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Rassegna stampa - giovedì 16 novembre 1995 ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001

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Pubblicato su Donna Moderna - 16/11/1995
www.mondadori.com/donnamoderna/

Ieri cantante per adolescenti, oggi artista maturo. A 44 anni, Claudio Baglioni mostra il vero volto. E vinta la riservatezza esce allo scoperto. Con un nuovo disco.

Guardatemi: sono un ex timido


di Sabrina Barbieri

foto Jeans neri, camicia nera, gilet nero. Ma umore decisamente brillante. Lo rivelano una risata piena e l'aria distesa di chi ha centrato un altro successo. Claudio Baglioni si presenta così all'intervista con Donna Moderna, una delle prime dopo l'atteso rientro. Il cantautore romano mancava dal mercato discografico da tre anni. Cinque, se non si considerano gli album dal vivo. Il nuovo disco, Io sono qui (tra le ultime parole d'addio e quando va la musica), è balzato immediatamente in testa alle classifiche: con vendite in soli tre giorni di 300 mila copie. Una cifra da record, che ricorda tempi lontani: quelli dei Beatles di Let it be. Saranno i capelli grigi e i sorrisi aperti, ma Baglioni appare lontano anni luce dall'immagine stereotipata di cantante per adolescenti, un po' triste e tenebroso. E un uomo di 44 anni, che si è lasciato alle spalle la timidezza e racconta la sua maturità. Parla di solitudine, ma dice di non soffrirne. Canta la malinconia, ma per invitare a superarla. Sa gestire il successo in modo da difendere a denti stretti la propria privacy. Ma ama apparire. E non vede l'ora di ricominciare a girare l'Italia con la sua musica, di città in città, di palco in palco. Per proporre un disco diverso da quelli precedenti. Difficile. Sofisticato. Che non si canticchia sotto la doccia o al karaoke. E da ascoltare più volte.

A gennaio partirà la sua tournée. In lei ora prevale la paura per l'impatto con il pubblico o ha voglia di tornare sotto i riflettori?
"Paura? Davvero no. Alcune volte, anzi, credo di scrivere musica solo per poter salire su un palcoscenico e cantare. E poi sono convinto che il pubblico ami le novità. In ogni mio disco ce ne sono. Diciamo che ora le differenze sono più evidenti perché si sono allungati i tempi tra un album e l'altro. E in tre o quattro anni si cresce, si diventa un'altra persona".

Il Baglioni di Io sono qui, quindi, è un uomo nuovo o soltanto più maturo?
"Non lo so. È difficile rendersi conto dei propri cambiamenti. Ogni piccola vicenda quotidiana ci modifica un po'".

È vero che con questo disco lei ha voluto scrollarsi di dosso l'etichetta di cantante del buoni sentimenti?
"In realtà è una definizione che non mi dispiace, anche se preferirei essere ricordato come il cantante dei sentimenti, senza alcun aggettivo".

Perché ci sono tempi così lunghi tra un album e l'altro? Per far crescere l'attesa e assicurarsi vendite record?
"Magari fosse cosi facile! Il mio sogno sarebbe apparire il più possibile, fare un disco ogni otto mesi. Ma non mi riesce. Scrivo solo quando ho qualcosa di nuovo da dire".

Si sta descrivendo come un esibizionista. E il Baglioni timido che fine ha fatto?
"E' un luogo comune. Chi fa questo mestiere deve essere un po' esibizionista. Altrimenti come si potrebbe cantare davanti a 60 mila persone? Diciamo che sono un ex timido e che ho un naturale riserbo sulla mia vita privata: per proteggere persone che non hanno un ruolo pubblico".

Può rivelarci almeno se è innamorato?
"Penso di esserlo sempre stato, se no sarei morto. In questo momento sono sicuramente innamorato di qualcosa e probabilmente di qualcuno".

È vero che le piace trascorrere molto tempo da solo?
"Si, ho un'indole solitaria. Forse perché sono figlio unico e, quindi, sono stato abituato sin da piccolo a stare solo. Rimanere un po' di tempo fuori dalle cose mi aiuta ad ascoltare meglio i miei pensieri. Oggi lo faccio sempre meno. Chissà! Forse ho imparato a stare con gli altri".

Una delle canzoni di questo album che più hanno fatto discutere è Male di me. Quell'inquietudine di cui lei parla e che dichiara di provare è la depressione?
"Sì, ma non nel significato medico della parola. Non è una malattia. E la tristezza, la malinconia, il pessimismo. Non ho vergogna ad ammettere che talvolta questi sentimenti mi accompagnano. Forse ne ho persino bisogno. Ma chi non li conosce? Quella contro il malessere esistenziale è una battaglia che l'uomo combatte da sempre. E credo che si possa vincere. La mia canzone è positiva, c'è del vigore dentro".

Lei che cosa fa quando si intristisce?
"Inizialmente rimango paralizzato. Poi, per fortuna, ho un gran bel lavoro che mi tira su, che mi permette di essere continuamente stimolato dagli altri e mi dà il piacere di affascinarli. E poi ho degli affetti".

Qual è il più importante?
"Posso dire qual è il più certo, quello di cui non posso fare a meno, perché mi dà la sensazione dell'infinito, della prosecuzione. Più di qualsiasi canzone, più di ogni ricchezza. E quello per mio figlio, Giovanni. Non so se sia anche il più importante. Gli affetti sono fatti di tante cose, a volte di ricordi, sensazioni".

Passate molto tempo assieme?
"Quando sono a Roma, sì. Mi capita però, per alcuni periodi, di andarmene in campagna. Ho bisogno di uscire dal caos cittadino, che mi impedisce di lavorare".

Quando suo figlio nacque lei compose una canzone dedicata a lui: Avrai. Oggi Giovanni ha 13 anni. Che cosa pensa di quel regalo?
"Non gliel'ho mai chiesto. Per mio figlio voglio essere un padre, non l'autore di Avrai. Chi fa il mio mestiere a volte ha difficoltà a comunicare occhi negli occhi i propri sentimenti. Preferisce fare una serenata piuttosto che dire ti amo. Diciamo che le canzoni diventano un atto privato in luogo pubblico. E cosi è stato anche con Avrai. Comunque, credo che a Giovanni piaccia. Se non fosse così avrebbe cattivo gusto. Non crede?".

Provi a dissolvere un po' del mistero che avvolge la sua vita privata. Come trascorre le sue giornate?
"Non esiste quella tipo. Molto tempo lo passo vicino ai miei strumenti: pianoforte e chitarra. Se non sono in sala d'incisione o in tourneé mi piace dedicarmi a qualcosa di dinamico. Il nuoto è rimasta una mia grande passione. Leggo molto, un po' di tutto, e sempre tre quotidiani al giorno. Vedo parecchia televisione, con reazioni di amore e odio. E poi, cerco di incontrare gli amici, chiacchierare, magari bere un bicchiere di vino insieme, suonare con loro".

Due domande allora. Chi sono i suoi amici, e che cosa ama e che cosa odia della tivù?
"Gli amici sono quelli che avevo quando ero ragazzo. I miei coetanei, insomma. Con loro ho mantenuto il legame decisamente più forte. La seconda domanda è invece molto più difficile. Dunque: non mi piacciono le trasmissioni contenitore, quelle in cui nel giro di 20 secondi si passa dalla tragedia alla risata. Sarò lento, ma non riesco proprio ad adattarmi a questi tempi. E poi non mi piace neppure la tivù verità. Un programma che invece mi diverte è Quelli che il calcio. Lo trovo un modo nuovo di parlare delle partite".

Lei è tifoso?
"Si, della Roma".

Ma va allo stadio?
"Non più. Mi ha allontanato la violenza".

Torniamo alla musica. Che cosa le piace ascoltare oggi?
"Soprattutto la radio, come tanti. In genere, quando compongo, cerco sempre qualcosa di molto lontano da quello che faccio io. Solitamente musica d'avanguardia. Anche brutta, purché sia nuova ed esca dalla routine".

C'è un collega che ammira particolarmente?
"Ce ne sono molti, a dire il vero. Tutti quelli che fanno il proprio mestiere senza seguire le mode, senza corteggiare il mercato. Ce ne sono persino alcuni ai quali invidio delle canzoni".

A chi, per esempio?
"Non voglio far nomi. Perché se parli di un collega, poi ti telefona l'altro e ti chiede perché non l'hai citato".

Quindi voi cantautori vi vedete, vi sentite qualche volta?
"Di tanto in tanto. Ma per me è più difficile, anche perché praticamente non vado mai in televisione, e non partecipo alle manifestazioni canore. In passato ho avuto ottimi rapporti con Antonello Venditti, Francesco De Gregori, Enzo Jannacci. Oggi li vedo meno".

Qualche anno fa lei dichiarò: "So che mi metterò in pace quando scriverò i testi come scrivo la musica". Intendeva dire con la stessa facilità. Questa volta è successo?
"Qualcuno ha detto che i testi di questo disco li avrei scritti e riscritti. Che sono insomma il frutto di una tribolazione. In realtà li ho buttati giù nel giro di un mese. Probabilmente il problema è un altro: è che mi sono deciso un po' troppo tardi a scriverli".

Ci viene un dubbio: questa sua vocazione per i tempi lunghi non nasconde, forse, un po' di pigrizia?
"Non mi intendo di segni zodiacali, però ho sentito dire che i nati sotto il segno del Toro sono pigri. E io, purtroppo, sono un Toro".

segnalato da Cecilia

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