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Rassegna stampa - domenica 1 settembre 1991 ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001

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Pubblicato su Live - 01/09/1991


"Oltre", verso l'autenticità


di Francesco Indraccolo

foto Il mito canoro di Claudio Baglioni che non accenna a tramontare dal 1969 a oggi si basa sulla sua tenacia, sulla sua meticolosità, sulla necessità quasi dolorosa di essere autentico per se stesso e per il suo pubblico. Nella cura di ogni più piccolo particolare, nella sua passione per l'architettura, nello sport e nella dieta mediterranea si cela il segreto del suo successo.

Con un impareggiabile successo che dura da 22 anni, dodici album all'attivo e un vastissimo pubblico di fedelissimi, giovani e meno giovani, Claudio Baglioni è uno dei più amati cantautori italiani. Chi non ricorda alcuni dei suoi brani più noti, come "Signora Lia", "Questo piccolo grande amore" o "Sabato pomeriggio"? A 39 anni, con la tenacia tipica del suo segno zodiacale, che è quello del Toro, sempre attento a cogliere e a trasporre nelle sue canzoni le emozioni più semplici e i sentimenti più veri, Baglioni sta vivendo una seconda giovinezza artistica. Dopo un incidente automobilistico che ha rischiato di comprometterne la carriera e dopo la travagliata realizzazione del suo ultimo album, intitolato "Oltre", coincisa con un periodo di crisi, il cantautore romano è tornato in grande stile con due megaconcerti allo stadio Flaminio di Roma, la sua città nella quale non si esibiva da cinque anni, totalizzando quarantamila presenze per sera e un entusiasmo incondizionato del suo "pubblico vero", quello che dà la verifica di cui ogni grande artista ricco di autentico sentimento è assetato. "Live" lo ha intervistato durante la preparazione della tournée di ottobre, in cui terrà concerti in 20 città italiane, per conoscerne i programmi, i gusti, gli hobbies, e l'universo amico da cui sa attingere ogni volta ispirazioni e ritmi che toccano direttamente il cuore dei "teen-agers" e dei loro genitori.

Come spiega una così vasta risposta del pubblico di ogni età?
Questo privilegio è dato dalla grande popolarità, ma non credo che esistano fasce di età o fasce di gusto, esiste il pubblico, ma inteso in senso lato. Per questo motivo c'è una certa difficoltà nel raccontare e nel raccontarsi: si ha una sola lingua per parlare a tante orecchie differenti.

Secondo lei, qual è il segreto del suo successo?
Un ruolo fondamentale è stato sicuramente giocato dall'attenzione e dall'estrema cura anche per i più piccoli dettagli in tutti i progetti che ho realizzato, una ricerca quasi spasmodica tendente al perfezionismo. Ma la cosa più importante è di avere come regola quella di non averne nessuna: non bisogna sottostare ai tempi, ai cliché imposti dallo "show business", ai rapporti con i "mass media", cercando di raccontarsi con la massima sincerità agli altri.

Com'è il suo rapporto con il pubblico?
Dipende dai momenti. Ci (sono pe)riodi in cui il rapporto con le altre persone è bisogno, tanto che il cantare d il suonare da mestiere è diventato un vizio, il vizio di confessarsi pubblicamente. Ma a volte, quando si è sottoposti ad una pressione eccessiva, si sente la necessità di fuggire, perché può essere fuorviante e poco produttivo, in quanto si corre il rischio di ripetersi per tentare di piacere. Forse è meglio piacere di meno, ma essere sempre se stessi. Credo che questa non sia solo una mia ricerca in quanto cantautore, ma in quanto uomo.

Da cosa è motivata la scelta di fare sia grandi concerti sia un tour nei piccoli locali e per le strade dei quartieri periferici di Roma?
Secondo me, un musicista si può esibire nei modi e nei luoghi più svariati. Dopo più di vent'anni di viaggio musicale, 1'idea di poter suonare all'improvviso nelle discoteche, senza la liturgia classica degli annunci delle vendite dei biglietti, mi dava un grande senso di libertà, riportandomi anche indietro nel tempo, agli inizi della mia carriera, e mi interessava molto l'idea di incontrare un pubblico che non era lì per sentirmi, ma era lì per caso. Nell'86, già pensavo che il rapporto con il pubblico fosse difficile, soprattutto durante le esibizioni in uno stadio: i concerti del Flaminio sono stati una sfida, sfida che consisteva nel tentativo di verificare se in un grande spazio si poteva fare uno spettacolo più "ravvicinato". Da qui è nata l'idea di un palco centrale, per fare in modo che risultasse un incontro più che una performance. Un tipo di esibizione che molto probabilmente non si ripeterà più perché è già diventata un numero unico. Infatti abbiamo in programma un nuovo progetto che realizzeremo verso la metà di ottobre: con i miei collaboratori porterò in giro un'arena viaggiante, che dovrebbe raccogliere circa seimila persone, per molte città italiane. Non ci sarà solo uno spettacolo musicale ma sarà anche una sorta di "villaggio", aperto tutto il giorno, nell'ambito del quale si faranno dei piccoli seminari, si riceveranno nuovi musicisti e nuovi autori di canzoni. Credo che in questo modo potrò vivere più intensamente il mio lavoro e, nel contempo, anche il rapporto con il pubblico.

Se non avesse fatto il cantante cosa avrebbe fatto?
Se non avessi avuto la fortuna di avere un disco che la gente giudicava interessante avrei fatto l'architetto. Questa è comunque un aspirazione sempre viva. Infatti quando devo preparare un concerto mi occupo un po' di tutto e cerco di mettere in pratica le mie idee riguardo alla disposizione delle luci, della scenografia, etc.

Cosa fa per mantenersi in forma?
Fino a un anno fa, prima dell'incidente automobilistico, ho fatto molta attività fisica. In particolare ho fatto un anno e mezzo di allenamento per il pugilato, anche se non ho fatto nessun combattimento. E' stata semplicemente una sfida. Ho praticato nuoto, frequentavo una palestra, mi piace molto andare a cavallo.

Prima di un concetto o di una tournée fa una preparazione speciale?
Sì. La preparazione non è solo fisica: eseguo esercizi di respirazione, di rilassamento, oltre alla normale iperattività muscolare, senza i quali non è possibile sostenere un concerto di più di tre ore. Nell'86 girai l'Italia con il tour "Assolo", uno spettacolo che durava tre ore e dieci minuti nel quale mi esibivo senza l'apporto di nessun altro musicista, e, oltre ad una preparazione preventiva, con la collaborazione dell'Istituto di Medicina dello Sport mi furono applicati dei "detectors", ovviamente invisibili al pubblico, per controllare costantemente lo stato del cuore con l'elettrocardiogramma e ogni tre o quattro canzoni facevo un esame spirometrico, per i polmoni. I risultati furono molto interessanti anche per i medici, perché era la prima volta che un cantante e non un atleta si sottoponeva a questo tipo di esami.

E per la voce?
Esercizi ne ho fatti a suo tempo: ora non ne faccio quasi più. Si confida sempre nel fatto che non ci abbandoni mai. In generale mi trascuro moltissimo e dal medico vado solo quando sono in "fin di vita". Credo che ciò derivi dal mestiere che faccio: ci si sente eterni e indistruttibili, senza poi fare i conti con la quotidianità.

Ha mai pensato di smettere di fare concerti e di dedicarsi ad un'attività diversa?
Lo penso molto spesso. Purtroppo non sapendo fare nient'altro sarebbe un vero problema. Vorrei scrivere solo canzoni, magari delle favole.

Segue un regime dietetico particolare?
No, non ho mai seguito una dieta particolare; ho una particolare predilezione per la dieta mediterranea, da buon italiano. Pane, pasta, olio e aglio, che io amo tantissimo, sono gli elementi base della mia alimentazione.

Quanto ha contato 1' aspetto fisico nel suo lavoro?
Credo che per me non sia stato determinante, anche se c'è qualcuno che sostiene che sul palco devono esserci sia bravura che bellezza. Dopo tanti anni non credo che si possa stabilire quale delle due cose abbia contato di più.

Si emoziona ancora, prima di un concerto?
Sì certo. Ci si deve preoccupare quando ciò non succede, perché l'emozione è il dato fondamentale di un'esibizione, è un modo per dare poi sul palco il meglio di sé. Riuscire a comunicare l'emozione anche al pubblico non è cosa facile, così come non lo è recepirla.

Cosa pensa dell'attuale panorama musicale italiano?
Passo ore intere ad ascoltare musica, italiana e straniera, in particolare quella angloamericana; mi piacciono molto Peter Gabriel e Paul Simon, con le loro sperimentazioni e la fusione fra i ritmi di culture diverse. Quella di casa nostra è sempre stata buona musica, ma molti soprattutto fra i discografici non l'hanno promossa abbastanza, come invece è possibile fare ora, dopo una fase di esterofilia. Vasco Rossi, ad esempio, l'anno scorso, ha totalizzato più spettatori di Madonna e dei Rolling Stones. Questo vuol dire che il pubblico è cresciuto e che capisce quando uno ha dentro qualcosa di autentico.


segnalato da Manlio

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