torna al menu
stampa
Rassegna stampa - domenica 3 dicembre 1978 ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001

  <  elenco completo (595)   <  altri articoli con foto (595)
  <  articoli pubblicati su Ciao 2001 (4)   <  altri articoli scritti da Piergiuseppe Caporale (3)

Pubblicato su Ciao 2001 - 03/12/1978


Claudio Baglioni
Intervista e nuovo album



di Piergiuseppe Caporale

foto Sono poche le persone che possono vantare un primato negativo, dal punto di vista delle pubbliche relazioni, all'altezza di Claudio Baglioni. Scontato, isterico, tristissimo... ai tempi del suo primo ellepì; troppo di sinistra quando si azzardava a tentare di parlare di esperienze di borgata (che poi erano le sue); "politicizzazione di comodo, casuale, distratta" nella storia autobiografica di "Questo piccolo grande amore"; "alla Lelouch, formalmente d'avanguardia ma tradizionale nei contenuti", nel migliore dei casi; "musica evasiva, al servizio del sistema, musica reazionaria" da parte di certa stampa e di colleghi avvelenati che le sue vendite superavano sempre le centinaia di migliaia di copie; "schiavo della DC", quando si sparse la voce (del tutto infondata) che aveva partecipato ad una manifestazione organizzata dal partito dello scudo crociato in occasione del referendum sul divorzio... ed abbiamo citato solo le perle che ci venivano in mente.
Ma dov'è che chi guida la pubblica opinione s'è veramente sbizzarrito è nell'ultimo più recente episodio della richiesta da parte di Claudio alla RCA di una congrua liquidazione, contributi previdenziali e pensionistici ecc. Abbiamo veramente visto avventarsi sulla faccenda tutti i cani sciolti in attesa da tempo di dare una leccata al potente ed un calcio nel sedere all'invidiato antagonista. Noi non ci siamo espressi in quell'occasione, riservandoci di trarre le nostre conclusioni a sentenza avvenuta. Era dunque necessario sentire anche, dalla viva voce dell'artista romano, le motivazioni che l'hanno spinto a cercare di rivoluzionare un mondo che da più di qualche lustro si muove sempre sulla stessa falsariga (lo stesso Giuseppe Verdi per poco non moriva in indigenza, malgrado i ben noti trionfi...). La risposta: "Prima di tutto il mio non è stato assolutamente un gesto eroico: la mia è nata innanzitutto come una rivendicazione di tipo privato, fermamente convinto di determinati diritti, di determinate verità. Che poi tutta la faccenda sia stata allargata non so per quali oscuri motivi (probabilmente per far dire alla gente "guarda un po' sto... con tutti quei milioni ne vuole ancora"), è una cosa che riguarda i manipolatori della pubblica opinione. Sono stato costretto, ad un certo punto, malgrado io sia piuttosto restio a trasformarmi in qualcosa di ancora più pubblico di quello che già sono, a chiedere delle smentite a determinate affermazioni che suonavano come se tutto quello che stavo facendo avvilisse il lavoro, i lavoratori dipendenti, la patria ecc. ".
E, ancor prima che Claudio parlasse, si disse che con ogni probabilità avrebbe usato quello che era un semplice artificio per rescindere un contratto senza pagare penali, come un'iniziativa per aiutare le centinaia (e tanti sono) di artisti o presunti tali che tutte le case discografiche tengono in caldo, in lista d'attesa, aspettando di esaurire, di spremere ben bene, il personaggio del momento. "Non voglio fare la parte di quello che dopo aver fatto il gesto si preoccupa anche di giustificarlo; è comunque fuor di dubbio che cose di questo tipo bene o male scatenano tutta una serie di reazioni su di un mondo del quale non si sa mai niente. I cantanti sono quelli che guadagnano un sacco di soldi, che fanno la bella vita, che si mettono in tasca tutte quante le seimila lire dell'ellepì: credo che il pubblico sia sempre convinto, ancor oggi, di tutte queste cose. Un episodio di questo tipo, quindi, può anche far bene, non dico a quelli fortunati od affermati, ma a tante persone che (come me, per esempio) per cinque sei anni stanno dentro ad un bar ad aspettare che qualcuno si degni di ascoltare una nota delle sue canzoni".
Esaurito per il momento l'argomento, passiamo a parlare del nuovo album. Nato in un momento di crisi, dopo un episodio velleitario come quello dell'ellepì precedente ("Solo"), questo lavoro non presenta un Baglioni tradizionale. Pur non dandosi alla musica cosiddetta seria ha semplicemente tentato (e probabilmente c'è riuscito) di fare un prodotto di lusso.
"E tu come stai?" (questo il titolo del disco) è un album soffuso di lirica malinconia. Sei mesi passati a rimuginarci sopra, a limare sempre più perfezionisticamente testi e musiche, un altro paio rinchiuso nella dorata prigione del Chateau d'Heronville (il prestigioso studio di registrazione a trenta chilometri da Parigi, dove ormai lavora tutta la crema del mondo internazionale della canzone), hanno fatto In modo che aumentasse la concentrazione. Ne è così uscito un lavoro che segna una tappa importante per la canzone italiana sia per le musiche che per i testi.
Comunque, a parte le ovvie questioni di moda e di disponibilità, c'è da chiedersi come mai questo ritorno alla Francia per la registrazione, e questa volta senza sponsorizzazioni eclatanti come quella di Vangelis Papatanassiou ("E tu…"). I motivi sono duplici: uno riguarda l'esigenza assoluta, la necessità di cambiare ambiente. Anche se due dischi in quattro anni non sono poi veramente tanti, contribuiscono ad accrescere il senso di delusione, di routine, in tutto quello che ti circonda. Andare a Parigi significava lasciare l'ambiente in cui di solito lavori, lo stesso studio in cui oramai tutti conoscono quello che sai fare (ed anche quello che non sai fare), insomma ricominciare da capo, rifare gli esami. E abbiamo scelto proprio il posto più traumatico, uno studio abituato ad ospitare gente come Elton John, Mc Laughlin, i Bee Gees, David Bowie, insomma praticamente un posto dove sono passate tutte le pop stars degli ultimi anni. E quindi entrare lì con grande timidezza e paura e religiosamente affrontare questi sacerdoti del suono... insomma ricominciare tutto daccapo".
Gli ingredienti? Quasi tutti quelli immaginabili sul panorama musicale di questo momento: dal funky appena accennato, alla ritmica pressante eppure non invadente, fino ad un pianoforte (equamente ripartito fra Steinway e Yamaha) che imprime spesso accenti ancor più languidi, appena un po' decadentistici. Questi colori (chiamiamoli così) sono dati al disco da Ruggero Cini: si tratta, nella scelta, di un ritorno alle origini. Il noto musicista­arrangiatore, infatti, lavorò con Claudio al suo primo album, quello intitolato "Claudio Baglioni" "…che vendette circa milleottocento copie e che è stato bruciato ­ aggiunge Claudio - L'appuntamento è stato voluto, forse perché, secondo me, questa è un'altra prima esperienza. La mia intenzione era sicuramente quella di non fare un disco presuntuoso. Io ho sofferto per alcuni anni del fatto per esempio che il pubblico mi volesse bene e determinati colleghi e certa stampa invece mi desse giù per la mia cosiddetta mancanza d'impegno. Ed allora nasceva in me il conflitto: volevo scrivere in un altro modo, volevo superare le paure, i complessi... in questo disco me ne sono completamente fregato. Mi sono detto: ritorno a scrivere nuove canzoni d'amore (che non facevo più non perché non ci riuscissi, bensì perché molti dicevano che l'amore non esiste, perché era ovvio ecc.). Insomma ho cercato di recuperare tutte le cose che avevo perso: ho fatto tranquillamente un disco di musica leggera ed ho tentato di fare in modo di ottenere un suono, un feeling personale, bello o brutto che sia, senza appoggiarmi a mode, correnti, esterofilie ecc. Ho scritto dei testi come mi sentivo di scrivere e sono andato a ruota libera".
E se "ruota libera" significa la profonda spontaneità di cui è soffuso tutto l'album, il senso quasi di brasiliana saudade (forse un'eredità ritardata del viaggio di due anni fa), significa anche un nuovo modo di cantare, anzi di sfruttare la voce, che in alcuni momenti (per esempio in "Ti amo ancora", secondo chi scrive la più bella canzone dell'album) subisce un andamento che va dall'altissimo al bassissimo passando per tutte le gradazioni sia timbriche che puramente vocali. Ma, con malinconia. Perché? "Non lo so, non so perché il risultato sia questo. Tecnicamente altre volte mi sono ritrovato a prendere delle decisioni: questa volta posso dire che tutto quello che è avvenuto, al novanta per cento è avvenuto spontaneamente. Anche il fatto di iniziare un pezzo funky, con la cassa in quattro e poi dare una frenata ed entrare con l'arpa... viene da solo, spontaneamente. Già in "Solo" c'era in parte questo nuovo modo di realizzare le canzoni (almeno per me), di creare atmosfere contrastanti, agli antipodi, magari addirittura non piacevoli: a volte continuare tutto il pezzo con bum, bum, bum, bum, può essere funzionale. Io d'altronde non devo far ballare nessuno, così come questo disco non può magari essere ascoltato mentre si gioca a carte".
E veniamo quindi all'album. "Con te" è il brano che apre la selezione ed è quello che più si avvicina al classico Baglioni di "Questo piccolo grande amore". Ma già sorprende quella nuova sonorità di cui si è già parlato: una chitarra funky (è l'ottimo Ciccaglioni allo strumento) è la protagonista sopra un tessuto di basso (Fabio Pignatelli) e batteria (M. Suzzi). In teoria un pezzo da ballare so non fosse che il testo descrive sensazioni da inizio di storia d'amore. "Signori si chiude": uno strano impasto fra Steinway e Yamaha fa da sottofondo quasi unico all'argomento. Ci sembra di capire che si tratti di una vicenda fra un lui molto più giovane di lei ("Ti avrei portato con me ­ difeso da chi rideva di noi ­ sarei cresciuto per te ­ lottando con chi non credeva in noi.."). In "Ti amo ancora" invece l'amore è finito da tempo: il tempo base è quasi un bolero, punteggiato da un sapiente gioco di charleston che si incrocia col pianoforte. E' un vero e proprio esempio di virtuosismo vocale, quasi senza supporto musicale.
"Datele un amore felice ­ o infelice... ma che sia amore" è l'inciso di "Giorni di neve": un'adolescente in boccio, con le contraddizioni dell'età, dalla spavalderia della gioventù alla scoperta di possedere un corpo. E sotto un semplice gioco di chitarra e tastiere elettriche, che si apre sempre più, in antitesi con la voce. E poi, ultimo brano della prima facciata, "Loro sono là": si ha immediatamente la sensazione che questa storia sia a parte. L'entrata del piano acustico con sonorità fin de siècle preannuncia una vicenda datata: ed in effetti si tratta di amore in guerra, in una guerra antica, più triste (se possibile) di altre guerre. Oberheim e fisarmoniche forniscono il coro ("...guardateli ­ si cercano ­ si sfiorano ­ si abbracciano ­ sotto un povero cielo...").
"Chi viene a prenderti ­ Chi ti apre lo sportello ­ chi segue ogni tuo passo ­ chi ti telefona... chi scopre le tue spalle ­ chi si stende al tuo fianco ­ chi grida il nome tuo ­ chi ti accarezza stanco": questa disperata domanda è l'argomento di "E tu come stai?" la canzone che dà il titolo all'album, al singolo che uscirà in gennaio prossimo, e che inizia la seconda facciata. A parte i soliti, ottimi inserimenti di pianoforte, dal punto di vista musicale la cosa migliore è il finale, una lunga suite di tastiere elettriche usate come una chitarra. Il ricordo di un ambiente familiare eppur soffuso d'amore è l'argomento di "Un po' di più ". In questo brano il supporto musicale è fornito quasi esclusivamente dalla cassa della batteria e da coretti, voci doppiate, triplicate. Una canzone in punta di voce. "Quando è così" ha il sapore della canzone nightarola: forse a causa dell'ottimo sax di Foffo Bianchi. In compenso ogni tanto arrivano toccatine chitarristiche ed archi alla Bacarach. La vicenda? Anche in questo caso un amore che sta per finire, malgrado tutto. E ancora amore ("ti seguirò ­ se tu lo vuoi ­ dovunque andrai ­ io ci sarò") l'argomento dell'ultimo brano, "Ancora la pioggia cadrà". Oberheim, chitarra synthy, arpe, batteria, basso, tastiere, questi i supporti musicali della vicenda, una specie di "Costruzione" alla Chico Buarque de Hollanda.
Com'è ben facile dedurre da questa rapidissima escursione, l'album è un ritorno al Baglioni classico, almeno dal punto di vista dell'argomento dominante, appunto l'amore. Volta per volta, comunque, si tratta di una storia sì differente, ma che avrebbe anche potuto far parte di un'operazione a respiro totale. Che ci sia un altro "Piccolo grande amore" in cantiere?

segnalato da Cristiana

  <  elenco completo (595)   <  altri articoli con foto (595)
  <  articoli pubblicati su Ciao 2001 (4)   <  altri articoli scritti da Piergiuseppe Caporale (3)