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Rassegna stampa - venerd́ 1 gennaio 1982 |
ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001 |
Pubblicato su
L'Espresso - 01/01/1982
www.espressoedit.it
Le confessioni di Claudio Baglioni al termine della sua acclamatissima tournée invernale
"Ho sempre paura di deludere il mio pubblico"
di Massimo Rossi
"Quando compongo una canzone", dice il cantautore, "non sono mai soddisfatto. La scrivo e la riscrivo decine di volte prima di inciderla. Anche quando mi esibisco dal vivo, soffro terribilmente: gli applausi degli ammiratori mi mettono in imbarazzo"
Roma, gennaio
Ai tempi della scuola, i suoi amici lo chiamavano "Agonia". Figlio di un carabiniere, era un ragazzo timido, introverso, che portava occhiali con lenti affumicate. Oggi, Claudio Baglioni, romano, trentuno anni, è un cantautore tra i più apprezzati. Ha iniziato a strimpellare la chitarra per vincere la sua timidezza: "È stato un mezzo per entrare in contatto con altri ragazzi, per farmi accettare e comunicare." Allora aveva 14 anni e negli anni successivi ha messo su complessini dal nome "I Beatles n.2" e "Le nuove immagini". Nel 1969, Claudio ha esordito al Festival degli Sconosciuti di Ariccia: si è classificato terzo, mentre al primo posto si piazzava un altro cantautore romano, Stefano Rosso. La prima canzone che gli ha dato una certa popolarità è "Signora Lia", sempre del 1969. Il successo grosso è arrivato come un fulmine nel 1972 con "Questo piccolo grande amore", canzone che ha dato il titolo al suo secondo LP. L'anno dopo, Claudio si è sposato con Paola Massari, che oggi ha 26 anni. Sette mesi fa, verso la fine del giugno '81, dopo due anni e mezzo di silenzio, Claudio ha pubblicato il suo ottavo LP "Strada facendo" che da circa trenta settimane è in classifica (anche se ultimamente non è più ai primi posti). Nel dicembre scorso, dopo tre anni di assenza dai palcoscenici, è partito per una tournèe italiana, durata un mese. L'inizio di questo "tour" è stato l'occasione per ricevere il disco d'oro per aver venduto mezzo milione di copie di "Strada facendo" e il premio dell'Associazione Critici Discografici come miglior cantautore per il 1981.
Claudio, come mai hai fatto un "tour" così posticipato rispetto all'uscita dell'LP?
"Me lo sono chiesto proprio durante la prima serata. Generalmente si fa il disco e immediatamente dopo la tournèe. A parte problemi di natura personale, il motivo principale per cui non ho fatto prima il tour è un problema annoso: in Italia mancano i locali per fare musica. L'idea di una tournèe era nell'aria da tanto e sapevo che prima o poi l'avrei fatta. E si è concretizzata solo un mese prima di iniziarla".
Se fare questo tour è stato laborioso, incidere il tuo LP a Londra mi sembra sia stato ancora più complesso. Perché?
"Non è stato facile perché è stata una lavorazione abbastanza sofferta. Ho sofferto di una crisi di abbondanza. Infatti sono partito cercando di non pensare a un solo disco. Perciò sono stato portato a scrivere moltissimo, più di tutte le altre volte. Questo mi ha liberato da una parte, ma dall'altra mi ha fatto trovare con tre o quattro ore di musica e una valanga di appunti, ricordi, impressioni. Non è stato facile, poi, scegliere".
In questo tuo album c'è una canzone intitolata "I vecchi". E forse perché il 1982 è l'anno dedicato agli anziani?
"Sono in genere incapace di spiegare le mie canzoni. Ho sempre cercato di fare canzoni che si spiegassero da sole. "I vecchi" mi è costata due anni di ripensamenti prima di decidermi a metterla giù. Mi è venuto in mente di scrivere una canzone sugli anziani quando li ho scoperti un bel giorno girando per le strade. Prima non li vedevo, non aveva mai notato quello che facevano, quello che erano. La canzone è venuta fuori da questa mia scoperta. Con una grande paura, oltre tutto, perché 1' argomento è una specie di campo minato."
In quale senso?
"Perché ne ho sempre sentito parlare con una specie di complesso di colpa. È un argomento quello della "terza età" che probabilmente si affronta con intenzioni positive, però io sento che è un problema difficilmente risolvibile in tempi brevissimi, immediatamente... Ne ho sentito parlare troppe volte con superficialità o con la sicurezza di quelli che hanno capito tutto. Io, su questo tema, non pretendo di aver capito molto. Ho solo cercato di fare una canzone. Non so se servirà, non so se la gente vi si specchierà e se sarà spinta a trovare una maniera per risolvere i problemi degli anziani. Per questo lo ritengo un argomento difficile da trattare".
Perché ti ci è voluto così tanto tempo tra quest'album e il precedente?
"Quando si fa un disco non c'è solo la parte prettamente tecnica, che consiste nella scelta della musica, dei testi, della copertina, ma soprattutto quella creativa. Il disco ha richiesto fatica perché non avevo molta voglia di farlo. Mi sono accorto, negli ultimi tre o quattro mesi di lavorazione, che mi tiravo indietro per non finirlo mai e che avevo paura di questo prodotto che una volta finito non lo puoi più toccare e non sai mai come verranno recepite le cose che tu canti. Rimani lì, sei fregato. Quindi, per questo motivo tiravo a non finire. E ogni giorno, infatti, ricominciavo da capo. Ci sono testi che ho scritto 30 o 40 volte, per poi magari incidere la prima versione. In questo senso per me è faticoso creare un LP. Cantare dal vivo è invece tutta un'altra faccenda. Ti stai bruciando in pochi secondi e di quello che hai fatto non rimarrà mai testimonianza; anche di un tuo possibile errore".
Un disco sofferto, dunque. Il materiale avanzato: musiche, appunti, impressioni, ricordi... andrà a finire in un altro LP?
"Sì, avrei questa intenzione. Però, ci sono già alcune cose che non mi piacciono più. Quindi, prima che cambi idea, dovrei realizzare questo nuovo disco tra due o tre giorni per poter utilizzare tutte le canzoni che sono rimaste nel cassetto".
Cosa ti mette paura nel pubblicare le tue canzoni?
"Ho paura di non rispettare quello che il pubblico si aspetta da me. Di non essere all'altezza. Nella prima serata della mia tournèe, a Torino, cantando le prime due o tre canzoni ero un po' impacciato. Dopo una così lunga assenza dal palcoscenico mi aspettavo infatti una accoglienza un po' più tiepida. In modo che mi scuotessi e mi dicessi: "Adesso devo trascinare tutte queste persone!". Invece, appena salito sul palco è arrivato un enorme urlo, un applauso fragoroso che era superiore al nostro impianto di 22 mila Watt. E questo mi ha fatto sentire in imbarazzo. A quel punto dovevo fare un miracolo, per essere all'altezza della situazione, per non deludere la folla. In questo senso ho paura".
Infatti, quasi dappertutto, Torino, Milano, Bologna, Roma... il pubblico ha reagito con entusiasmo: bastava che Claudio accennasse le prime note di ogni sua canzone, nuova o vecchia, perché la platea attaccasse a cantarla in coro con lui. In questo senso deve essere proprio stato un tour della paura ogni sera. Oppure dei miracoli.
segnalato da Paola