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Rassegna stampa - lunedě 2 giugno 1997 |
ultimo aggiornamento: 18 dicembre 2001 |
Pubblicato su
L'Unione Sarda - 02/06/1997
www.unionesarda.it
MUSICA: Incontro col grande sopranista Angelo Manzotti che si è esibito a Nuoro
Una voce molto speciale
«Cantante per passione, infermiere per professione»
di Myriam Quaquero
Quando si dice la passione per il bel canto. Sopranista per vocazione e per scelta, per anni Angelo Manzotti si è dedicato al recupero del repertorio dei castrati, guardato con scetticismo anche dagli addetti ai lavori. Con la riscoperta e la diffusione di quella tradizione storica, il cantante è balzato agli onori delle cronache musicali, interpretando a più riprese (sia in teatro che in disco) le arie eseguite dal più grande evirato cantore di tutti i tempi, Carlo Broschi detto il Farinelli.
Adesso Manzotti è richiesto ovunque, in Italia e in Europa. A Nuoro per un recital, ricorda volentieri il passato, gli esordi difficili, i concorsi. «Il più divertente è stato il "Tim" di Roma. Gareggiavi in continuazione, il meccanismo di esclusione era implacabile. Ma a suo modo intelligente, perché ti imponeva di eseguire l'aria da camera, come il lied, Mozart e Rossini. Per me la crisi è arrivata in finale, quando ho dovuto affrontare Verdi, di cui non ho molto in repertorio. Ho scelto la scena della lettera di Lady Macbeth, per soprano lirico spinto. E ho vinto».
Ride soddisfatto, Manzotti, e divertito. Ha recentemente scoperto, grazie ad un foniatra, come funziona la sua voce, che coniuga con naturalezza le più gravi note baritonali all'estensione e al volume sonoro di un soprano. «Ho due corde vocali da baritono, ma un gioco dei muscoli faringei posteriori che le frena. Quando canto se ne mette in movimento solo una piccola porzione, simile a quella dell'apparato vocale di una donna». Adesso il foniatra tiene delle conferenze su di lui. E mostra con orgoglio la sua nuova scoperta. «Essere studiati anche da un punto di vista scientifico è proprio interessante».
Una voce speciale. Che in passato non avrebbe trovato molte occasioni professionali, «ma anche adesso in Italia è molto dura, si preferiscono mezzosoprani un po' scadenti a voci come la mia». Una voce impossibile, per un repertorio improbabile prima di un apprezzabile mutamento del gusto operistico. «Ho debuttato a Pesaro nel 1989 in un ambiente molto preparato ad una certa vocalità, il Rossini opera festival. All'estero no, ma in Italia fino a una decina d'anni fa un concerto come quello proposto in questi giorni qui a Nuoro era quasi impensabile».
Una voce insolita, la sua, per una vita normale. O quasi. Il passato è quello del bambino che ascoltava i dischi d'opera di un coetaneo. «Al terzo ascolto conoscevo a memoria uno di quei brani. Era la scena della pazzia dalla Lucia di Lammermoor. Iniziare è spontaneo, «mi usciva tutto estremamente semplice». Proseguire, un po' più complicato, «volevo cantare, ma i miei erano in difficoltà, abitavamo in un piccolo paese. Hanno vissuto questa mia passione con un grande disagio». Prosegue da autodidatta, canta da solo, immerso nelle nebbie della campagna mantovana, lontano da orecchie indiscrete. Poi un'audizione e l'incontro con Rodolfo Celletti, grande conoscitore di voci.
Il presente è nei primi prestigiosi successi. Manzotti è però un uomo concreto: continua ad abitare a Marghirolo, appena fuori Mantova, e a fare ciò che ha sempre fatto, l'infermiere. «Mai rinnegare il passato. Quand'ero giovane ho pensato di fare l'infermiere perché mi permetteva di guadagnare mentre studiavo e poi perché avrei trovato facilmene lavoro». Ospedale di Suzzara, vicino a Mantova: sei anni in corsia e sei nella scuola come formatore di nuove leve. Una carriera di cui Manzotti va fierissimo, «un'esperienza che mi ha preso molto, ma mi ha dato molto di più: il rapporto con i pazienti è una ricchezza inestimabile». Un lavoro che si è concluso solo qualche giorno fa, con una decisione sofferta.
Il futuro è nelle mani di Dio, «vorrei poter continuare così, godere della musica e far godere gli altri di questa emozione». Tuttavia, qualora smettesse di cantare, Manzotti avrebbe certamente aperta un'altra brillante carriera, quella dell'imitatore. Riproduce le voci con fedeltà straordinaria, quelle dei comuni mortali come quella dei grandi miti. Kabaiwanska, Gencer, Sutherland, Horne, il sopranista mantovano ne sciorina le inflessioni ed i tic con precisione assoluta ed ironia irrefrenabile. Ma è un appassionato anche delle voci della musica leggera, Mina e Vanoni. Il suo grande amore è tuttavia Mia Martini, «una cantante di grande intensità, incredibilmente trascurata».
Insomma, la musica italiana gli piace. «Da poco ho riascoltato Il nostro concerto cantata da Orietta Berti e Claudio Baglioni, era proprio speciale». E la tv? «Uno squallore, ma ho guardato Anima mia, che ho trovato geniale. Non sospettavo una vena così comica in Baglioni». Poca tv, dunque, con qualche eccezione. «Ho visto anche alcune puntate del Pippo Chennedy. E l'imitazione della Marini che cantava le composizioni di Berio. Posso dirlo? Era veramente esilarante».
segnalato da Caterina