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Rassegna stampa - venerd́ 6 aprile 1984 |
ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001 |
Pubblicato su
Il Messaggero - 06/04/1984
www.ilmessaggero.it/
Oggi il disco è un avvio, la personalità non conta
di Claudio Baglioni
Finivo l'articolo l'altra volta dicendo di me, bambino di Roma cit-tà nei giorni in cui si trebbiava il grano dai parenti dell'Umbria, e di quando, finita la fatica e la cena, mio zio si arrotolava la siga-retta e le donne parlavano, facendo la maglia. Gli uomini due con-tro due, giocavano a morra. Con una mano "tiravano giù" i nume-ri, con l'altra contavano i punti.
Io, un po' di nascosto, aprivo la porta del granaio e dei primi mi-steri e, levate le scarpe, mi piaceva scalare quella montagna di grano. Più tardi, invece, con una frase da rotocalco, scalare il suc-cesso.
Gli inizi son spesso storia comune. C'è chi ha sempre cantato fin dentro la culla, chi invece per caso è stato notato mentre stava suonando in casa di amici. Chi ha il padre pianista e la mamma soprano per cui viene fuori che è già un figlio d'arte, chi è tanto bellina, va a danza, ha dieci anni e si trucca da trenta e poi canta uguale alla Liza Minnelli. Chi insegue un suo sogno e vuole arri-vare.
Partecipai, una gara privata fra me e un ragazzetto mio amico del piano di sotto di Via dei Noci 46, a un festivalino, cantando "Ogni volta" imparata dal disco e mancando per poco un microfono d'oro assai micro (lo vinsi testardo però l'anno poi) offerto dal negozio di orefici Famiglia De Caro. Al centro della giuria, dietro un tavolo lungo marrone, c'era un pallido maestro di musica che sa-rebbe poi stato il mio primo insegnante. Sotto i suoi occhiali spessi e due occhietti a capocchia di spillo (pensai che era meglio fare il cantante ché a studiare sui libri si finisce così) e un odore tombale di fiori, che sua madre cambiava ogni giorno, passò quasi un anno di solfeggio e spartiti delle canzoni più in voga.
Dopo l'inizio le strade erano tante, popolate di scuole di canto, di spettacoli nelle borgate, di persone che, dicevano, sono importanti, e basta una loro parola, di mamme e cantanti figlie con le valigie, di complessini e cantine per provare la sera, di provini col "nome, cognome, indirizzo e titolo del brano che esegue, poi fra sei mesi le faremo sapere qualcosa", di speranze e disillusioni, di piccole truffe e di sale d'aspetto e di batticuore. Questo e altro per incidere un disco, cantarlo alla radio ed avere successo. Il sospirato e benedettissimo disco come punto d'arrivo. Oggi invece, viene considerato come punto d'avvio, di partenza. Lei canta? Benissimo sotto coi dischi che al dopo ci si penserà dopo. E se andrà tutto bene le costruiremo la personalità più adatta al suo personaggio. Tanto, come si sente ormai dire da mattina a sera, basta essere "professionisti". Se non funziona così, funzionerà cosà. Basta applicarsi e tutto riesce. E' solo il professionismo che conta, non più l'intuizione, il ricordo, la capacità di stupirsi e commuoversi di fronte alla vita, il rispondere a quel calore di dentro che ti sveglia certe mattine e ti sembra di amare tutti quelli del mondo.
L'unica volta che feci il "professionista" e il "professionale" e portai, diligentemente, una fattura di vestiti di scena per poterla detrarre dalle tasse, l'addetto all'ufficio esclamò stupefatto: "non posso considerarla! Qui ci sono semplicemente una camicia e un paio di pantaloni" e io, di rimando: "Per caso lei pensa ch'io canti vestito con le banane come Josephine Baker?!".
segnalato da Cristiana