di fischi. Baglioni la prende malissimo: .Ho avuto la sensazione di essere vittima di preconcetti., dirà. E comincia a riflettere su cosa fare .per meritarmi il rispetto da parte di chi non apprezzava le mie cose.. Per due anni scompare dalla circolazione. Si rinchiude nella villa-rifugio di Ansedonia assieme al nuovo produttore Pasquale Minieri che sarà, fino al '95, il suo Pigmalione. Minieri, che ha militato per anni nel Canzoniere del Lazio, farà scoprire a Baglioni le sonorità della musica etnica e le nuove suggestioni della produzione elettronica. L'album della svolta arriva nel '90, titolo: "Oltre", un doppio cd fluviale e debordante che però mette in luce la sua voglia di sperimentare nuove strade. Soprattutto dal punto di vista del sound, grazie anche alla collaborazione di Peter Gabriel, Toni Levine, Youssou'N'Dour. Quanto ai testi, 20 canzoni autobiografiche e molto verbose, forniscono lo specchio fedele, talvolta imbarazzante, di una profonda crisi di identità. Si sa che in quel periodo Baglioni si stava separando da sua moglie, Paola Massari, compagna di tanti anni. Ma il pubblico dimostra di apprezzare la svolta: l'album vende oltre 750 mila copie.

Cinque anni dopo, nel 1995, esce "Io sono qui", album ambizioso (l'ultimo realizzato con Minieri), strutturato come un film (vi figurano perfino chiare indicazioni di regia: esterno giorno, carrello avanti...), dove per la prima volta affronta esplicitamente il tema della depressione, della solitudine tra vertigini esistenziali ("Male di me") e .brividi avvoltoi.. I brani sono più complessi, soprattutto dal punto di vista vocale, consentendo a Baglioni di sfoggiare le sue doti di stornellatore post-moderno, gli arrangiamenti sempre più elaborati. Al punto che perfino i critici più intransigenti sono costretti a prendere atto del cambiamento. Baglioni è bravo o addirittura bravissimo, a seconda dei gusti, ma soprattutto ha ottenuto il rispetto che cercava.



E lui, da cantante introver- so che detesta le interviste, diventa anche un formidabile esternatore. Forse anche per merito di un nuovo ufficio stampa, affidato a Mara Vitali, finora estranea al mondo della musica ma grande esperta di strategie di comunicazione, con diffuse e radicate conoscenze nel mondo dell'editoria e dei giornali. Baglioni dunque parla, si racconta e riscrive il suo passato. Si scopre così che non era mai stato dc, ma che, anzi, aveva sempre votato .per i partiti della sinistra.. Che nel Sessantotto, pur con le idee confuse, aveva .condiviso il sogno della sua generazione.. La riabilitazione definitiva arriva nel '96 sul mensile "Liberal" grazie a un articolo di Giuliano Zincone che lo inserisce di diritto nel Pantheon dei grandi artisti irregolari dell'Italia del dopoguerra, assieme a Gadda, Parise e Montale.

A questo punto il ragazzo di "Questo piccolo grande amore" potrebbe assumere l'aria del pensoso intellettuale, guardare finalmente dall'alto in basso Francesco De Gregori o Francesco Guccini. Invece no. .Non ce la faccio più a immaginare il mio lavoro in termini normali, ripetendo sempre le stesse cose; mi stimolano gli spiazzamenti, le situazioni imprevedibili., dichiarava tempo fa. E cosa poteva esserci di più imprevedibile per lui della odiata tv? Sarà Fabio Fazio, con "Anima mia", a dargli l'occasione di una dissacrante cavalcata a ritroso nella cultura trash degli anni Settanta e a consentirgli di ripulire la sua immagine dalle scorie più datate. E Baglioni sta al gioco: .Con la sua scriteriata voglia di divertirsi e il dono rarissimo dell'autoironia Claudio è riuscito a conservare il suo pubblico e a conquistare quello degli intellettuali più scettici., spiega Massimo Martelli che è stato, con Fazio, uno degli autori del programma-miracolo.

E adesso una nuova sfida, quella dell'Olimpico. Un sogno che Baglioni stava coltivando da 16 anni. E divenuto realtà anche grazie all'amicizia personale che lega il cantautore romano a Mario Pescante, presidente del Coni. Eros Ramazzotti e Antonello Venditti avrebbero forse sperato in una specie di grande festa comune. Ma alla fine l'ha spuntata Baglioni: .Ci costerà 150 milioni per rifare il prato. Ma va bene così., spiega Adriano Aragozzini, organizzatore dell'evento.

L'incoronazione del divo Claudio dovrà essere un grande show. Un palco di 900 metri quadrati occuperà il centro dello stadio. Da lì partiranno quattro palchi satelliti per consentire a tutti di vedere e sentire al meglio. Baglioni sarà accompagnato da un gruppo di sei musicisti, più un quintetto di fiati e uno di archi. Completano il cast 22 ballerini e un numero imprecisato di intrattenitori. Dopo aver conquistato i palati fini, Baglioni ha deciso di rituffarsi in un bagno di folla. E promette: .Vi stupirò, voglio essere più coatto e più pecoreccio che mai.. Magari senza negarsi nel finale un pizzico di esaltazione retorica: tutti insieme a cantare in coro l'inno della nazionale di calcio composto per i Mondiali. Micidiale. Ma la leggenda di Baglioni si nutre anche di questo.

segnalato da Caterina

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