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Rassegna stampa - luned́ 1 agosto 1994 |
ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001 |
Pubblicato su
Sette - 01/08/1994
Baglioni Vi sorprenderò con un disco. E non solo con quello.
di Mario Luzzatto Fegiz
"Ogni volta che creo un disco temo che assomigli troppo ai precedenti. Stavolta invece...". Sono più di tre anni che Claudio Baglioni non rilascia interviste. Quattro che non incide un album. Il suo nuovo lavoro era circondato dal mistero. Fino a questa intervista. Nella quale il cantautore più amato da chi ama l'amore confessa tutte le ansie da sala d'incisione. Che l'hanno portato a rivedere le sue idee sulla musica, sul rapporto uomo-donna, e persino sulla politica.
"Sono nel guado. Sono alla fine del mio nuovo progetto musicale. Ma è peggio che essere a metà. Perché negli ultimi cinque minuti io scombino tutto e rifaccio tutto daccapo".
Nella Roma assolata e deserta d'agosto, Claudio Baglioni sta lavorando al suo nuovo, attesissimo album. E dopo tre anni di silenzio decide di parlare di sé, del suo lavoro, dei sentimenti e delle riflessioni che sono alla base del disco che sta scrivendo. "Sì, è vero, parlo poco e finisce che faccio la figura dello schivo. Mi piacerebbe tanto avere una matura "guittaggine" che mi consentisse di non soffrire alla vigilia di un'intervista come questa. Invece sono emozionato come se dovessi affrontare il pubblico di un concerto. E così: ogni volta che mi espongo sulla stampa o, peggio, in tv, mi sento quasi ridicolo. Perché credo di dovermi comportare come se dovessi conquistare una donna, magari dire scemate, inventare bugie. Forse anche per questo evito di conoscere donne nuove. A meno che non ci sia qualcuna che mi spinga di forza contro una parete...".
Ma che cosa sta preparando? Perché tanto mistero?
Il mio progetto ha tre presupposti. Primo: lavorare in sala di registrazione comporta un senso di vuoto che non dà assolutamente la dimensione di quello che è il mio mestiere. E un passaggio che eviterei volentieri: se non si trattasse, ovviamente, della premessa indispensabile di quella che è l'unica forma di vera comunicazione tra cantante e pubblico, cioè lo spettacolo dal vivo.
Sta dicendo che un disco non è poi così importante? Che l'arte di un cantautore non è tutta lì?
Attenzione. Io voglio dire che la centralità del rapporto tra un artista e il suo pubblico non si basa sul disco, o nel momento della scrittura, ma proprio su quell'insieme di sensazioni che si riescono a creare cantando e suonando in concerto. L'unico stimolo che ho a creare un disco è la speranza di poterlo un giorno rappresentare. Ma concludo il ragionamento. Il secondo punto è questo: l'esibizione dal vivo è l'unico momento che placa la vanità e le insoddisfazioni di un artista. Terzo: sulla base di queste considerazioni credo di essere finalmente approdato a un tipo di scrittura in cui riesco a uscire da quello che è stato etichettato come il "genere Baglioni". Vorrei essere fuori dalle mode, dalle tendenze, soprattutto da un certo cliché della musica pop, "popolare" in senso restrittivo: un linguaggio che mi ha stufato, appiattente e appiattito.
Semplifichiamo: qual è il problema maggiore che ha dovuto affrontare nella stesura del nuovo disco?
Ogni volta che creo un disco nuovo ho l'impressione che assomigli troppo ai precedenti. Mi appare come un frullato di tutto ciò che ho scritto fino a quel momento. Stavolta invece l'idea base è questa: non avere nessuna mappa musicale definita. Muovermi in assoluta libertà.
Quale sarà il titolo?
Lo deciderò soltanto a lavoro finito. Per ora potrebbe essere Appunti sparsi su quel che c'è.
L'idea dominante?
Trovare delle parole che mi regalino la possibilità di aggiungere musica a musica. Le parole hanno un senso, ma spesso non il suono giusto, e non riescono quindi a creare quella suggestione magica inseguita. Io ho il privilegio di fare musica; sui contenuti, come dire?, traballo. Basta: a un certo momento ho smesso di credere alla funzione delle parole. Saranno velleità d'artista, ma sto cercando d'ottenere una sonorità complessiva, una specie di "essenza" della canzone, al di là della distinzione tra parole e musica.
Ogni suo lavoro è un travaglio. Eppure, in questo momento appare molto più sereno rispetto a quando si apprestava a dare alle stampe l'album precedente, Oltre.
Ma sì, credo proprio di sì. In Oltre volevo mettere a tutti i costi tutto ciò che sapevo, tutto quello che avevo imparato in vent'anni di carriera. Stavolta ho deciso di puntare sulle cose che conosco meglio. Mi spiego: non è un disco che vuole essere enciclopedico, non è un album doppio, come Oltre. Tutto più chiaro, dunque? Mah: magari tra un mese succederà il terremoto...
L'Italia ci sta cambiando sotto gli occhi. Come sta vivendo questa trasformazione il cantautore Claudio Baglioni?
Sono avvilito. Mi era sembrato che in Italia ci fosse stata una stagione di vitalità politica, credevo fosse giunto il tempo di accalorarsi, di scontrarsi ciascuno con maggiore onestà. Invece, l'ascia della partecipazione è stata, ancora una volta, rapidamente sotterrata. Oggi sarebbe difficilissimo scrivere una canzone politica. Contro chi? Non si fa più politica, non ci sono pensieri, non ci sono idee da contrastare.
Venditti, su queste pagine, ha detto che va benissimo così, che la sinistra paga i suoi errori.
Mah. Io non sono affatto disilluso dalla sinistra. Anzi. Penso che questo sia il suo grande momento. In passato si è comportata peggio. Adesso sta muovendosi con intelligenza e chi la dà per spacciata sbaglia. E' vero, questo paese attende da anni delle risposte, ma non mi sembra che l'opinione pubblica, la gente, si sia mossa a sufficienza per averle.
Ma lei ce l'ha una risposta alla crisi del Paese?
Fare più figli.
E perché non comincia a dare il buon esempio?
Lo farei, se riuscissi a ricordarmi certi meccanismi che ho dimenticato.
E' tornato a una condizione da single?
Ahimè sì. Con Rossella (Barattolo, la donna per cui il cantautore aveva troncato il matrimonio, lungo 16 anni, con Paola Massari, madre di suo figlio Giovanni, 12 anni, ndr) dopo 5anni è finita.
Voltiamo pagina. Doveva essere la stagione del revival dei grandi concerti. Eppure, dal raduno di Sonoria a Milano a quello americano per la celebrazione del ventennale di Woodstock, tutti i megaconcerti hanno fatto flop.
Dico la verità: mi dà un senso di liberazione. D'accordo, è giusto che si onorino lapidi, si riscoprano cippi. Ma ogni cosa è figlia del suo tempo.
Adesso, la canzone italiana è orfana di Mimmo Modugno. Che cosa ha provato lei, "un cantastorie dei giorni nostri"?
In un primo tempo, lo confesso, ho temuto che dopo 20 giorni sarebbe stato completamente dimenticato. Ma sono sicuro che Mimmo vivrà per sempre, attraverso le sue canzoni.
Il destino dell'artista...
A volte mi vergogno della potenza che le canzoni hanno rispetto ad altre forme considerate più nobili. Le canzoni si perpetuano. Alla sera, fra gli amici, salta fuori una chitarra, e la canzone, che è un pezzo "finito", diventa "infinita", senza fine.
Ecco, quando scriviamo le canzoni, invece di "finirle" dovremmo davvero tenerle aperte, crearle in modo che ciascuna abbia una chance di infinito.
Baglioni torna, dopo tre anni di silenzio. Dobbiamo soddisfare la curiosità dei fan. Com'è cambiato? Come vive?
Finché sono in questa sala d'incisione è come se vivessi sotto vuoto spinto. Un'altra vita, come se tutto mi scorresse addosso. Di più. Ho l'impressione che nella mia vita non succeda nulla di eclatante.
Così può capitare che un giorno mi svegli, mi guardi allo specchio e mi dica: "Claudio, sei davvero un depresso cronico". Mi basta poco per ricredermi. Il pensiero di una donna, per esempio. E allora mi correggo: credo di essere un pessimista convinto e un ottimista inconsapevole. Intanto, per tenermi vivo, ho scritto un brano di un minuto e mezzo per i mondiali di nuoto che si terranno a fine mese a Roma.
Un modo per restare in allenamento. La canzone si chiama Acqua nell'Acqua. L'ho fatto perché il nuoto ha svolto un ruolo importante nella mia vita, fin da ragazzo. Ho vinto anche qualche gara. Tutt'ora sono un ottimo nuotatore. Il tema? L'acqua è nel nostro corpo, nei nostri pensieri, ma è, soprattutto, il più grande giocattolo del mondo. Ecco, l'acqua sì che potrebbe riunirci tutti in un grande villaggio globale. Sì, l'acqua ci fa sentire meno diversi e meno distanti l'uno dall'altro.
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Due o tre cose che non sapete di lui
Il papà di Claudio, Riccardo, faceva il maresciallo dei carabinieri. La mamma, Silvia, era sarta.
Da ragazzo lo chiamavano "Agonia" per quella sua aria sempre triste e dimessa. "Di notte mi inebriavo ad ascoltare Yesterday di Ray Charles. Cominciai a portare occhiali grossi e scuri e maglioni neri".
Il debutto in pubblico è al Concorso Voci Nuove di Centocelle, il quartiere popolare dove abitava, a Roma. Canta Ogni volta di Paul Anka. È il 1964.
Il primo brano che scrive è Interludio: una variazione sulla Patetica di Beethoven.
Il suo primo lp, Claudio Baglioni, finisce al macero: mille copie vendute.
Ascolta ogni genere di musica. "Quello che passa la radio. A casa non ho il giradischi".
Un incubo che lo opprime: "Mi ritrovo davanti a migliaia di persone e all'improvviso scopro di non avere più voce o che la chitarra è senza corde".
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"Ma Baglioni non è un poeta"
Colloquio con Giovanni Giudici
"Baglioni? Un bravo musicista. Ma il valore di prodotti come i suoi è determinato dal mercato. Esiste una confezione, esiste un marketing: il giudizio deve tenerne conto". Giovanni Giudici, 70 anni, poeta (la sua opera completa è pubblicata da Garzanti), legge Claudio Baglioni, il poeta della canzone. "Operazione difficile. Qui giocano l'esecuzione, la voce, la figura fisica del cantante. Il testo come elemento staccato è flebile. Le canzoni di Leonard Cohen sono commoventi, le sue poesie fanno la figura dell'albatro di Baudelaire: maestoso in volo, schernito dai marinai quando cammina sul ponte della nave. Jacques Prevert, per contro, è poeta modesto ma ottimo paroliere, se c'è Yves Montand a cantare i suoi versi. Tempo fa Alberto Fortis mi ha sottoposto alcuni testi. Come versi sono assurdi, gli ho detto. E lui: non può dirlo, le regole sono completamente diverse. Ha ragione. Se io guadagnassi quanto un cantante, avrei vinto come minimo il premio Nobel. Ma la poesia non ha mercato, e questa è la sua salvezza". Leggiamo insieme l'attacco di una canzone, Ragazze dell'Est: "Nei mattini pallidi ancora imburrati di foschia / risatine come monete soffiate nei caffè / facce ingenue appena truccate di tenera euforia...". "Mah. Luoghi comuni, costruiti ad effetto su un'orgia di aggettivi, che sortiscono in chi ascolta un effetto di immedesimazione. È come il karaoke. Ma la poesia è un prodotto più semplice...". Proviamo con I vecchi: "I vecchi sulle panchine dei giardini / succhiano fili d'aria a un vento di ricordi / i vecchi mezzi ciechi / i vecchi mezzi sordi: "Qui non è male, ha trovato delle immagini carine, immediate. Metafore efficaci, non c'è dubbio: quelle vere, però, lasciamole ai poeti. Veri".
Giovanna Zucconi
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Con De Gregori a fare la questua
Chi è il più narcisista fra i cantautori? "Fra me e De Gregori all'inizio fu scontro duro e aperto. Poi nacque una bella amicizia. De Gregori mi prestò una delle sue ottime chitarre per una tournée. Quando fu il momento di restituirgliela decidemmo di vederci a colazione, in un ristorante nei pressi del Pantheon. Era il 1978. Fu un pasto lungo che si protrasse fino al pomeriggio. Quando uscimmo eravamo belli allegri, così decidemmo di suonare in piazza del Pantheon facendo la questua. Tirammo fuori le chitarre dalle custodie che mettemmo aperte davanti a noi con qualche monetina all'interno e ci piazzammo su un muretto. Cominciammo con un repertorio di successi internazionali. Eravamo certi che si sarebbe radunata una gran folla, il traffico sarebbe impazzito, sarebbero dovuti intervenire polizia e carabinieri". "Invece", continua Baglioni, "non successe assolutamente nulla. E dire che eravamo già abbastanza famosi. I ragazzini continuarono a giocare imperterriti nella piazza, i passanti a passare distratti. Decidemmo allora che era un problema di canzoni e cominciammo ed eseguire le nostre. La situazione non cambiò per niente, se non per una comitiva di turisti giapponesi che lasciò cadere qualche monetina. Alla fine, dopo quaranta minuti di disinteresse generale, abbandonammo l'impresa. Io era decisamente deluso, e ci misi qualche giorno a riprendermi. Ma se io ero abbattuto Francesco De Gregori era assolutamente distrutto. Capisci: De Gregori e Baglioni suonano insieme in piazza del Pantheon. E non succede niente, come se fossimo stati invisibili".