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Rassegna stampa - sabato 13 luglio 1985 ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001

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Pubblicato su Domenica del Corriere - 13/07/1985

Il fenomeno Baglioni: dischi a ruba, delirio ai concerti.
La vita adesso fa rima con successo.


di Giovanna Pezzuoli

foto Una serata qualunque della sua attuale tournée in uno stadio: tutto esaurito, due ore quasi ininterrotte di canzoni vecchie e nuove, giovanissime in deliquio, urla ("Sei il mio principe azzurro") e giro di pista della folla al grido di "Claudio, Claudio". A tu per tu con l'artista. "Sono più sognatore di prima". "E' meglio fare il cantautore che il poeta, visto che i poeti non vendono; io, in quindici giorni, ho esaurito quattrocentomila copie del mio ultimo Lp".


Trieste, luglio.
Quaranta ragazze svenute a Cagliari, tra una folla di 70.000 persone venute per osannarlo. A Trieste, sotto il monumentale palco di 50 metri per 25, giovani fan col volto rigato di lacrime. Tutta la provincia è in subbuglio per i suoi concerti: città intasate, traffico deviato a Treviso, Vicenza, Novara...
Quando Claudio Baglioni, rinnovato idolo dell'estate canora italiana, menestrello raffinato da due anni di silenzio, compare sulla scena è subito un boato. Stazza d'atleta, ma un po' smagrito, capelli tagliati, sempre senza una ciocca fuori posto, il trentaquattrenne cantautore romano di Centocelle sembra tener desta la leggenda del divo incantatore di stadi. Eccolo, e in un attimo si levano tutti in piedi, migliaia di braccia ondeggiano, si illuminano dei rituali accendini. Le transenne contengono a fatica la piazza traboccante di teen-ager dai capelli arruffati, arrivati in massa su motorini smarmittanti: le ovazioni crescono, gli applausi diventano fragorosi alle prime note dell'ormai intramontabile Questo piccolo grande amore, che qualcuno, col gusto dell'iperbole, ha definito "la canzone del secolo".
Ma Claudio non si scompone, si muove disinvolto tra il piano e la chitarra elettrica, ringrazia, spreca due parole per introdurre le canzoni del suo ultimo Lp La vita è adesso (400.000 copie vendute in 15 giorni, un successo mai visto, dicono alla CBS, la sua casa discografica). La sua immagine è rassicurante, armoniosa, solo un braccio si muove un po' freneticamente per segnare il tempo di melodie più vivaci e grintose del passato, che parlano di "disperati di ogni razza, ragazzi innamorati, uomini sperduti, tutti colti come in un'istantanea".
Tra il pubblico, qualche giovanissima va in deliquio: "Sei il mio principe azzurro" grida estasiata e alla fine, dopo due ore quasi ininterrotte di brani vecchi e nuovi (da Poster a Andiamo a casa), è il trionfo: un giro di pista con le braccia protese verso il cielo, al grido scrosciante di "Claudio, Claudio".
Gli esordi della maxitournée estiva di Baglioni si sono rivelati superiori alle aspettative: sembrano destinati a rinnovare i fasti dell'82, quando il primo grande tour del cantautore (reduce dal successo di Strada facendo) coinvolse in tutta la penisola oltre un milione di persone. Con ben 60 tappe, tre mesi su e giù per l'Italia, dal 22 luglio fino al 15 settembre, il fascinoso Claudio sarà certamente la colonna sonora della nostra estate musicale: fino a oggi prevendite massicce di biglietti (costano 15 mila lire) assicurano il "tutto esaurito" nelle piazze e negli stadi comunali, affollati da un pubblico eterogeneo di credo e di età (si va dai 15 ai 40 anni, con qualche incursione anche fra i settantenni, sottolineano gli organizzatori).
Subito dopo Milano, Baglioni canterà nello stadio di Firenze (il 4 luglio), poi a Benevento il 7, a Livorno il 9, a Napoli l'11 a Catanzaro il 13 e così via dalla Sicilia alla Versilia, in un viaggio fagocitante e impegnativo, organizzato nei minimi dettagli da una mastodontica macchina spettacolare. L'impianto tecnico che l'accompagna potrebbe far invidia a molti colleghi anglosassoni: tre Tir per trasportare le amplificazioni e tre gruppi elettrogeni con una potenza complessiva superiore ai 60.000 Watt, 4 camion per i palchi illuminati da 700 punti luce, 4 camper per i tecnici, 80 persone al seguito.
Sarà avvicinabile il "quasi divino" Claudio, sfondando il muro apparentemente impenetrabile della sua scorta e dei suoi occhiali neri? Attimi di suspense: si concede, non si concede. E' stanco per il concerto della sera precedente, preoccupato per un'improvvisa raucedine. Sta facendo le inalazioni. Poi, finalmente, eccolo fra di noi. Abbronzato, impeccabile nella sua giacca bluette sopra i jeans e le scarpe da tennis, a distanza ravvicinata sembra persino più giovane e seducente che sul palco. Si è tolto anche gli occhiali.
E vero che non ami le interviste?
"Non direi, credo che l'intervista sia un modo di presentarsi e quindi bisogna avere qualcosa da dire. A volte non mi va di raccontarmi".
Per questo stai zitto anche musicalmente per lunghi periodi?
"Pur facendo questo mestiere da almeno sedici anni, non mi sono ancora abituato ai suoi ritmi. Le mie lunghe pause sono dovute a ripensamenti, dubbi, anche pigrizia. Certo mi piacerebbe fare dischi più spesso. Star fuori non è facile, ogni volta sembra di dover "partorire"".
Com'è cambiata negli anni la tua personalità di autore?
"La capoccia è sempre quella, ma credo di avere raggiunto un uso più cercato (non più ricercato) della lingua italiana, riuscendo a piegarla meglio al fraseggio musicale".
Ti sei soltanto tagliato i capelli o sei anche cambiato dentro?
"Sono più incantato e più sognatore di prima. Credo in una nuova forma di fantasia e di immaginazione".
Ti senti un poeta?
"E' meglio fare il cantautore che il poeta, visto che i poeti non vendono. Con un pelino di immodestia credo di essere arrivato a una forma poetica nella canzone. Qualcuno ha detto che i testi del mio ultimo Lp si possono anche leggere senza musica".
Come mai sei tanto amato dalle ragazzine?
"Per forza, i concerti di piazza attirano un pubblico più scalmanato e sportivo. Ma non c'è mai stato un rapporto "isterico" con loro. Sarei un illuso e un pazzo se pretendessi di interpretare il mondo giovanile. Pochi sanno attraversarlo con lucidità. Anzi direi che dalle mie prime tematiche sulle "cotte" da ragazzini sono passato a un discorso più allargato, collegando diverse generazioni".
Il tuo rapporto col pubblico nei grandi spazi?
"E' un'esperienza travolgente, c'è l'abolizione della barriera impalpabile tra protagonista e fruitori. E solleticante e anche rischioso questo viaggio musicale, dove devi essere sempre al massimo, come se fosse la prima volta. Ieri per esempio ho preso una bronchite fulminante e mica posso spiegarglielo al pubblico!".
Questa tournée ti sembra diversa da quella dell'82?
"E' presto per dirlo, ma mi sembra uno spettacolo più maturo, meno chiassoso, tecnicamente più complesso. Spero tanto di ritrovare quella sensazione incredibile di scambio di energie e cortesie fra palco e pubblico".
Tua moglie Paola ti accompagna sempre?
"E' la mia prima interlocutrice e collaboratrice. Certo che da quando è nato Giovanni, ha le mani un po' legate".
Che cosa ti piace di più nella vita?
"La cioccolata, poi stare con gli amici, una cosa che accade sempre più raramente, con i miei cani…".
Assomigli al personaggio semplice e sognatore delle tue canzoni?
"I personaggi delle mie canzoni sono tanti. E poi basta con questa storia della semplicità. Io sono complicato, ma sintetico, soltanto per questo sembro semplice".
Il momento più bello della tua carriera?
"Quando è arrivato il primo grosso successo, proprio nel momento in cui non me lo aspettavo più e avevo fatto con rabbia l'album di Questo piccolo grande amore. Ricordo che passeggiavo per le strade e mi dicevo: forse dietro quelle finestre c'è qualcuno che mi conosce. Una sorta di fierezza. Una sensazione che poi si perde per strada. Il successo è una brutta bestia, vivaddio che esiste".
Che cosa ti fa ridere?
"Mio figlio che ormai parla quasi come un adulto".
Gli hai dedicato una canzone Avrai, proprio come Stevie Wonder a suo figlio.
"Lungi da me ogni intenzione di trasformare questa nascita in un evento nazionale... era solo un personalissimo inno alla speranza".
Cosa ti fa arrabbiare?
"La superficialità, la rassegnazione, che sfocia nel cinismo".
Credi in Dio?
"Sì, infatti ho fatto un disco inzuppato di religiosità".
Al bar da solo senza le guardie del corpo ci vai mai?
"Questo è il prezzo da pagare; le canzoni diventano una forma di compensazione a quello che non si riesce più a fare. Durante le tournée mi è difficile andare in giro da solo, ma di solito non è così".
Insomma quanto sono importanti le canzoni nella tua vita?
"Ho una sorta di pudore nei confronti del mio mestiere, un'arte spesso penalizzata. Credo che si dovrebbero scrivere canzoni con correttezza".




Perchè questi menestrelli continuano a sedurre
di Ivan Lantos

"Se mi sento un poeta? Beh, è quello che vorrei essere. Non mi piace dirmelo da solo, per un normale pudore, ma se me lo dicono gli altri mi fa molto piacere". Chi parla è Claudio Baglioni e il titolo di poeta, all'uscita del suo recentissimo Lp (La vita è adesso), gliel'hanno attribuito molti: numerosi critici e la stragrande maggioranza degli adolescenti.
Si tratta di un alloro meritato? La questione non si limita a Baglioni, si dilata a tutta la produzione dei testi per canzoni, da Tenco a Dalla, da Paolo Conte a Venditti e Mimmo Locasciulli.
Possono i loro versi suscitare emozioni estetiche simili a quelle che, secondo la critica paludata, sono monopolio dei Petrarca, dei Leopardi e, magari in sottordine, dei Gozzano e degli Stecchetti, che, comunque, i giovanissimi certamente non leggono?
Secondo Pier Vittorio Tondelli, scrittore, che nel suo recente romanzo Rimini si è riferito ampiamente alla cultura rock, "il bisogno di poesia, bisogno assolutamente struggente negli anni della prima giovinezza, è stato soddisfatto per intere generazioni dalle parole delle canzoni".
Maurizio Cucchi, giovane poeta milanese, replica: "Tondelli si sbaglia. I valori dei testi delle canzoni, dal punto di vista dell'elaborazione letteraria, sono molto bassi. Le canzoni possono dare emozioni soltanto in quanto canzoni. C'è uno specifico della canzone che non può essere sezionato e si tratta proprio del legame tra un testo letterario elementare e un testo musicale. La poesia vera è fatta per essere letta, i testi delle canzoni hanno un'altra destinazione".
Raffaele Crovi, scrittore, poeta ed editore, è meno categorico. "In questi ultimi vent'anni" dice Crovi "le canzoni hanno fornito ai giovani modelli di comportamento e di comunicazione molto più dei testi letterari. Certamente in Italia non abbiamo avuto un Prévert o un Brel, e in generale i versi delle canzoni non possono aspirare a entrare nelle antologie, anche se, nel caso di Guccini, di Conte o della coppia Roversi-Dalla, si colpisce il bersaglio della qualità letteraria. Per i giovani il rapporto emotivo esiste e la prova è proprio che le metafore linguistiche che i giovani utilizzano nella loro convivenza sono spesso ricavate dai testi delle canzoni".




La sua stella ha cominciato a brillare molto presto: Claudio Baglioni è uno di quei cantautori precoci, affacciatisi alla ribalta intorno ai vent'anni e subito con buonissimi risultati.
Già nel 1970 si presenta al pubblico, appena ventunenne, con un brano delicato e malinconico Signora Lia, rimasto uno dei suoi classici: è l'inizio di una carriera folgorante. Baglioni si conquista fama e sostenitori poco alla volta, distinguendosi, in un periodo affollato da colleghi che si occupano di temi politici e sociali, con i suoi messaggi disimpegnati, discreti, tutti acqua e sapone.
Aiutato dal viso pulito, dall'espressione candida, di quelle che ogni madre potrebbe sognare per il compagno della propria figlia, Baglioni accede ai vertici delle hit parade nel 1972 con un brano, Questo piccolo grande amore, che dodici anni più tardi verrà insignito del premio come "migliore canzone del secolo".
Da allora Baglioni è fisso nell'olimpo dei best-seller, acclamato da schiere di giovanissimi, soprattutto di sesso femminile, e praticamente ignorato o accolto con tiepida partecipazione dagli adulti: con dieci album, l'ultimo dei quali La vita e' adesso, appena pubblicato, si avvia a diventare il disco più venduto in Italia del 1985, Claudio Baglioni ha testimoniato del rinnovamento della tradizione melodica nostrana, ha nobilitato la canzonetta leggera, ma senza troppo allontanarsi dai gusti di massa.
Brani come E tu..., Sabato pomeriggio, Strada facendo, Avrai sono ormai specie di inni per i teen-ager, atmosfere terse e mansuete come il suo interprete. Baglioni soprattutto ha sempre badato a non inflazionarsi, a misurare i silenzi e le grandi tournée, fidando sulla memoria e sull'affetto del pubblico. Finora gli è andata bene. Segno che gli strumenti della semplicità, della concordia, della normalità sono ancora quelli più efficaci e convincenti.

Enzo Gentile





segnalato da Antonio

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