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Rassegna stampa - venerd́ 9 marzo 1984 |
ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001 |
Pubblicato su
Il Messaggero - 09/03/1984
www.ilmessaggero.it/
Alla ricerca del look
di Claudio Baglioni
Quando, era il '69, sorridendo di rito al fotografo, firmai il primo contratto per fare dei dischi (verdino e scritto piccolo piccolo che non lo lessi per niente) ci fu uno che disse: "Domani la vorremmo portare a comprarsi vestiti più adatti a un ragazzo che canta". E così, il giorno dopo, nel negozio più caro di Roma, con i soldi in anticipo da scalare sui primi guadagni, m'incartarono una giacca un po' corta, a quadrucci, panna e prugna, "spezzata" con pantaloni vinaccia, ma che sotto la luce della boutique erano proprio, lo giurò il commesso e la discografica che li aveva scelti, dello stessissimo colore prugna della giacca cortina. Infilato lì dentro, cantai una volta, in tv a Napoli e con un po' di vergogna, finche' una parente stretta riciclò i calzoni e la giacca, e ci fece, non so come, un tailleur. Oggi, che i tempi sono cambiati, questo episodio rientrerebbe nella serie Alla Ricerca Del Look. Questo look, per chi segue di meno, è una specie di nuovo vangelo degli addetti ai lavori. Look è come qualcuno si veste (e spesso, anche come si sveste). Look è come ci si taglia i capelli. E' l'immagine, il modo di fare, il trucco e il travestimento, la maniera per farsi notare più in fretta e per sempre. E si assiste, travolti e smarriti, ai cantanti che cambiano il look di continuo, tanto e' che la gente si chiede se si tratti ancora della stessa persona o se, nel frattempo, per sbaglio, ha cambiato canale; a stornellatori che si atteggiano a punks, a cow-boys, teddy-boys, playboys, piratesse, marziani, guerrieri e beat-zingareschi che si portano la roba da casa per mostrarsi in tv e, con i gesti provati allo specchio, cantare: "tesoro, voglio dirti ti amo". Si vedono cantanti bassini vestiti da alti, attempatelli truccati da zecchino d'oro, belli che diventano brutti, brutti che, con un po' più di fatica, diventano belli, quelli con tanti capelli che se li levano tutti e quelli con pochi che purtroppo ci restano. E giù riunioni su questo problema. Dirigenti che tuonano: trovatemi il look. E s'ingaggiano eserciti di parrucchieri e stilisti, truccatori e art-directors, coreografi e grafici, esperti di marketing. Poi, si studia il cantante, gli si ausculta la schiena, si guarda la lingua e le misure al cavallo. E, come i vecchi dottori di secoli fa intorno al malato, ecco arriva la diagnosi: questo è il look. Una volta, nel 1970 o giù per di lì, venni chiamato a cantare a Bastia Umbra per una sagra della porchetta. Ma non avevo il complesso e nemmeno la voglia. Mio zio, sempre quello, che è umbro anche lui, mi convinse. E, con amici ed amiche trovati all'ultimo istante, ci andai. Per il repertorio (nessuno di noi aveva mai suonato con l'altro ci mettemmo d'accordo in qualche maniera. Ma per la divisa? Finì che salimmo sul palco con la maglietta ufficiale dei festeggiamenti. Un porcellone ridente con un coltellaccio piantato nel mezzo della povera schiena. Fu un look involontario. E in mezzo a cose inventate, a teste pittate, post-atomici in fuga e post-telegrafonici che non hanno capito, a "cosa mi metto?" invece che "cosa canto?", a trucco e trucchetti, a look e lucchetti, la soluzione più buona resta il mama-look. Che non è niente di orientale e di esotico, ma solo il vecchio "come t'ha fatto mammeta!".
segnalato da Cristiana