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le discussioni in ML - Curiosità... in arti varie!
Lo Specchio di Misurina
Leggenda tratta da Le fiabe dei monti di corallo, Pina Ballario, Marzocco
C'erano una volta un papà e una bambina. La bimba si chiamava Misurina
e Sorapis il papà. Papà era un gigante, e Misurina una bimba piccina
piccina, che poteva benissimo stagli nel taschino del panciotto.
Eppure, quella piccina piccina poteva a suo agio prendere in giro quel
papà grande come una montagna.
È la sorte che tocca ai papà troppo buoni con le bambine che non
meritano nessuna bontà. E Misurina intanto cresceva stizzosa e
insolente.
Al castello del babbo Sorapis tutti la fuggivano come la peste, uomini
di corte e valletti di camera, dame di compagnia e donne di cucina.
- Signori miei, - gemeva Sorapis - lo so, lo so. Misurina è un po'
monella, ma è tanto una cara bambina! Rimedieremo; rimedieremo!
Ma non rimediava, pover'uomo. Anzi, la piccola, crescendo, diventava
sempre più insopportabile.
Il suo difetto più grande, però, era la curiosità. Una bimba così
curiosa non la si sarebbe incontrata in tutto il mondo. Voleva saper
tutto, voleva veder tutto.
Un giorno la nutrice le disse:
- Una signorina come te, dovrebbe possedere lo specchio "Tuttosò".
- E che cos'è questo specchio? - chiese la bimba facendosi rossa per
l'emozione.
- Uno specchio dove basta specchiarsici per saper tutto quanto si
vuole sapere.
- Oh! - mormorò Misurina. - E come posso averlo?
- Domandalo al tuo papà che sa tutto.
Misurina andò dal babbo, saltellando come un passero.
- Papà - cominciò a gridare, - devi farmi un regalo.
- Se posso, gioietta.
- Sì che puoi.
- E allora sentiamo.
- Prima giura che me lo farai.
- Non posso giurare se non so di che regalo si tratta.
- Voglio lo specchio "Tuttosò".
Sorapis impallidì.
- Tu non sai ciò che mi chiedi, figliola.
- Sì che lo so.
- Ma non sai che lo specchio appartiene alla fata del Monte Cristallo?
- E che m'importa? Lo comprerai.
Il povero Sorapis sospirò.
- Senti Misurina.
- L'hai promesso, papà.
E quel demonio di figliola si mise a piangere, a sospirare e a
rotolarsi per terra.
- E se non mi porterai quello specchio, io morirò.
Il povero papà si mise in testa la corona, vestì il mantello di
ermellino, prese lo scettro a mo' di bastone, e si avviò dalla fata
che abitava a pochi passi da lui.
Non appena giunse al castello, bussò.
- Avanti - disse la fata che sedeva nella sala del trono, insieme con
due damigelle. - Chi sei e che vuoi?
- Sono Sorapis e voglio lo specchio "Tuttosò".
- Corbezzoli! - rise la fata. - Solamente? Come se si trattasse di
fragole!
- Oh fata, fatina, non ridere! Se tu non me lo dai la mia bambina
morirà.
- La tua bambina? E che ne sa dello specchio "Tuttosò"? A che le
serve? Come si chiama questa bimba?
- Misurina - rispose il re.
- Ah, ah! - disse la fata. - La conosco di fama; le sue grida giungono
fino a me quando fa i capricci, e questo è un capriccio ben degno di
lei. Va bene io ti darò lo specchio, ma a un patto.
- Sentiamo - accondiscese il re.
- Vedi quanto sole batte da mattina a sera sopra il mio giardino?
- Vedo - rispose Sorapis.
- Mi brucia tutti i fiori e mi dà noia. Mi ci vorrebbe una montagna a
gittarmi un po' d'ombra; ecco, bisognerebbe che tu, grande e grosso
come sei, ti contentassi di trasformarti in una bellissima montagna. A
questo patto ti darei lo specchio "Tuttosò".
- Oh, oh! - disse Sorapis, grattandosi un orecchio e sudando freddo.
- Prendere o lasciare - disse la fata.
- Va bene! Dammi lo specchio - sospirò il poverino.
La fata trasse da uno scrigno, che aveva a portata di mano, un grande
specchio verde e glielo porse, ma poiché si avvide che il povero
Sorapis era diventato smorto, ebbe pietà di lui, e gli disse:
- Facciamo una cosa; capisco che tu non hai troppo desiderio di
trasformarti in una montagna, ed è naturale, ma, d'altra parte, hai
paura che la tua bimba muoia se non manterrai la promessa che le hai
fatto. Ritorna al tuo castello e dì alla bimba la condizione per cui
può venire in possesso dello specchio; se ella ti vuol bene rinuncerà
a possederlo per non perdere il suo papà, e tu mi rimandi lo specchio,
e se no, se no. io non ne ho colpa.
- Sta bene! - rispose il re. E ripartì.
Misurina lo aspettava seduta sullo spalto più alto del castello e non
appena lo vide, gli gridò:
- Ebbene, me l'hai portato?
- Eh sì, te l'ho portato - ansimò il poverino. E presala in mano per
parlarle meglio, le riferì l'ambasciata della fata del Monte
Cristallo. Misurina batté le mani.
- Ma è solamente ciò? Dammi pure lo specchio papà, e non pensarci.
Diventare una montagna dev'essere una bellissima cosa. Anzitutto non
morirai più, poi ti coprirai di prati e di boschi e io mi ci
divertirò.
Il poveretto impallidì, ma tanto valeva, la sua condanna era stata
decretata. Non appena Misurina ebbe afferrato lo specchio, Sorapis si
ampliò, si gonfiò, parve lievitasse nel sole, si impietrì, e in un
attimo diventò la montagna che ancora oggi si erge di fronte al Monte
Cristallo.
Misurina, trovatasi innalzata a quell'altezza prodigiosa sulla cresta
di una montagna bianca e nuda, dove a poco a poco gli occhi di suo
padre morivano, gettò un grido terribile, e presa da un capogiro, col
suo specchio verde si precipitò giù. Allora dagli occhi di Sorapis,
incominciarono a scendere lacrime e lacrime, fino a che gli occhi si
spensero e le lacrime non piovvero più.
Con quelle lacrime si è formato il lago sotto cui giacciono Misurina e
lo specchio, in quel lago il Sorapis si riflette e cerca con gli occhi
morti la sua bimba morta.
Suggerito da Daniele N.