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Rassegna stampa - domenica 15 settembre 1985 ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001

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Pubblicato su Radio Corriere TV - 15/09/1985


Clauio Baglioni
Per la prima volta un concerto in diretta TV



di Serena Iannicelli

foto Il guardiano del tempio della musica leggera italiana è davanti a me stanco e col mal di stomaco, un metro e novanta di Claudio Baglioni affondato nella poltrona di un albergo romano, vestito di jeans dalla testa ai piedi, come al solito. Avere un'intervista con Reagan sarebbe stato più facile, ma l'irritazione del "chi si crede d'essere" viene placata dalla visione di questo maxipulcino arruffato. Niente da dire: fa tenerezza. E poi, nel caso si fosse montato un po' la testa, non avrebbe tutti i torti: la crisi del disco non l'ha sfiorato, vende più di ogni altro cantante italiano o straniero, le sue tournée sono trionfali, popolate di folle trepidanti; ha scritto alcune tra le più belle canzoni degli ultimi anni che, vuoi o non vuoi, sono cantate, canticchiate, stonate, da persone di ogni età… Se poi vogliamo andare sul privato è anche ricco, felice e con una vita sentimentale ben ordinata (è sposato con Paola Massari da dodici anni e ha un figlio, Giovanni, di tre).
Certo che è il vate dei "buoni sentimenti", perché non dovrebbe esserlo?
"E dai, con questa storia dei buoni sentimenti... Tra un po' mi metteranno a fare l'angelo in qualche chiesa. Devo ancora conoscere chi scrive una canzone incitando ad ammazzare, rubare o chissà che. Con me l'anima incarognita dei critici si scatena: “menestrello degli adolescenti in amore”, “retorico”, “melenso”, “Baglioni manca d'ironia”... Però come si arrabbiano quegli stessi critici quando gli rubano la macchina! Cosa c'è di strano a sperare in un mondo senza violenza, aggressioni, senza chi ti passa davanti nelle file? Sinceramente non credo di essere la persona cristallina e semplice che tutti pensano, anzi. Ho depressioni, paranoie, nervi che saltano, anche una parte di “cattivi sentimenti”. Cerco di raccontare le cose che ritengo più utili: esperienze, ricordi, speranze, emozioni. Fare un'analisi del perché le racconto con certe parole invece di altre diventa roba da psicanalisi, e comunque un rito da consumarsi in privato. Odio tutte le persone che sbrodolano i loro personalissimi fatti davanti alle folle".
Con l'ambiente musicale non sei mai stato troppo tenero: cosa pensi dei tuoi colleghi?
"Vedi che continui a stupirti del fatto che qualche volta io non sia “buono”? Perché dire comunque bene di un ambiente dove tutto sembra organizzato e che invece è una specie di armata Brancaleone?".
Se tu dovessi parlare di Claudio. Baglioni...
"Non ne darei definizioni: farlo è un delitto, una cosa piccolina ed inutile. Però direi che è uno che cerca di non imitare se stesso per tutta la vita".
Cosa leggi, cosa ascolti?
"Tutto e in modo caotico. La mia cultura è un minestrone. Non ho e non ho avuto miti di nessun genere. Sono stato affascinato da Cesare Pavese, Thomas Eliot, dalla “beat generation” (ma quando la moda, per i miei colleghi, era già passata…). Leggo molto, prendo cotte per alcuni scrittori, ma non sono mai determinanti. Quando ascoltavo musica era lo stesso: passavo tranquillamente da Rita Pavone ai Beatles".
Come "quando ascoltavo...".
"Non ho neppure il giradischi. Dev'essere una forma di pudore. La mia vita non è solo musica".
E il futuro?
"Cerco di restare attaccato al presente, perché non capisco bene dove vogliamo arrivare".
Però hai un figlio, un futuro tangibile.
"Infatti è una contraddizione che vivo: un bambino ti costringe a confrontarti con il domani, ti mette in comunicazione con un “dopo”… Io che ero portato a consolarmi con i ricordi, a fare l'apologia, ho dovuto aprire gli occhi per forza… Ma non vorrei parlare di questo: c'è un ellepì che si chiama La vita è adesso e il titolo continua con Il sogno è sempre. Ecco: il mio futuro è un'attesa di sogni grandi e in questo senso credo che vada vissuto. E' un cielo enorme dove disegnare la fantasia... Non propongo “evasione”, semmai la ricerca dell'Utopia, Grande Assente di questi ultimi anni. Il presente, invece, è il momento della grinta, è il non rimandare a domani il proprio riscatto, il cercare soluzioni (e non compromessi) che siano intense, importanti".
Quanto pensi di poterti ancora difendere dai computers?
"E' una battaglia che ho già perso: ne ho comprati tre e pensavo che questo bastasse per diventarne il padrone... Non sono neppure riuscito a montarli, mi sono intrecciato con i cavi. Credo che presto l'umanità si dividerà in due categorie: quelli che sono in grado di usarli e quelli che no... Noi della seconda dobbiamo cercare di organizzare la nostra vita di “diversi” trovando mestieri adatti: giardiniere, posta, pittore...".
La tournée termina allo Stadio Flaminio di Roma: cosa pensi di fare dopo?
"Si dice sempre: “Me ne vado in vacanza”, ma non succede mai. Questo lavoro è diventato complicato, bisogna riscoprirlo come un fatto più artigianale che artistico, dove non ci si può limitare a scrivere canzoni e a cantarle... C'è tutta un'organizzazione da seguire. E poi ho in mente di fare qualcosa che non abbia bisogno di un disco: la commedia musicale è il mio pallino da sempre (anche Questo piccolo grande amore era un teatro cantato). Vorrei scrivere anche qualcosa che non abbia addirittura bisogno di musica... Devo trovare nuovi stimoli, sennò la mia vita diventa una sfida inesorabile: la prossima tournée dovrei cercare di avere ancora più successo, naturale, ma allora una sola persona in meno ad un mio concerto lo trasformerebbe automaticamente in un insuccesso... Che inferno!".
Riesci a immaginare una vita diversa, un altro lavoro?
"Volevo fare l'architetto. Mi sarebbe piaciuto fare case dove la gente abitasse comoda e felice... Ma scrivere canzoni somiglia al mio vecchio sogno: in fondo ho scritto della musica dove tanta gente è andata ad abitare con il cuore...".

segnalato da Antonio

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