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Rassegna stampa - venerdì 1 febbraio 1991 |
ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001 |
Pubblicato su
TV Sorrisi & Canzoni - 01/02/1991
Prima di iniziare il tour italiano, Claudio è andato a Tokyo e a Kyoto per presentare l'edizione giapponese dell'ultimo album "Oltre". La scoperta di un piccolo Paese proiettato nel futuro ma fedele alle grandi tradizioni.
Questo piccolo grande Giappone
Al ritorno in Italia l'emozione di ritrovare dopo quasi sei anni il suo pubblico. Un'intesa di sentimenti che si è puntualmente rinnovata
di Gherardo Gentili
La voce di Claudio Baglioni è da ascoltare non solo quando canta, ma anche quando parla. Il tono, l'accento, il calore la dicono lunga sull'interprete. E' la voce di un uomo di 40 anni, di un giovane, di un ragazzo. La voce del suo pubblico. Ora Claudio ha voluto allargare gli orizzonti della sua musica ed è andato in Giappone.
Che cosa sei andato a fare nel Paese del Sol Levante, prima di iniziare il tour italiano?
"A presentare l'edizione giapponese di "Oltre". Un compact-disc. L'album è un po' ridotto: solo 14 brani. Anche la copertina è leggermente cambiata, più informativa, più fotografica rispetto all'originale. Sono rimasti però la grafica e i colori, che i giapponesi sanno apprezzare".
Che cosa ti hanno chiesto nelle interviste?
"Premesso che in Giappone la canzone italiana sembra rimasta agli Anni 60 e agli artisti che allora andavano per la maggiore, ho notato da parte della stampa un interesse sincero per tutto quello che nel mio album era ricerca musicale, apertura verso la musica internazionale. Per esempio li incuriosiva moltissimo che nel disco ci fosse la presenza di grandi musicisti, come Youssou N'Dour e Paco De Lucia".
Le tue impressioni sul Giappone?
"Mi ha colpito l'estrema cortesia della gente. Quel continuo scambio di inchini e di biglietti da visita. Mi hanno detto che in giapponese non esiste la parola no. Si rimedia con un giro di parole. Ma non è formalismo, è gentilezza. In Giappone esistono due culture, una antichissima, l'altra ultra-moderna. Lo scenario è quello di un piccolo Paese (per le dimensioni) proiettato nel futuro, ma con una grande tradizione".
Conclusione?
"Il disco è uscito con buon esito. Ora vorrei tornare in Giappone per continuare su basi sempre più concrete. Magari con una serie di concerti".
Torniamo in Italia. Quali emozioni hai provato, ritrovando il tuo pubblico?
"Le emozioni di uno che torna sul luogo del delitto. Erano quasi sei anni che non suonavo davanti a una grande platea a parte il concerto di Roma l'estate scorsa. Confesso che la mia anima era divisa in due da un lato la smania di riprovare certe sensazioni; dall'altro la paura di non ritrovarle più. Come uno che riveda un luogo dove ha vissuto, dove magari è stato felice, e ora lo delude. Insomma, la paura di "ferire il ricordo"".
E allora?
"E allora, la prima sera sono state antiche e nuove emozioni ad assalirmi. Ma, subito dopo le prime battute, ho scoperto una straordinaria tranquillità, mia e della gente venuta ad ascoltarmi. Tranquillità che non significa tiepidezza, ma coscienza, partecipazione, intesa. Io ho l'abitudine di improvvisare qualcosa di fare qualche variazione. E il pubblico lo avvertiva benissimo e mi seguiva intonato".
Come ha reagito alle canzoni di ieri e a quelle di oggi?
"Come se non fossero né vecchie né nuove. Il concerto si svolge nel presente. La canzone è un'arte povera che si rivolge alle masse. E questa sensazione di attualità serve ad annullare il tempo. Che importa che una canzone abbia 10 o 20 anni o sia stata scritta ieri?".
Ne hanno dette tante sull'album "Oltre". Che cosa la critica non ha capito? E che cosa invece ha capito il pubblico?
"Il pubblico lo ha accettato. ne ho la conferma ai concerti. Nel programma c'è almeno una decina di pezzi dell'album. Quanto ai critici, vorrei che non si adagiassero su certi luoghi comuni. Alcuni di loro si sono ricreduti e me lo hanno dichiarato. Vedere lo spettacolo è servito a capire "Oltre". E' un album dove c'è malinconia, dramma, scherzo, impegno, evasione".
Che cosa ti ha insegnato la travagliata esperienza degli ultimi mesi?
"Mi ha insegnato a voler sempre più bene al mio mestiere. Non nego di aver passato un momento di crisi. Succede di voler mettere tutto in discussione e di essere tentati di lasciare. Ma l'ho superato, e bene. Forse, senza la crisi, non mi sarei concesso certe iniziative. La lunga preparazione dell'unico concerto al Flaminio, l'estate scorsa, le esibizioni a sorpresa nelle discoteche, l'andare con un autocarro nella periferia romana ad affrontare un pubblico estemporaneo. E' stato un bagno di umiltà, un rompere la routine della rockstar. Gesti importanti, non vuoti o gratuiti".
Stai già pensando a un prossimo album?
"Ci sto... pensacchiando. Un tour è sempre stimolante in questo senso. Ci si muove, si conosce gente nuova. Si avvertono colori, profumi, si apprendono storie diverse. Poi viene il momento della riflessione. Da solo, in una stanza, davanti a un muro bianco, si mettono giù le idee. Così nascono le nuove canzoni".
segnalato da Annamaria