torna al menu |
|
Rassegna stampa - domenica 1 settembre 1991 |
ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001 |
Pubblicato su
Max - 01/09/1991
Claudio Baglioni
di Massimo Poggini
Vent'anni di dischi, concerti, album di successo, qualcuno cominciava a credere che la stella di Claudio Baglioni si stesse ormai appannando. Ma il cantautore romano con i suoi più recenti concerti ha dimostrato di essere più che mai nel cuore del pubblico. Dopo il trionfo del Flaminio, si accinge a portare in giro per l'Italia la sua "città della musica". In questa intervista esclusiva per Max spiega come è riuscito a mantenere intatto il suo entusiasmo, come difende la sua privacy e come ha riscoperto il piacere della stanchezza
A chi era disposto a scommettere sull'irreversibile declino della sua popolarità Claudio Baglioni ha risposto in maniera inequivocabile, con i fatti: chi era presente (o ha assistito in Tv) al concerto tenuto allo stadio Flaminio di Roma lo scorso luglio può considerarsi testimone oculare. E il responso finale riconferma Baglioni re. Questo in attesa che il suo popolo gli tributi altri onori a partire da metà ottobre quando inizierà una lunga tournée molto particolare: si sposterà infatti di città in città con al seguito una grande tenso-struttura da 6.000 posti utilizzabili sia di giorno come "luogo aperto" (per mostre, tavole rotonde, stand di vario tipo), sia di sera.
"L'idea" spiega Baglioni "l'ho maturata in questi ultimi mesi, periodo durante il quale ho riscoperto un entusiasmo quasi adolescenziale nel fare musica. Ed ecco spiegato anche il perché dei miei ormai famosi blitz a sorpresa in alcune discoteche e quell'esibizione a bordo di un camion per le vie di Roma: non li ho fatti per stupire a ogni costo, come ha scritto qualcuno, ma perché avevo voglia di tornare in mezzo alla gente senza che il mio nome fosse troppo strombazzato. In un certo senso è stato come ricominciare da zero".
E cosa hai provato?
"Un piacere immenso. In certi momenti addirittura brividi. Ma è stato anche molto divertente: leggere così da vicino lo stupore sulle facce della gente era una sensazione che non avvertivo da anni. Nei concerti che si svolgono negli stadi c'è tutto un rituale che per certi versi è bellissimo, ma per altri è ormai troppo artefatto, destituito di verità. E io avevo una gran voglia: di tornare a guardare in faccia il mio pubblico".
Quanto pensi di essere cambiato in questi ultimi anni.
"Sicuramente in me sono avvenuti molti cambiamenti, ma credo che possa rendersene conto in maniera più obiettiva chi mi osserva dall'esterno. Io so di essere cresciuto, anche se le cose fondamentali in cui credo sono sempre le stesse".
Cioè?
"L'onestà, la sincerità. Fare questo mestiere con entusiasmo. Dare al pubblico tutto ciò di cui sono capace.
Avrai anche qualche difetto...
"Certo. Per esempio, mi metto continuamente in discussione e questo mi impedisce di prendere decisioni rapide. Oppure vorrei che tutto di me fosse così limpido e leggibile che mi dilungo in spiegazioni e chiarimenti magari non richiesti".
Infatti alcuni ti giudicano piuttosto ieratico e persino messianico...
"Pensa che in realtà ciò che mi terrorizza di più è diventare un monumento vivente... Probabilmente questi elementi sono presenti qui e là nella mia vita. Però non sono certo gli elementi dominanti. Semmai emergono quando sono a disagio e imbarazzato. Sono insomma una forma di autodifesa".
Comunque è vero che la sintesi non è un tuo pregio: quando parli o scrivi canzoni usi sempre un profluvio di parole. Hai forse paura di essere frainteso?
"Le parole sono pericolose. E' difficile farne un uso buono e conciso. Spesso mi rendo conto di usarne molte di più di quel che vorrei. Però voglio distinguere tra le parole di un discorso e quelle di una canzone: queste ultime infatti hanno una valenza anche e soprattutto come suono. Per esempio, quando ho pubblicato il mio ultimo disco, Oltre, c'è stato chi mi ha accusato di aver esagerato a voler incidere un doppio album contenente 20 canzoni infarcite di tanta musica, tanti suoni, tante parole. Ma per me quella era già un'operazione di sintesi, se consideri che sono rimasto fermo per cinque anni: quindi avevo tantissime cose da dire e volevo dirle tutte".
Che giudizio dai, a quasi un anno dalla sua pubblicazione, di quell'album?
"Per me era e rimane un bel disco. La cosa che più mi dispiace è che alcuni critici ne abbiano parlato male più per partito preso che per intima convinzione. Ma io credo che, quando qualcuno mette troppa acredine nelle cose che scrive, la sua cattiveria diventi poco credibile. Del resto è significativo il fatto che oggi, appunto a quasi un anno di distanza dalla sua pubblicazione, una parte del pubblico stia riscoprendo quel disco: forse non è poi così brutto come qualcuno ha detto. Anzi, io sono convinto che sia la cosa migliore che ho fatto in oltre 20 anni di carriera e forse il tempo mi darà ragione".
La gestazione di Oltre è stata molto tribolata, e tutti ne hanno individuato il motivo nel famoso concerto a favore di Amnesty International svoltosi a Torino: in quell'occasione fosti pesantemente fischiato dal pubblico. Col tempo sei riuscito a superare lo choc rimediato in quell'infausta serata?
"Quella di Torino è stata un'esperienza per me ancora oggi difficile da decifrare. E' vero, per alcuni mesi sono andato in crisi profonda, ma non tanto per i fischi ricevuti, quanto perché successivamente mi resi conto che in fondo a contestarmi era stata solo una piccola parte del pubblico. Gli altri, quelli che volevano applaudirmi, furono messi a tacere con una certa violenza psicologica. E la mia crisi è derivata dal fatto che io non sono stato capace né di rappresentarli né di difenderli. Mi sono sentito impotente".
Però sembra che tanto soffrire, almeno fisicamente, ti abbia fatto bene: sembri più giovane...
"Un piccolo segreto in effetti c'è: in questi ultimi anni ho riscoperto la fisicità del mio vivere e mi sono impegnato in una serie di cose che non implicavano l'uso del pensiero. Ho fatto molto sport, nuoto, equitazione, frequentato una palestra, ritrovando quel tipo di stanchezza fisica che avevo dimenticato esistesse: dopo una giornata in cui hai esaurito tutte le tue energie, sprofondi nel letto e non hai la benché minima voglia di impegnarti in qualcosa che implichi l'uso dell'intelletto. Così ti rigeneri, ti corrobori sia fisicamente sia mentalmente. E a frequentare una palestra per quattro giorni la settimana per oltre due anni, come ho fatto io, riscopri anche cosa vuol dire essere una persona "normale": lì dentro sei uguale agli altri e almeno per qualche ora riesci a scrollarti di dosso il fatto di essere sempre e comunque Claudio Baglioni, cioè uno che non può andare in tram e fare quello che tutti gli altri fanno normalmente. Un bel giorno ho capito che tutte queste cose mi mancavano, che ne avevo bisogno per riscoprire me stesso e il mondo che mi circonda. Se non lo fai per troppo tempo, rischi di isolarti sempre più e vivere in un mondo irreale".
Negli ultimi anni i settimanali rosa hanno dedicato molto spazio alle tue contrastate vicende sentimentali. Ti ferisce il fatto che estranei si intrufolino nel tuo privato?
"Della mia privacy sono gelosissimo e non amo i pettegolezzi fini a se stessi. Però conosco le regole del gioco e so che essendo un personaggio pubblico sono continuamente nel mirino: ogni mia mossa è spiata, fotografata, raccontata. Forse non è giusto, ma e così... Invece mi piacerebbe che qualcuno fosse in grado di scavare un po' più in profondità. Faccio un esempio: una volta uno che ritenevo un amico mi ha detto: Ma cosa t'importa se una storia finisce, puoi sempre scriverci una bella canzone!". Se devo essere sincero mi ha fatto male, perché è riuscito a banalizzare un concetto che per me è molto importante: le esperienze che vivi, nel bene e nel male, in qualche modo incidono in ciò che fai, e quindi anche nelle canzoni. Però tutto nasce molto in profondità, la realtà è sempre filtrata da agenti difficilissimi da decifrare. Sono attimi, insomma, che, se non riesci a fissarli in quel preciso istante, l'attimo dopo sono già svaniti. E chi sarà mai in grado di dire quanti e quali fattori hanno contribuito alla determinazione di quel momento magico?".
segnalato da Antonio