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Rassegna stampa - domenica 26 dicembre 1982 ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001

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Pubblicato su Famiglia TV - 26/12/1982


Claudio Baglioni
Il racconto della mia vita



di Claudio Baglioni

Il mio pubblico canta con me
3^ puntata


Nella precedente puntata eravamo arrivati all'anno 1975, la data in cui incisi "Sabato pomeriggio" che a distanza di soli dodici mesi da “E tu…” confermò il mio successo presso il grande pubblico, soprattutto quello più giovane. Oltre a "Ninna nanna", di cui vi ho già chiarito i motivi per i quali la ricordo con immutata nostalgia, in questo mio quinto LP c'è un altro pezzo a cui sono sentimentalmente legato per motivi personalissimi. La canzone è "Sisto V" e, in un certo senso, racconta una mia giovanile esperienza nell'ambiente cabarettistico.

I ragazzi del cabaret.
Questa esperienza risale a qualche anno prima e mi vede protagonista insieme ad altri ragazzi, in una compagnia di cabaret, "I Rugantini", dove mettevamo in scena. con molta buona volontà, il nostro modo di vedere la realtà di tutti i giorni. Il posto in cui ci esibivamo era abbastanza lussuoso. Si trovava. anzi si trova, a via Boncompagni e in quell'epoca si chiamava "Sancarlino" (oggi lo stesso posto è diventato uno dei locali alla moda più rinomati del mondo, con il nome di "Jackje'O").
Questi spettacoli non mi vedevano protagonista come attore (ci mancherebbe), ma sempre nei miei soliti panni di musicista. Accompagnavo con la mia voce e la mia chitarra tutto lo spettacolo, cercando di farlo con la massima professionalità. E pur fra tante difficoltà, questa esperienza si rivelò fruttuosa proprio per la serietà con cui tutti noi della compagnia cercavamo di fare la nostra parte.
La mia partecipazione, come detto, era soltanto musicale, ma nello stesso tempo cercavo di intervenire nello spettacolo con molta serenità d'animo, anche se in verità non mi sentivo un vero e proprio cabarettista. Non mi ci sentivo perché l'attore di cabaret è un personaggio a cui piace improvvisare ed io, per natura, non ne sono molto capace.
Non c'era un grande pubblico ad assistere a quelle nostre "performance". Oltretutto era un pubblico cosiddetto "ricco" e più che alle mie canzoni prestava ascolto alle battute dei miei compagni di fatica sperando, ogni volta, di rimanere sorpreso da qualcosa di divertente ed imprevisto.
Queste atmosfere giovanili, questi anni di sperimentazioni, questo linguaggio crudo al punto, talvolta, da sembrare cinico, sono stati i motivi per cui ho scritto "Sisto V" un pezzo che ritengo il frutto di molte mie esperienze.
Forse proprio questo fatto di raccontare cose vere, contribuì in maniera notevole al successo di "Sabato pomeriggio" che per ben 14 settimane fu al primo posto nelle vendite dei 33 (per l'epoca un vero e proprio record). Ma dopo aver consolidato la mia fama, venne ben presto un periodo in cui ricominciai a vedere tutto nero. Molti ritengono che il successo dia soltanto felicità e guadagni: ma non sempre, vi assicuro, è così e ora vi spiego il perché. Dopo aver raggiunto la popolarità, il mio primo obiettivo era quello di non diventare, per nessuna ragione al mondo, un impiegato della canzone. Purtroppo, nel mondo musicale italiano, è difficile sottrarsi alle regole ferree imposte dalle Case discografiche e per questa serie di ragioni mi trovai in una situazione davvero preoccupante.
Avevo ancora voglia di fare musica, ma le esigenze discografiche di un po' tutti gli addetti ai lavori, mi consigliavano di non cambiare stile e di rifare sempre la stessa musica. "Se hai venduto una volta", mi dicevano, "continuerai a vendere anche in futuro". Con queste poche parole, in pratica, mi dicevano di copiarmi anche nei dischi futuri perché questi eventuali rifacimenti, costituivano la garanzia del successo.
E così fra tutti questi santoni mi ritrovai completamente solo a dover decidere del mio futuro perché non avevo nessuna intenzione di fare musica su commissione. In quel periodo (anno 1976) per un momento ebbi la voglia di piantare tutto e di allontanarmi per sempre da giornalisti, fotografi, ambiente musicale e dintorni, per andare lontano da una situazione che non sentivo più congeniale alle mie esigenze. Questa volta, tuttavia, il periodo di crisi si risolse in pochi mesi e improvvisamente mi tornò la voglia di venirne fuori e il desiderio di provare ancora.

Fare da solo.
Ricominciai a lavorare con un pensiero fisso in testa: questa volta voglio fare da solo. Mi assunsi, in parole povere, tutta la responsabilità sulle mie spalle partendo da quella di cantante, per passare a quella di arrangiatore, autore, produttore e infine organizzatore. Da questa mia autosufficienza nacque il titolo del sesto LP: "Solo", che incisi nel '76 e che rappresentò una mia piccola vittoria nei confronti di molta gente.
Vi sembrerò strano ma "Solo" é il disco dove parlo meno di me rispetto a tutti gli altri. Ci sono, infatti, soltanto tre canzoni vissute in prima persona mentre per il resto continuo, in parte, la linea cominciata con "Sabato pomeriggio". In questo disco, descrivo molti personaggi diversi tra loro sia come cultura e sia come collocazione ideologica: c'è, per esempio, un tassista di Rio, c'è Gagarin, c'è un'operaia fuori dalla fabbrica. Tutti questi personaggi erano accomunati da un unico comune denominatore: la solitudine.

Viaggio in Sudamerica.
Solitudini diverse, se vogliamo, ma ognuna con un fondo vero di tristezza. La molla determinante nella costruzione di questo mio sesto 33 giri mi fu data da un viaggio che feci in Sudamerica dove visitai molti Paesi, soprattutto Brasile e Perù. E in questi Paesi mi resi conto che c'era un modo diverso di intendere la musica rispetto a quello che io avevo ritenuto giusto, fino ad allora.
In Brasile, un Paese stupendo dove c'è della gente meravigliosa, venni a contatto con un tipo di pubblico completamente diverso da quello cui ero abituato. Non c'è separazione tra pubblico e musicista sul palco. In Brasile fare musica è partecipazione collettiva di tutti, dal protagonista all'ultimo spettatore. Per curiosità andai a qualche concerto e mi resi conto personalmente di questo diverso modo di intendere e vivere la filosofia della musica: la gente ballava, batteva i piedi tenendo il tempo, si abbracciava creando un'indimenticabile atmosfera di amore e di musicalità.
Non posso nascondervi che rimasi affascinato da questo nuovo modo di fare musica e da quel momento cercai di proseguire la mia carriera tenendo sempre a mente questa esperienza fantastica. In "Solo" c'è una canzone dedicata ad un personaggio vero che ho conosciuto in Brasile e che potrà chiarirvi il modo di intendere la vita di quella gente.

Il tassista di Rio.
Il pezzo è "Nel sole, nel sale, nel Sud" ed il protagonista è un tassista brasiliano che la mia Casa discografica mi aveva messo a disposizione. Era un uomo di colore, molto scrupoloso sul suo lavoro e pronto a darci le spiegazioni che gli chiedevamo. Era altissimo e non parlava mai di sua spontanea volontà. Un giorno ci fermammo a un ristorante a mangiare e lo invitammo a mangiare con noi. Subito ci rendemmo conto che i camerieri del ristorante gradirono poco questo tassista, perché nero di pelle. Non fecero scenate o altre spacconate, ma più semplicemente lo servirono di malavoglia. Riuscimmo a stento a sopportare questa antipatica situazione e piano piano entrammo in confidenza con il tassista che cominciò a parlarci della sua vita.
Con la stessa indifferenza di cui si parla di una partita di calcio, ci raccontò di una sua figlia tredicenne, morta l'anno prima di meningite, del suo grande dolore e delle difficoltà per continuare a vivere decentemente. Sempre con la stessa tranquillità ci raccontò, poi, della scuola di samba a cui era iscritto, del grande Carnevale brasiliano e dei suoi magnifici costumi, dell'amore per il samba e per tutto quanto è ritmo. L'incontro con questo personaggio fu una vera boccata d'ossigeno per me che mi trovai di fronte ad una mentalità completamente diversa e che mi aiutò a ritrovare gli stimoli per continuare a fare il musicista.
Proprio grazie a queste esperienze in Sudamerica, decisi di fare "Solo" senza l'aiuto di nessuno. Pensate che la RCA non sentì neanche mezza canzone prima che fosse pronto il nastro definitivo e devo dire che, dopo averlo sentito, i discografici non intervennero, lasciando tutto come avevo voluto. E questa, se permettete, fu un'altra piccola vittoria di Claudio Baglioni musicista.

Chiacchiere e fastidio.
Dopo l'esperienza di "Solo" cominciò un periodo pieno di problemi. Con la RCA cominciai a non andare più d'accordo e per motivi che preferisco non ricordare, cambiai etichetta discografica.
Passai alla CBS e devo dire che questo cambio dette voce a molte malelingue nei miei confronti. Alcuni giornali, infatti, lo commentarono come un affare economico sparando cifre assurde per il mio ingaggio. In quel periodo, forse, erano un po' a corto di notizie nei miei confronti e cercarono quindi con le cifre a tanti zeri di interessare il pubblico.
Personalmente, posso dirvi che tutte quelle chiacchiere mi dettero molto fastidio perché da sempre avevo cercato di evitare i pettegolezzi sul mio conto proponendomi di far parlare di me soltanto per i risultati musicali. In quell'occasione, evidentemente non ci riuscii, anche perché le "voci" ben presto fanno il giro d'Italia anche se poi non corrispondono alla realtà.
Ma torniamo a parlare della mia carriera artistica che, credo, sia la parte più interessante della mia vita. Dopo "Solo", rimasi fermo per un paio d'anni e soltanto nel 1978 incisi il mio settimo LP: "E tu come stai" che fu un disco molto importante in tutti i sensi. Importante perché dopo due anni di quasi silenzio mi ripresentavo al pubblico che forse in quel periodo di tempo si era dimenticato, anche se solo momentaneamente, di Claudio Baglioni.

Con rabbia e con amore.
Infatti, in un certo senso, "E tu come stai" fu come incidere nuovamente per la prima volta. Le stesse emozioni, lo stesso arrangiatore (Ruggero Cini), la stessa voglia di conquistare il pubblico, anche quello internazionale se possibile.
"E tu come stai" nacque con rabbia, con sofferenza e con amore. Fu un disco fortemente voluto, come del resto tutti gli altri, dopo due anni di silenzio fatti di tanti dubbi e ripensamenti, di problemi pratici da risolvere, di innumerevoli telefonate di chi voleva sapere quando e come sarebbe uscito il mio nuovo 33 giri.
Proprio per questa confusione che mi circondava decisi di lasciare Roma per qualche tempo per cercare di trovare le motivazioni giuste fuori dall'ambiente di tutti i giorni.
Inizialmente mi trasferii nella campagna toscana, poi andai sulle Dolomiti a rimettere insieme tutti gli spunti che avevo trovato e infine mi trasferii in Francia dove praticamente incisi il disco.

Lo "chateau" d'avanguardia.
In Francia andai nella campagna parigina a "Le chateau di Herouville", una delle migliori sale d'incisione d'Europa. Qui il disco fu fatto materialmente e debbo dire che il luogo contribuì molto alla buona riuscita del prodotto.
Scelsi "Chateau di Herouville" per le sue enormi capacità tecniche, per le sue attrezzature all'avanguardia e per l'estrema disponibilità di tutti quelli che vi incontrai. Soprattutto, Christophe Bonno si dimostrò un grande musicista collaborando fattivamente alla registrazione dei suoni.
Inoltre il posto mi sembrava stupendo. Avevo a disposizione una sala che si affacciava sugli alberti, sul sole, sui campi coltivati che era tanto diverso da quella specie di bunker o rifugio antiaerei cui ero abituato in Italia. Infine, altro elemento da non sottovalutare, il fatto di poter stare lì 24 ore su 24 mi permise di non mollare mai e di collaborare molto positivamente con tutti coloro che partecipavano al lavoro.
Alla fine, il disco che ne venne fuori mi sembra ancora oggi un buon prodotto che non fa uso di astuzie tecniche o altre cose simili per avere presa sul pubblico ma che, nello stesso tempo, rimane vivo ed eccitante proprio per questa sua particolare freschezza e semplicità.
In questo disco c'è un ritorno all'amore, al parlare in prima persona che era stato caratteristico dei miei primi dischi. In "Sabato pomeriggio" e in "Solo" avevo parlato soprattutto degli altri guardandoli e descrivendoli ma, in definitiva, quelle erano cose staccate da me e dalla mia realtà.
Con questo disco, mi sentii per la prima volta maturato sotto il profilo musicale e devo dire che il pubblico capì questo stato di cose, decretandomi nuovamente un notevole successo.

Strada facendo.
Dopo l'esperienza di "E tu come stai" sono rimasto alla finestra per parecchio tempo. Molte furono le ragioni che mi consigliarono di rimanere fermo per qualche anno e devo dire che questo periodo mi è servito molto per riordinare le idee cercando, se possibile, di fare scelte giuste. Questi tre anni li ho passati "strada facendo", vivendo le mie esperienze, la mia filosofia di vita.
E così, in pratica, siamo arrivati alla storia di oggi. Cioè all'anno 1981 che rivede il mio ingresso nell'ambiente musicale appunto con il settimo LP: "Strada facendo".
Con questo album torno alla formula del "disco concept", formula che credo essere la migliore, la più ispirata in tutti i sensi. Il "33" lo realizzo a Londra con la collaborazione di Geoff Westley e debbo dire che anche questa esperienza londinese è stata molto importante nella costruzione dei pezzi.
Il sottotitolo del disco è "canzoni e una piccola storia che continua" che sta proprio ad indicare quello che cerco di esprimere con le mie canzoni. Fortunatamente ancora una volta il pubblico mi capisce e in breve tempo, decreta un grande successo al mio "Strada facendo".

La più bella canzone.
Proprio nel momento di maggior successo del mio disco, accade un altro fatto importantissimo della mia vita. Mi nasce un figlio, Giovanni, per la gioia mia e di mia moglie Paola Massari. L'arrivo di Giovanni è stata una tappa fondamentale della mia vita. Ho avvertito in grande misura la sensazione di essere diventato padre e devo dire che ho provato una gioia che non avevo avvertito in nessuna circostanza.
Per questo la mia ultimissima fatica discografica è stata un disco dedicato a lui ("Avrai") che ho lanciato l'estate scorsa durante un lungo tour in cui ho toccato gran parte della nostra penisola.
Essere diventato padre, mi ha fatto riscoprire le cose belle della vita e il fatto che dopo tanti anni sia ritornato ad esibirmi su un palcoscenico è dipeso in gran parte da questo. Ho sentito l'esigenza di rituffarmi in mezzo al mio pubblico per regalargli la mia musica, la mia felicità, il mio modo di essere musicista.
E cosi l'estate scorsa, partendo da Genova, ho girovagato per l'Italia con la mia troupe esibendomi negli stadi e nei palazzi dello sport riscoprendo il gusto di stare insieme con la gente, soprattutto quella più giovane che molto numerosa è accorsa ad applaudirmi.
Con questo tour, in pratica, finisce il racconto della mia vita. Come avrete notato, ho preferito raccontarvela attraverso i miei dischi perché credo che nella mia musica ci siano gran parte delle esperienze che ho vissuto, belle e brutte. Ora non mi resta che affrontare il futuro con la consapevolezza dei miei mezzi e con Giovanni accanto in più. In definitiva la mia più bella canzone è stata... proprio mio figlio.

Aleé-oò.
E il futuro, credetemi, mi auguro che sia ricco di esperienze come il passato. A cominciare da subito. Infatti entro poco tempo sarà in vendita il mio nuovo album: "Aleé-oò", un "doppio" che ho registrato l'estate scorsa dal vivo durante il mio tour. Questo disco, in pratica, rappresenta un punto di arrivo e uno di partenza perché insieme con me canta il mio pubblico che, da sempre, mi ha dimostrato un grande affetto.


segnalato da Antonio

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